• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > Xenofobia, islamofobia e antisemitismo | Il fantasma del diverso

Xenofobia, islamofobia e antisemitismo | Il fantasma del diverso

Si ripete in maniera palese un dato tendenziale comune ai vari tipi di ostilità verso i "diversi": si è più antisemiti là dove la presenza ebraica è minore, l’insofferenza verso i rom è maggiore dove la loro presenza è quasi irrilevante, l'islamofobia è più forte dove i musulmani sono meno numerosi.

 

In questo articolo, "Germania: la vittoria della destra e l’"invasione" islamica", notavo che l'affermazione di Alternative für Deutschland è in gran parte spiegata con l'immigrazione, ma che il suo successo, paradossalmente, è stato maggiore proprio là dove l'immigrazione è minore (meno del 5% su 13,7 milioni di abitanti).

Poi, in "Immigrazione e percezione alterata", evidenziavo che l'allarme sociale sull'immigrazione è palesemente una "bolla" gonfiata ad arte; e da chi se non dalle sollecitazioni dei media che rispondono a evidenti interessi politici di parte? La domanda è ovviamente retorica.

L'aspetto più sorprendente è che successivamente mi è capitato di trovare articoli che confermano le mie ipotesi anche in un quotidiano dichiaratamente di destra come il Foglio che ha dato spazio ai post di Carlo Stagnaro.

L'autore mette in evidenza la "truffa" comunicativa sull'immigrazione: qui (dove si dice che "la percezione dell’emergenza immigrazione è, almeno in parte, una bolla che i politici tendono a sopravvalutare”), qui (dove si sostiene che "la percezione di una maggiore propensione al crimine da parte dei migranti" è "totalmente ingiustificata"), qui, (dove si parla delle ricadute positive dell'immigrazione sull'economia europea) e infine qui (dove giustamente si dice che "l’approvazione dello ius soli è un passaggio fondamentale non solo per ragioni di civiltà ma anche di utilità").

La serie di post si conclude così: "Cari politici, fermatevi prima che sia troppo tardi".

Io mi ero limitato a ipotizzare che le motivazioni unicamente economiche non sono del tutto convincenti nello spiegare il successo delle destre xenofobe (in Germania come in Francia, in Gran Bretagna come negli USA e prossimamente forse anche in Italia) e che dobbiamo cercare altri motivi che - insieme a quelli economici e sociali - possano farci capire il progresso elettorale dell'onda reazionaria.

Non solo: come sostiene anche Stagnaro, i dati sull'allarme sociale derivante dalla criminalità  presenta alcune anomalie. Senza negare che la microcriminalità riguardi in modo importante i giovani immigrati (che però non sono altro che i galoppini di boss locali) va notato che se in Grecia la percentuale di stranieri detenuti in carcere (non solo musulmani) è indubbiamente alta, lo è meno in Italia e Spagna. Ancora meno in Germania, in Francia e in Gran Bretagna dove la popolazione immigrata è molto più numerosa. Del tutto irrilevante il peso della criminalità immigrata nei paesi dell'Est, dove tuttavia la xenofobia è alta.

Notiamo che tre degli stati più “islamofobi” in Europa (Italia, Ungheria e Grecia) - in cui l'immigrazione islamica incide percentualmente non molto (Grecia, 5,3%), poco (Italia, 3,7%) o anche nulla (Ungheria, 0,1%) e dove non c'è mai stato in anni recenti un attentato islamista - sono anche i più ostili ai rom, che, nell'opinione diffusa, non sono certo famosi per sottrarre lavoro ai residenti non rom.

In Grecia, il più disastrato economicamente dei paesi europei, l’ostilità verso i rom (67%) è equivalente a quella verso i musulmani (65%) ed è alto anche, per ragioni che non conosciamo, l’astio antiebraico (55%).

Categorie di persone che fra di loro non hanno alcuna affinità né elementi comuni se non quello di essere considerati "diversi" (termine sul quale ci sarebbe davvero molto da dire).

I rom in Italia sono circa 180mila, ma solo 40mila vivono nei campi nomadi e su questi si alimenta una forte percezione negativa. È però palese che la loro è una presenza sostanzialmente irrisoria.

In Spagna sono circa 750mila. Sorvolando (ammesso che sia lecito farlo) sulle diverse attività di integrazione dei rom attuate nei due paesi - ne racconta un libretto di Maria Laura Bufano - è palese la differenza di percezione negativa che salta agli occhi: Italia 82%, Spagna 49%. Quasi la metà (e il tasso di disoccupazione spagnolo - se vogliamo tenere ancora presente l'aspetto socio-economico come ipotetica causa della xenofobia - è quasi il doppio di quello italiano).

Anche il dato sull’antisemitismo è interessante perché rivela una tendenza simile, anche se le percentuali sono ovviamente diverse - oggi - a differenza di 80 anni fa quando molte terre islamiche subivano la colonizzazione europea mentre ebrei e zingari venivano avviati alle camere a gas.

