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Whatsapp, Telegram e sul perché troviamo innovativo reinventare la ruota

«La pubblicità non è solo un’interruzione dell’estetica, è un insulto alla vostra intelligenza e un’interruzione dei vostri pensieri. In ogni azienda che vende pubblicità, una porzione significativa del team ingegneristico trascorre la giornata perfezionando i sistemi di estrazione dati, scrivendo codici più accurati per raccogliere i vostri dati personali, aggiornando i server che contengono tutti i dati e verificando che tutto sia registrato, riunito, suddiviso, confezionato e spedito… Il risultato? Un banner pubblicitario leggermente diverso, più mirato, nei vostri browser o sugli schermi dei vostri cellulari.
Ricordate: quando si parla di pubblicità, il prodotto siete voi, gli utenti»
Jan Koum, Fondatore e CEO di WhatsApp18 Giugno 2012.
 
Ironicamente 2 anni dopo Facebook acquista Whatsapp per 19 miliardi di dollari.

Spesso nel mondo tecnologico i prodotti popolari non sono sempre i migliori. Ho appena scritto una banalità e potrei fare l'esempio di Windows come sistema operativo più utilizzato al mondo, ma la norma è proprio questa e vale anche per qualunque programma, applicazione o dispositivo. Per capire i motivi dietro al successo di un prodotto tecnologico è importante ricordare che "famoso" non significa migliore. Quando si parla di tecnologia e innovazione si parla in fondo di questioni sociologiche.

Non lo dico per autoesonerarmi dal non aver studiato informatica. Ma il problema è che questo ambiente è permeato da tecnici, sviluppatori informatici o persone che semplicemente si occupano di tecnologia con la convinzione del tutto sbagliata — da collegare non a caso alla propria formazione accademica — che il successo o il fallimento di un prodotto tecnologico dipenda soltanto dal punto di vista tecnico e non sociale.

WhatsApp

Prendiamo per esempio il dibattito su WhatsApp. Ho discusso con molte persone che si chiedono a che cosa, in fin dei conti, serva Whatsapp, o dicono che Whatsapp sia inutile e che non meriti né tutto quel valore né tutta quell'importanza. Perché sì, è vero, esistono infiniti programmi per inviare dei messaggi ed esistono già gli SMS. Ma allora perché ha avuto successo? 

Intanto, concentrarsi sull'utilità o inutilità del software è fuorviante, così come è fuorviante pensare che l'unico discorso in ballo sull'acquisto di Whatsapp da parte di Facebook sia quello dei dati ai fini di uno scopo di lucro (certo, questo discorso è importante, ma non è il solo). La citazione di Koum che avete letto sopra prosegue così:

«Nella sede di WhatsApp, i nostri ingegneri risolvono bug, aggiungono funzioni e smussano tutti i piccoli difetti per offrire un sistema di messaggistica ricco, accessibile, affidabile, per ogni telefono del mondo. Questo è il nostro prodotto, e questa è la nostra passione. I vostri dati, qui, non sono nemmeno menzionati. Non ci interessano.
Quando le persone ci chiedono perché facciamo pagare per WhatsApp, siamo soliti rispondere “Avete mai considerato l’alternativa?”»

Come sappiamo l'alternativa: Facebook, li ha considerati, si è interessata ai vostri dati ed ha pagato per WhatsApp. Non i 99 centesimi all'anno ma la modica somma di 19 miliardi di dollari. Dove siano finiti i buoni propositi che diedero vita a WhatsApp, solo Koum e i suoi soci lo sanno. Il perché sia successo è un altro discorso. Qui le sue parole di rassicurazione non bastano, non sono nulla. Ma su questo torniamo più avanti.

Anche perché al di là del fatto che Facebook non abbia sborsato quell'enorme somma per comprare una semplice app, bensì per acquistare un ammasso di dati affiancato ad un immenso database di 450 milioni di numeri e rubriche telefoniche; al di là del fatto che possa o non possa essere un'offerta sopravvalutata, trovo che non riconoscere la componente, non tanto innovativa ma di novità, che porta con sé Whatsapp sia sbagliato e faccia perdere di mira il ragionamento di cui parlavo sopra; una dinamica che si ripete spesso in questo campo. 

