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Unioni civili per omosessuali, risposta a Maurizio Belpietro

Egregio Direttore, la stimo e la seguo da diversi anni, ma stavolta non sono d’accordo con lei. Non quando –commentando l’approvazione, da parte della Camera, dell’estensione dell’assistenza per gli onorevoli ai loro conviventi omosessuali– si dice favorevole al riconoscimento delle unioni civili gay. Tale dissenso si basa su più ragioni.

Anzitutto perché, com’è noto, molti diritti cui i conviventi omosessuali aspirano sono già presenti nel nostro ordinamento. Pensiamo ai diritti in materia successoria (esercitabili tramite testamento), di polizza assicurativa o una pensione integrativa (chi vieta, oggi, al convivente gay di ricorrere agli strumenti del diritto volontario?), al diritto di stipula di accordi di convivenza per interessi meritevoli di tutela (ex art. 1322 cc), di successione nel contratto di locazione a seguito della morte del titolare a favore del convivente (C.C. sent. n. 404/1988), di visita in carcere al partner (D.P.R 30 n. 230 del 2000), di risarcibilità del convivente omosessuale per fatto illecito del terzo (Cfr. Cass., sez. unite Civ., sent. 26972/08, Cass. III sez. pen. n. 23725/08), di obbligo di informazione da parte dei medici per eventuali trapianti al convivente (L. n. 91 1999), di permessi retribuiti per decesso o per grave infermità del convivente (L.n. 53 2000), di nomina di amministratore di sostegno (artt. 408 e 417 c.c), di astensione dalla testimonianza in sede penale (art. 199, terzo comma, c.p.p.), di proporre domanda di grazia (art. 680 c.p.).

Lei scrive che al convivente gay è impedito di fare visita in ospedale al partner: bene, è possibile sapere quale legge dello Stato italiano stabilisce questo divieto? E anche se risultasse che alcuni diritti non sono ancora o non pienamente garantiti, il Legislatore provveda pure con interventi legislativi mirati. Ma che c’azzeccano, con tutto questo, le unioni civili?

Una seconda, forte ragione di dissenso rispetto alle unioni civili nasce dal fatto che queste, se introdotte, a breve condurranno dritte dritte alle nozze gay, magari dopo un intervento della nostra alta magistratura, notoriamente interventista fino ai limiti dell’ingerenza quando si tratta di temi eticamente sensibili. Del resto, la correlazione tra unioni civili e nozze omosessuali è risaputa: in Germania, introdotte le unioni civili nel 2001, le nozze gay arrivano nel 2009 (e le adozioni gay sono arrivate quest’anno); così in Belgio – unioni civili nel 1998, nozze gay nel 2003 -, nei Paesi Bassi – unioni civili nel 1998, nozze gay nel 2001 -, e in Canada – unioni civili nel 2001, nozze gay nel 2005 -. Tutto questo per una ragione semplice: le unioni civili “normalizzano” le coppie omosessuali indebolendo – socialmente prima che politicamente – ogni opposizione al matrimonio gay e, in prospettiva, alle stesse adozioni. Sia chiaro: è lecito sostenere le unioni civili, ma se queste verranno istituite e si arriverà prima alle nozze gay e poi a quelle adozioni di cui oggi parla solo Nichi Vendola, quanti credono nel matrimonio fra uomo e donna così come definito dalla nostra Carta sapranno chi ringraziare.

Terza ragione di dissenso: la finta priorità. Perché stiamo parlando di questo argomento (le unioni civili)? Quanti sono gli omosessuali disposti ad unirsi civilmente? A giudicare dal flop clamoroso dei registri comunali per coppie di fatto istituiti nel Paese – e che pure avrebbero dovuto far emergere sensibilità “sommerse” al riguardo – pochi, anzi pochissimi, quasi nessuno. Sappiamo invece che sono molti milioni i giovani che cercano un lavoro e molte milioni le donne disposte a divenire madri accogliendo un figlio se solo vi fosse una politica di sostengo alla maternità e alla natalità che le sostenesse arginando l’inverno demografico attuale, che fra il resto è la peggiore e sottovalutata minaccia alla spesa pubblica non solo in Italia ma pure in Europa giacché –com’è stato stimato- nel periodo 2010-2060 l’invecchiamento demografico accrescerà la spesa pubblica continentale non di 1 o 2 bensì di 5,2, punti Perché non parlare e magari dare la priorità a questi argomenti? Contano nulla?

Detto questo, Direttore, sono d’accordo con lei circa l’iniquità del trattamento privilegiato che il Parlamento si è dato con l’estensione dell’assistenza per gli onorevoli ai loro conviventi: non va bene. Ma non perché dovrebbe essere esteso anche ai cittadini: non va bene perché le priorità che il Paese chiede – lavoro in primis – sono ben altre.

di Giuliano Guzzo

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