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Vince Pennacchi. Ancora una volta lo Strega nelle mani della Mondadori

Vince Pennacchi. Ancora una volta lo Strega nelle mani della Mondadori

Antonio Pennacchi ha vinto l’edizione 2010 del Premio Strega con il libro “Codice Mussolini” (Mondadori). 133 voti contro i 129 dell’esordiente Silvia Avallone, una delle favorita della prima ore grazie al suo libro “Acciaio” (Rizzoli). Pennacchi segue un altro vincitore della scuderia mondadoriana, ovvero Tiziano Scarpa, vincitore l’anno scorso grazie a "Stabat Mater".
 
Ad essere precisi, però, lo scrittore laziale segue i 3 precedenti vincitori che appartenevano alla Mondadori, un regno, quello della casa milanese allo Strega, che sembra senza rivali e porta subito alla mente le feroci critiche che seguirono la vittoria del veneziano lo scorso anno, quando vinse solo per un voto lo scontro con Scurati (Bompiani). Da quando il Premio ha cambiato “gestione”, abbandonando la reggenza Rimoaldi, nessuno ha potuto metterci le mani sopra.
 
Ovviamente lo Strega è marketing, gossip, chiacchiericcio, relegando la letteratura a un supporto esterno, una marginalizzazione che, sia chiaro, non svilisce la potenziale potenza (si scusi la ripetizione) dei libri che lo rappresentano ma li relega, i libri, quasi in secondo piano, almeno finché il chiacchiericcio non passa e rimane una fascetta con su scritto “Vincitore 2010 del Premio Strega”, riempendo librerie e autogrill, e facendo felici i salotti delle “borsette” che potranno dire “io l’ho letto”.
 
Il gossip quindi, quello che vuole una Rcs che si è dannata l’anima fino all’ultimo, con Paolo Mieli in primo piano, per cercare uno per uno i voti che potessero innalzare la Avallone al livello di Giordano, esordiente divenuto caso editoriale proprio allo Strega, un paio di anni fa, con “La solitudine dei numeri primi”. Un lavoro, quello attorno alla Avallone, che si è meritato le dure critiche anche di Marco Belpoliti, scrittore e critico, che oggi sulla Stampa disegna un quadro per nulla edificante del lavoro fatto attorno a un “libro Midcult (...), opera che copre la sua appartenenza al genere Masscult, ovvero al genere popolare, di successo, con la foglia di fico culturale”. Un lavoro di marketing non giustificato dal valore di un libro che “sarebbe il romanzo quasi passabile di un’esordiente” se solo non fosse uscito per Rizzoli, ma per una casa editrice più piccola. Grande lavoro di marketing, quindi, per Rizzoli, come per tutti, d’altronde, che però, come successe l’anno scorso per Scurati, non ha pagato. Non è bastato neanche alla Feltrinelli che aveva calato giù il carico grazie al nome internazionale del regista/scrittore Paolo Sorrentino partito, prima della designazione della cinquina, come il vincitore e persosi per strada a causa anche, si dice, del suo aver snobbato “il giro Strega”, rifiutando anche la lettura pubblica a Massenzio, cose che sembra abbia infastidito non poco la dirigenza del prestigioso premio.
 
Vince Pennacchi, quindi, vince Mondadori che sembrava non si fosse spesa come per Scarpa e Giordano, se non negli ultimissimi giorni a disposizione. L’impressione era che la casa del biscione avesse potuto lasciare questa tornata a Rcs per poi puntare tutto, l’anno prossimo, su Alessandro Piperno (caso editoriale di qualche anno fa grazie a “Con le peggiori intenzioni"), altro nome importante che sicuramente sarà speso e che paradossalmente rischia di spingere al sesto titolo la Mondadori. Ma per ora questa è fantascienza, forse.
 
Nessuna possibilità, invece, per gli ultimi due libri in cinquina, ovvero Matteo Nucci, con Sono comuni le cose degli amici (Ponte alle Grazie) e Lorenzo Pavolini con Accanto alla tigre (Fandango).
 

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