Allora cos'ha di utile Whatsapp? Niente. È l'ennesimo programma di messaggeria istantanea. Ma in fondo si tratta sempre di questo: di dialogare con i nostri simili.

Non andavano bene gli SMS? Certo, ma non sono la stessa cosa. Inoltre, inviare un SMS ad un altro paese potrebbe costare quanto Whatsapp costa all'anno. Non va bene l'email? FB? La chat di Google? No, sono una cosa diversa. 

Whatsapp non apporta nessuna nuova utilità, ma porta con sé una novità interessante: è più "intimo". Per intimo si intende un fatto ancora semplice: è in simbiosi col tuo numero telefonico. Il che comporta altrettante cose semplici: 

  • Lo installi ma non devi crearti un "account", il tuo numero telefonico è il tuo account ID (univoco).
  • Non esiste una vera e propria "richiesta di amicizia" virtuale (o hai il suo numero o non ce l'hai).
  • Puoi iniziare a comunicare istantaneamente con chiunque nella tua rubrica abbia installato Whatsapp.

Ed erano in tanti ad avere installato WhatsApp per altri motivi che vanno ricordati: 

  • L'app esisteva e funzionava su Android e iOS prima ancora della comparsa di Messenger (di Facebook) e di Hangouts (di Google).
  • Non richiede un settaggio complicato.
  • Non esaurisce affatto la batteria del cellulare né consuma enormi quantità di dati online. Anzi è quel che si dice "leggera", estremamente leggera.


Infine, oltre a tutto ciò: non voleva i tuoi dati per utilizzarli a scopi pubblicitari. O almeno così dicevano due anni fa. La storia dei suoi creatori è molto curiosa. Due programmatori che lavorarono per 20 anni a Yahoo, coi curriculum rifiutati sia da Facebook sia da Twitter e stanchi - così dicevano - di aiutare le aziende ad aumentare il loro profitto grazie alla pubblicità. Decidono di fare un'applicazione per smartphone semplicissima e leggera che desse solo poche informazioni dei propri contatti in rubrica. Pare che non volessero neanche creare un'applicazione di messaggistica istantanea.

Ma - qui c'è la componente innovativa - l'aver legato l'ID dell'account al numero telefonico ha permesso all'app di creare sin da subito un network "intimo" e privato, più privato di quel network che possiate aver creato nel tempo sui social network come Facebook o Google. 



In fondo, se su Facebook ho 300 "amici", in rubrica avrò soltanto 100 numeri. Dopotutto per quanto la tecnologia sia avanzata in questi anni, se voglio avere il contatto più diretto e immediato di una persona gli chiederò il suo numero telefonico, la sua email viene dopo. È molto più probabile che abbia un numero telefonico e non un'e-mail. Quanto è immediata un'e-mail in confronto?

Tuttavia, WhatsApp ha un difetto enorme, ed è la stesso difetto che ha permesso a Facebook di acquistarla e buttare in aria tutti quei bei propositi apparentemente sinceri che i suoi creatori avevano in mente: Whatsapp è software proprietario. 

WhatsApp è un software che fa acqua da tutte le parti, ha enormi errori di sicurezza che metterebbero a rischio le conversazioni e i dati dei suoi milioni di utenti. E per giunta tali errori di sicurezza possono essere individuati e riparati soltanto da chi ci lavora dentro e non da una comunità di utenti/sviluppatori pronta a dare un feedback immediato con tanto di patch pronto.

Telegram

Telegram nasce invece in uno scenario post-Nsa e si prefigge di creare una sorta di Whatsapp più sicuro, gratis e a prova di hack.

Lascio perdere sin da subito molte considerazioni strettamente tecniche, e se siete interessati vi rimando al post di Dottorblaster che ne ha scritto meglio di come avrei potuto fare io. Aggiungo soltanto che dal mio punto di vista anche Telegram, come Whatsapp, è ancora Software Proprietario*.

