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Usa: la lunga tradizione delle stragi scolastiche

Quello delle stragi scolastiche è un fenomeno molto diffuso negli Stati Uniti. Beninteso, è praticato anche in altre parti del mondo. Ma gli USA, dalla California alla Florida, detengono il primato assoluto: 116, 100 di cui negli ultimi 20 anni. Un fenomeno crescente che coinvolge principalmente gli studenti, sia nel ruolo di carnefici che di semplici vittime.

Lo scorso anno si è chiuso con un totale di 9 vittime in 5 scuole diverse (in altre 3 non si sono registrate vittime). La sparatoria del 27 febbraio in Ohio non è, quindi, che la punta di un iceberg lungo 45 anni (peraltro già la seconda di quest'anno). E' bene quindi interrogarsi sui motivi che spingono un ragazzo o un gruppo (come fu nel caso della famosa strage di Columbine) a mettere in moto tale macchina assassina. Con “Bowling a Columbine” Michael Moore tenta di comprendere la base di questo fenomeno.

Bisogna innanzitutto ricordare che l'uso delle armi negli USA non è tanto limitato come in Italia, per cui procurarsi un fucile o una pistola risulta molto più semplice. Questo ovviamente non può essere il motivo scatenante dell'azione, ma solo il mezzo per giungervi.

Nel film di Moore si dà ampio risalto all'uso dei medicinali. Spesso i ragazzi che commettono tali atti soffrono di disturbi psicologici, più che fisici. Gli antidepressivi sono molto utilizzati negli USA: se ne fa ampia pubblicità, e i medici li somministrano ai genitori anche in caso di semplici stati d'animo passeggeri del proprio figlio, quali leggere depressioni o comportamenti introversi.



C'è poi un'altra causa scatenante generalmente poco dibattuta, probabilmente per la difficoltà di effettuare confronti tra i diversi sistemi scolastici: il ragazzo americano dà molta importanza alla scuola, più di quanta ne riservi ad essa il ragazzo italiano.

Nelle scuole USA il ragazzo americano passa tutta la mattina e parte del pomeriggio. Nello spostamento da una classe all'altra intesse relazioni che sviluppa poi durante la pausa pranzo.

E' una formazione sociale, quella nelle scuole statunitensi, che risponde al bisogno adolescenziale di accettazione da parte del gruppo. Il ballo finale, le recite: tutto è coinvolto in questo gioco. E sono infatti veri e propri gruppi sociali quelli che si formano in queste scuole, generalmente ripartiti secondo la dicotomia bulli/vittime, così come poi si ripresenta durante le sparatorie nelle diverse scuole, spesso in ordine invertito.

In tutti questi casi, lo stato americano si limita a commemorare le vittime, fornendo ottima materia per talk show e speciali serali, senza mai interrogarsi seriamente sulle sue cause. Poche sono le stragi scolastiche di cui rimane memoria. La maggior parte di queste passa in sordina. La risonanza di certe altre dura per alcuni giorni, e dopo la conta precisa delle vittime viene dimenticata.

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.223) 29 febbraio 2012 11:42
    Damiano Mazzotti

    Buona analisi... Anche in Canada sono pieni di armi ma non ci sono grandi stragi o gli omicidi seriali... Quindi si tratta di differenze educative e culturali... Viziare i figli porta al narcisismo e il narcisismo porta all’indifferenza nei confronti degli altri: prima di tutto vengo "io" e le mie ragioni.

    Poi ci potrebbe essere una piccola quota di genetica: in America arrivarono molti deliquenti più o meno comuni e più o meno aggressivi, per evitare le carceri anglosassoni. La vita era molto competitiva, si lottano per conquistare le nuove terre e avere il grilletto facile poteva risultare molto vantaggioso. Se sparavi a un nuovo immigrato diventato tuo concorrente in un bosco e lo buttavi nel fiume chi ti veniva a scoprire?

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