Oggi l’ostilità antiebraica oscilla tra il 21 e il 24% in Italia, Polonia e Spagna mentre è la metà in Francia (10%), il 7% in Gran Bretagna e addirittura solo il 5% in Germania.

La particolarità è che la comunità ebraica italiana (circa 35mila persone su 60 milioni di abitanti) è numericamente irrilevante e costituisce appena un decimo di quella inglese e ancora meno, in percentuale, di quella francese (oltre 400mila ebrei su 65 milioni), mentre l'astio verso gli ebrei è il doppio o addirittura il triplo. Per non parlare della Germania (che evidentemente ha fatti i conti con il proprio passato più di quanto non abbia fatto il nostro paese): la presenza di 120mila ebrei (quasi il quadruplo di quelli italiani) suscita ostilità in misura pari a un quinto di quella italiana.

Si ripete in maniera palese un dato tendenziale comune ai vari tipi di ostilità verso i "diversi": si è più antisemiti là dove la presenza ebraica è minore, l’insofferenza verso i rom è maggiore dove la loro presenza è quasi irrilevante, l'islamofobia è più forte dove i musulmani sono meno numerosi.

Il dato - che sembra prescindere, in buona misura, da considerazioni economiche - rivela una tendenza decisamente prepolitica (ma abilmente sfruttata a fini ideologici e politici): si è complessivamente più affetti da xenofobia ("paura dello straniero") laddove lo straniero, il "diverso", è meno presente.

In sintesi, nonostante le narrazioni di tanta stampa e di tanta politica, il diverso spaventa dove non c'è. E se il "diverso" non c'è potrebbe essere legittimo pensare che a spaventare non sia altro che il suo fantasma.

Cioè un elemento del tutto nuovo per la nostra ricerca.

Commenti all'articolo

  • Di Marina Serafini (---.---.---.102) 5 ottobre 2017 07:46
    Marina Serafini

    Induzione e alimentazione della xenofobia come arma di distrazione di massa, ne sono convinta. Ma può essere solo questo? Forse si stanno gettando le basi culturali per rendere concreto un nuovo regime nazionalistico "sovraeuropeo", nel quale gli stati possano tenersi a braccetto in vista di certe "opportune" convenienze, ma rimangano legittimate nella rivendicazione di una sovranità nazionale differenziata? Una sorta di superamento di quel progetto della comunità europea che non si é stati in grado di attuare, mascherato da sua variante illuminata? Un’Europa davvero bollente.

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.170) 5 ottobre 2017 09:19
    Fabio Della Pergola

    Domande difficili queste. Per ora cerchiamo di mettere a fuoco certe sfumature del fenomeno che solitamente non vengono viste. Poi, forse, riusciremo a individuare l’essenza di ciò che si va determinando.

  • Di Antonio Gallo (---.---.---.183) 5 ottobre 2017 16:29
    Antonio Gallo

    Siamo tutti condannati ad "essere diversamente uguali". Può sembrare una "battuta", segnala un conflitto antico ...

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.170) 5 ottobre 2017 18:38
    Fabio Della Pergola

    Sono d’accordo, il rapporto fra diversi, pur nella stessa uguaglianza di esseri umani, è storicamente conflittuale. Ma non so se è definibile come "condanna", voglio sperare di no.

  • Di Marina Serafini (---.---.---.4) 5 ottobre 2017 20:08
    Marina Serafini

    Infatti la condanna non sta nella diversità, ma nella mala gestione della stessa per dolo o/e per ignoranza. La condanna sta nell’aspetto infantile e nei deliri di onnipotenza di individui e comunità non evolute, nonostante la propria ufficiale inclusione sotto l’etichetta (abusata) di civiltà". Eh...l’illuminismo kantiano... :)

  • Di Antonio Gallo (---.---.---.109) 6 ottobre 2017 12:03
    Antonio Gallo

    Che la diversità non debba essere una condanna, è una speranza. Diventa condanna quando le soluzioni alle diversità diventano politiche quindi conflittuali. Non lo dico io, lo dice la storia, purtroppo ...

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.43) 18 ottobre 2017 00:26
    Fabio Della Pergola

    Aggiungo un dato interessante (Rodolfo Khan, Qual è il legame tra immigrazione e criminalità in Italia?):

    «Per gli immigrati regolari il tasso di criminalità è tra 1,23% e 1,4% contro lo 0,75% italiano ma gli immigrati sono molto più giovani e ciò influisce, approfondiamo perciò i dati : per la fascia di età 18 – 44 anni, è del 1,50% per gli italiani e del 1,89% per gli immigrati regolari; per quella 45 – 64 anni, è dello 0,65% per gli italiani e dello 0,44% per gli immigrati regolari: per gli over 65 è dello 0,12% sia per gli italiani che per gli immigrati regolari. Sulle differenze che si riscontrano mettendo a confronto la fascia d’età 18-44 pesa, tuttavia, il fatto che non pochi reati sono connessi a violazione delle leggi sull’immigrazione che incidono per il 16,9% delle denunce. Se non si considerano questi reati, il tasso di criminalità diventa sostanzialmente uguale o leggermente inferiore a quello degli italiani».

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità