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Visit Santo Domingo

Il paradiso fiscale abitato da diavoli

Tanto è povera e miserabile Haiti, colpita adesso pure dal colera, dopo il terribile terremoto di un anno fa, tanto è ricca Santo Domingo, la repubblica che occupa 2/3 dell'ex colonia ispano-francese, l'isola caraibica di Hispaniola.

Meta di turismo d'élite e di vantagiosi pacchetti viaggi-vacanze, offerti da tutte le agenzie turistiche presenti sul nostro territorio nazionale, come se si trovasse su un altro continente rispetto ad Haiti, la Repubblica Dominicana, meglio conosciuta come Santo Domingo, la seconda economia dell'intera regione dei Caraibi e dell'America Centrale, è un paradiso fiscale che, all'ombra delle palme delle sue pubblicizzatissime spiagge bianche, ospita le sedi di società offshore ed i conti bancari di una significativa parte dei grandi evasori fiscali del pianeta, e non solo...

Lo staterello caraibico è infatti, dagli anni '70, una delle terre promesse di politici, vip e grand commis, di faccendieri di tutte le risme e signori della finanza senza scrupoli, ex dittatori ed oligarchi, trafficanti di armi e di esseri umani, agenti segreti in pensione, truffatori e pataccari, che si dedicano al riposo ed alle belle ragazze, godendosi i soldi e discutendo occasionalmente di affari con narcotrafficanti, latitanti del gotha delle mafie internazionali e svaligiatori professionisti di banche, tra ristoranti di lusso, notti folli nei night-club e una puntatina nei casinò dell'isola. 

"Basta con le tasse! Non se ne può più!"

Aprire un conto a Santo Domingo, se avete i soldi ovviamente, e se il vostro "lavoro" vi mette in grado di poter evadere le tasse, è facilissimo, basta fare clic su uno dei siti delle società che hanno sede a Panama o nelle isole caraibiche, come ad esempio quello della O.P.M. Corporation, società il cui deus ex machina è il dr. Giovanni Caporaso, dello studio legale Caporaso & Partners, ed un abbronzatissimo signore vi accoglierà in un video, spiegandovi come portare i capitali all'estero, evadendo legalmente il fisco si intende.

Garantisce Giovanni Caporaso, che risiede da 20 anni a Panama, ed è considerato il vero guru italiano dell'offshore, è anche il Segretario Generale della Associazione degli Investitori e Residenti Stranieri in Repubblica Dominicana (AIRE), presso l'ambasciata italiana di Santo Domingo, nella cui compentenza rientrano anche Haiti, Antigua e Barbuda, St. Cristopher Nevis e la Giamaica.

Certo, ci sarebbe da chiedersi come faccia un italiano che vive nei Caraibi a non accorgersi che tipo di capitali vengono investiti nelle sue finanziarie. A dare una risposta a questo dilemma è lo stesso Caporaso, in una intervista pubblicata sul sito della OPM infatti ci spiega che la sua coscienza è a posto in merito al rischio che i conti offshore vengano usati come canale per il riciclaggio, anzi, "Le banche offshore sono chiuse, vogliono sapere il cliente chi è e da dove viene. Ma se a Palermo c’è la mafia le banche non possono certo discriminare tutti i palermitani". 

Chiaro? Basterebbe non essere evidentemente mafiosi, o non esserlo ancora... e perdersi nell'oceano della finanza planetaria. Quella immensa massa anonima di "denaro caldo" che si muove virtualmente sui mercati finanziari del pianeta, in cerca di un valore effimero le cui rendite più alte sono garantite proprio dalle piazze finanziarie dove più alte solo le turbolenze, perché minori sono i controlli e le regole, e che quando colpisce, come una "perfect storm", lascia solo rovine dietro di sè, impoverendo intere economie "reali".

Refugium peccatorum

Se esiste davvero un centro dell'inferno assomiglia ad un paradiso tropicale, pieno di fanstasmi e di diavoli. Bisogna stare attenti quando si scatta una foto a Santo Domingo, soprattutto a chi si rischia di inquadrare nell'obiettivo. Magari ne esce fuori un ritratto dell'Italia di oggi.

Si potrebbe rischiare di fotografare per sbaglio, per fare un esempio, Raffaele Cacciapuoti, il banchiere napoletano fuggito dopo il fallimento fraudolento della mai nata "Banca Popolare del Meridione". Un crack dietro il quale gli inquirenti scorgono l'ombra del riciclaggio, costato 10 milioni di euro a circa 900 soci che avevano anticipato le loro quote per la banca fantasma.

Negli anni '80, Antonio Bardellino (foto a sinistra), il fondatore del clan dei "casalesi", affiliato a Cosa Nostra, legato ai boss mafiosi Stefano Bontate, Nitto Santapaola ed a Tommaso Buscetta, entrò nel circuito internazionale del traffico di cocaina, stabilendo una sua base strategica proprio a Santo Domingo, dove conduceva una seconda lussuosa vita con la sua amante e due figli avuti da lei.

Dalla repubblica dominicana, dalla località turistica di Boca Chica, Bardellino strutturò la sua rete internazionale di narcotraffico dal Venezuela e dalla Colombia con Umberto Ammaturo e Mario Iovine, con i quali condivise la latitanza e gli affari, insieme a Tommaso Buscetta, grazie anche alle protezioni garantitegli dall'amiciza con un presidente della repubblica caraibica.



Il traffico sistemico di grossi quantitativi di cocaina e, di conseguenza, valuta per i centri finanziari offshore, non è cosa da niente, richiede coperture a livello internazionale, è roba per superboss, da élite delle mafie internazionali, solo per quelli che possono permettersi di pagare le costosissime e pregiate consulenze di professionisti formatisi nelle migliori università del mondo. I private banker che lavorano per le multinazionali e che fanno il lavoro sporco per i centri finanziari onshore, a New York, Londra e Zurigo, dove vengono decise le operazioni delle multinazionali della finanza, dove vanno a riposarsi i capitali che sopravvivono nelle ondate speculative, perchè nei paradisi fiscali ci sono solo le scatole vuote, i caveau vuoti, quella dei soldi è terra di nessuno.

Per un narcotrafficante o per un boss mafioso, essere catturati a Santo Domingo, come è capitato a Ciro Mazzarella (foto a destra), arrestato nel febbraio del 2009, uno dei più importanti boss della camorra napoletana alleata ai "casalesi"; oppure Saverio Loconsolo, affiliato al clan Cassotta di Melfi e Giuseppe Pesce, di Misterbianco (CT), arrestati nel 2010; significa il capolinea di una carriera criminale conclusasi ai vertici internazionali. 

Il 30% del denaro riciclato nei paradisi fiscali appartiene alle mafie, e lo sanno anche i mafiosi che proprio i capitali più puzzolenti sono più facili da colpire, perciò vanno investiti subito in finanza, in bit, e, una volta ripuliti, trasferiti nelle imprese, dove si trasformano in appalti, lavoro, voti, potere...
Ma il refugium peccatorum dominicano ospita anche pesci più grossi. Nel marzo 2009, dopo aver patteggiato una condanna a tre anni di reclusione, è toccato a Luciano Gaucci, il patron del Perugia, tornare da una latitanza dorata che durava dal 2005. Condannato per bancarotta fraudolenta, Gaucci ha poi beneficiato dell'indulto.

Sono passate per Santo Domingo, dove ha sede la Parmalat dominicana, gestita da Giuseppe Tanzi, nipote di Calisto Tanzi, nella fantomatica società Garner Sa, alcune delle operazioni di maquillage finanziario con le quali venivano falsificati i crediti del gruppo Bonlat, società madre della finanza creativa della Parmalat, che aveva base nella vicina Cayman. Grazie al drenaggio dei capitali nella Bonlat è stato possibile nascondere per anni l'entità del buco che ha fatto sparire nel nulla 20 milardi di dollari ai risparmiatori.
Non c'entrerà nulla ma, come fare a non ricordare nemmeno per un attimo che, negli anni in cui la Parmalat affogava nei debiti, i prodotti Eurolat S.p.A. (società venduta dalla Cirio alla Parmalat) erano gli unici disponibili sugli scaffali di tutti i supermarket della provincia di Caserta?

