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Una campagna di crowdfunding per proteggere gli attivisti che si battono in difesa della laicità

Il 21 giugno, in occasione del World Humanist Day — la giornata dedicata alla diffusione dell’umanismo come concezione filosofica di vita — l’International Humanist and Ethical Union (IHEU, di cui l’UAAR fa parte) lancia una campagna di crowdfunding per proteggere gli attivisti che si battono in difesa della laicità quando minacciati: https://www.gofundme.com/at-risk

«Giusto pochi giorni fa, l’11 giugno, abbiamo appreso che un altro blogger ateo e attivista umanista, Shahzahan Bachchu, è stato ucciso in Bangladesh», spiega Massimo Redaelli, responsabile relazioni internazionali dell’Uaar. «Sale così a otto il numero degli attivisti uccisi nel paese dal 2013. Prima di lui era stata la volta di Ahmed Rajib Haider, Avijit Roy, Washiqur Rahman, Ananta Bijoy Das, Niloy Neel, Faisal Arefin Dipon e Nazimuddin Samad. Non ci dimentichiamo poi che in almeno 85 Paesi al mondo atei e agnostici subiscono gravi discriminazioni: in 30 (perlopiù Stati islamici o con una popolazione a maggioranza musulmana) le discriminazioni sono gravissime. In 12 di questi Paesi (Afghanistan, Iran, Malesia, Maldive, Mauritania, Nigeria, Qatar, Arabia Saudita, Somalia, Sudan, Emirati Arabi Uniti, Yemen) l’apostasia può essere punita con la condanna a morte. Di questi, cinque (Afghanistan, Iran, Nigeria, Arabia Saudita e Somalia), cui va aggiunto il Pakistan, prevedono la pena di morte anche per il reato di blasfemia. Nel suo piccolo anche l’Uaar è già stata parte attiva in almeno due procedimenti per il riconoscimento dello status di rifugiato a non credenti perseguitati in paesi africani e nord africani. Ma di fronte a questo quadro drammatico — prosegue Redaelli — è necessario moltiplicare le iniziative in difesa dei diritti — e della vita! — degli attivisti che si battono per l’affermazione del principio di laicità. Per questo l’iniziativa lanciata oggi dalla Iheu — dal titolo “Protect Humanists At Risk” — ci sembra di importanza cruciale».

«L’Iheu — spiega Bob Churchill, direttore delle campagne dell’organizzazione internazionale — sta lavorando a livello diplomatico per fare pressione sugli Stati affinché sia garantita la libertà di pensiero e la sicurezza per le persone non-religiose sotto minaccia. Stiamo monitorando e portando all’attenzione delle istituzioni internazionali alcuni casi specifici. E stiamo direttamente rispondendo alle persone a rischio: verificando i casi, offrendo consulenza e, per quanto possibile, sostenendo anche economicamente le persone sotto minaccia immediata. Si tratta di un lavoro prezioso, ma non abbiamo le risorse o la capacità di valutare ogni caso che ci viene presentato, o di perseguire ogni ingiustizia nei confronti di ogni umanista in tutto il mondo. C’è molto di più da fare».

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