Ho provato Telegram e penso che sia identico a Whatsapp tranne per due o tre vantaggi che lo rendono migliore. Il primo è che per metà è Open Source ed hanno promesso che sarà sempre più Open col tempo, anche se quetsa promessa va presa con le pinze, ma se un giorno dovessero compierla il programma diverrebbe a prova di "acquisti multimilionari". In altre parole se l'app fosse interamente Open Source anche se venisse acquistata da Facebook potrebbe nascere un fork e potrebbe avere clienti diversi, il che per una azienda che guadagna coi tuoi dati è "il male".

Il secondo riguarda una comodità stupenda che deriva dal suo essere Open Source: ha già un client desktop: 
 

Check out the redesigned #Telegram for Windows (unofficial)https://t.co/rBid58F9Qw — the fastest way to share docs!pic.twitter.com/pbosUnCxLm
— Telegram Messenger (@telegram) February 17, 2014


Potrebbe sembrare una cazzata ma ricevere chat, foto e contenuti multimediali sul cellulare, e poter riprenderli al volo sul desktop è una comodità che su Whatsapp manca e si fa sentire. E, se Whatsapp non la ricopre, presto Telegram potrebbe togliergli una buona fetta di utenti — oltre a quei milioni di utenti che vi sono passati al volo dopo l'acquisto di Facebook, il che fa capire quanto la faccenda del Nsa ha finito per colpire le aziende più di quanto si credesse.

In più ci sono le chat segrete e criptate, che verranno salvate solo nel proprio telefono e non nel server di Telegram (a meno che uno non imposti l'autocancelazione), ed altre questioni tecniche sul protocollo di messageria che non sono affatto perfette ma alla luce dei fatti la rendono già estremamente più sicura di WhatsApp.

Il fatto è che Telegram non sfugge ad una critica parecchio convincente: ha qualcosa in comune con VK (il Facebook Russo). I loro CEO e fondatori, i fratelli Durov, sono gli stessi di Telegram, e anche se il team si difende al volo dicendo che non hanno legami con VK e che i suoi server sono a Berlino la critica resta in piedi. Cosa vieta a Telegram di analizzare o vendere un giorno i nostri dati? 

La risposta alla precedente domanda è una sola: che sia interamente Open Source. Ed è l'unica differenza che oggi lo fa preferibile a Whatsapp, sempre che compiano le loro promesse.


*Sul lato server non faccio due pesi e due misure. La questione è identica a quella di Canonical con il suo programma Ubuntu One di cui tanto abbiamo parlato qui in passato. Alla domanda "rilascerete mai i sorgenti della parte server?" Telegram risponde in modo identico: "Al momento siamo indecisi se Telegram debba andare in questa direzione, perché vogliamo garantire sicurezza, velocità, stabilità, ecc, ecc..." Insomma in nome di molte comodità per il servizio - trattato alla stregua di un brand da parte dell'azienda - non possono rischiare di aprire la parte server; è una cazzata, non lo fanno perché non vogliono e perché non lo trovano conveniente. Non ci vuole un genio per capire che la ragione per cui non lo trovano conveniente ha a che fare con motivazioni a sfondo commerciale. Ma è tutto da vedere, vorrei tanto sbagliarmi su questo punto. 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.68) 24 marzo 2014 23:48

    Daje davvero bello, secondo me è colpa del Falcio che si beve il veno a 18 gradi. 

  • Di (---.---.---.107) 30 marzo 2014 23:38

    Ma se io invio la mia rubrica telefonica a Wozzap o a Telegram e poi sono questi ultimi a controllare i miei dati personali (il nome e numero dei miei amici e familiari), che differenza c’è tra i due programmi?

    È Telegram che dice alla APP che c’è sugli Samrtphone che mi possono inviare un messaggino perché è Telegram che ha tutte le agende telefoniche. Non c’è differenza tra Telegram e Wozzap. Come hanno venduto What’s App così possono vendere Telegram, i dati delle agende sono tutto per queste APP.

    Se per caso mettessero sotto una licenza libero il codice di Telegram lato server allora significa solo che chiunque può fare un Telegram bis ma i dati sarebbero separati: le agende di Telegram e di Telegram bis sarebbero non comunicanti. Ma ancora sono i dati a essere il vero valore di queste app.

    Diverso sarebbe il caso in cui le rubriche telefoniche fossero su una rete p2p e non disponibili a nessuno eccetto che al proprietario. In tal caso non ci sarebbe nulla da vendere.

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