Ma per comprendere meglio la natura degli intrecci che fanno baricentro sulla repubblica dominicana può essere utile ricordare il caso che ha tenuto banco sui giornali negli ultimi mesi, il dossieraggio scatenato dai giornali di Berlusconi sulla casa di Montecarlo abitata dal fratello di Elisabetta Tulliani, ex di Luciano Gaucci, attuale moglie del presidente della Camera Gianfranco Fini, famosa per essere diventata improvvisamente ricca grazie ad una miracolosa vincita al superenalotto, rivendicata a pari merito da Gaucci.

Il tormentone mediatico scatenatosi l'estate scorsa, su cui si sono tuffati a pesce noti pataccari di fama nazionale, originato da un documento non ufficiale del ministro della giustizia di Santo Domingo, Rudolph Francis, si è incrociato, nella ricostruzione effettuata da Marco Lillo del Fatto quotidiano, proprio a Santo Domingo con James Walfenzao, un esperto di capitali e società offshore, il personaggio che avrebbe trattato l'acquisto della casa attraverso una società che ha sede a Miami, amministratore fiduciario della Francesco Corallo Trust, le cui quote al 99,9% sono a Santo Domingo.

La Francesco Corallo Trust è azionista di maggioranza della Atlantis World Group una multinazionale delle slot machine e dei videopoker, proprietaria anche di casinò nei caraibi, che fattura 30 miliardi di euro all'anno, più della FIAT, ed è partner in Italia dei Monopoli di Stato, nell'affare delle New Slot (valutato in circa 4 miliardi di euro all'anno), in forza di un appalto ottenuto in ATI che scadrà a maggio 2011. La Francesco Corallo Trust è del catanese Francesco Corallo figlio di Gaetano, detto Tanino, latitante condannato negli anni '80 per riciclaggio e ritenuto legato al boss di Cosa Nostra, Nitto Santapaola. Procuratore dell'Atlantis in Italia è l'onorevole napoletano Amedeo Laboccetta del PdL.

Corallo è ritenuto dalla Guardia di Finanza in contatto con un narcotrafficante, il neofascista chietino Marco Marino Diodato, genero dell'ex dittatore boliviano, il generale Hugo Banzer. Diodato è stato protagonista di diverse operazioni anticomuniste sotto copertura CIA con i servizi segreti cileni, ed ha collaborato anche all'operazione Condor. Attualmente latitante, è ritenuto responsabile dell'assassinio di un giudice che indagava su di lui e di un massacro di indios a El Porvenir (Bolivia), tra l'11 ed il 12 settembre 2008, durante un tentativo di colpo di stato, nel quale morirono 19 contadini che manifestavano il loro sostegno per il presidente Evo Morales.
Una bella fotografia non c'è che dire...

Slot machine dunque, proprio come quelle che, per fare un esempio, è impossibile non vedere in ogni bar della provincia di Caserta, sala Bingo, ristorante, tavola calda, tabaccheria, etc. Il marchio di una presenza, come un angelo custode che ti guarda e che ti dice che è lì...

Ma a Santo Domingo non c'è solo la finanza creativa, secondo l'ultimo report dello International Narcotics Control Strategy del Dipartimento di Stato degli USA, attualmente Santo Domingo è, uno dei centri nevralgici dei traffici di cocaina, proveniente via mare e via aerea da Maracaibo, in Venezuela, e dalla penisola di Guajira in Colombia. Si stima che circa l'11% della cocaina importata negli Usa ed il 7% di quella che arriva in Europa provenga dalla repubblica dominicana.

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