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Ue: che succede se la Scozia esce dalla Gran Bretagna?

Giovedì dovrebbe aver luogo l’atteso referendum per l’indipendenza scozzese ed i sondaggi propendono per un furioso testa a testa. Vedremo come finirà. Se dovesse affermarsi con nettezza la tesi unionista (con uno scarto di almeno 8-10 punti percentuali) la questione sarebbe chiusa. Ma se la tesi indipendentista dovesse essere sconfitta per pochi voti, il problema sarebbe destinato a riproporsi dopo breve tempo e, pertanto si aprirebbe un periodo molto complesso di grande instabilità. Ma qui facciamo l’ipotesi che, per poco o per molto, vincano i si all’indipendenza: quali conseguenze avrebbe la cosa?

Lasciamo da parte le conseguenze interne di cui, magari, torneremo a parlare nel caso di vittoria dei sì. Limitiamoci a prendere in considerazione gli effetti sulla Ue. Da un punto di vista giuridico si aprirebbero una serie di problemi senza precedenti. In primo luogo, perché non è previsto il caso di secessione di uno dei componenti; si potrebbe procedere come per la richiesta di adesione di un qualsiasi altro stato: si decide all’unanimità, per cui il no di uno solo blocca tutto. Ma è facile prevedere, in questo caso, l’alta probabilità del no di ritorsione inglese e quello quasi certo spagnolo, in funzione di blocco delle richieste dei catalani e delle altre minoranze interne. E’ però facile prevedere che gli scozzesi rivendicherebbero di essere già membri della Ue e, pertanto, chiederebbero di non essere considerati come un nuovo sopravveniente, ma da subito membri per continuità con la situazione precedente. Come decidere sul criterio: all’unanimità o a maggioranza? Sarebbe forte la spinta a congelare la cosa per qualche tempo, ma contemporaneamente esploderebbe la “grana” spagnola. Per la verità, Madrid non ha riconosciuto il referendum che i catalanisti vorrebbero svolgere a dicembre, ma una vittoria degli scozzesi renderebbe molto difficile resistere alla pressione e, in questo caso la vittoria dei si pare ancora più probabile, almeno a giudicare dalle strade di Barcellona invase dalla valanga di manifestanti. Il punto è che dopo i catalani verrebbero quasi certamente i baschi, ed umori separatisti potrebbero spuntare rapidamente in Galizia e Navarra. Peraltro anche in Inghilterra agli scozzesi seguirebbero altri: irlandesi del nord, gallesi forse Cornovaglia. Ed anche in Francia potrebbero ridestarsi gli umori separatisti di corsi e bretoni, per non dire dell’Italia dove già la Lega sta agitando il tema per Veneto, Lombardia e (undite udite!) Salento. Si aprirebbe un processo a catena di cui sarebbe difficile vedere la fine, con il rischio di uno spezzatino generale.

La cosa più sensata sarebbe quella di stabilire dei criteri generali e decidere caso per caso: un conto sono Catalogna e Scozia, che hanno tutto un retroterra storico di rivendicazioni di indipendenza, che hanno caratteri culturali molto ben definiti ed un contenzioso economico preciso; ma se qualcuno solleva il problema del Salento c’è solo da ridere. Ed anche per il Veneto non è cosa che si possa sostenere decentemente (a parte il fatto che, sin qui, i veneti hanno votato maggioritariamente partiti unionisti) sul presupposto che prima c’era la Serenissima. Con questo criterio, anche Parma, Piacenza e Guastalla potrebbero avanzare richieste del genere; ed il ducato di Benevento dove lo mettiamo? E di Seborga, che venne annessa senza neanche il plebiscito, ne vogliamo parlare?

Va benissimo il diritto all’auto determinazione dei popoli, ma vogliamo stabilire prima cosa è un popolo e cosa non lo è? La provincia di Mantova, il quartiere Bovisa e, se volete, condominio di via Alfieri 23 sono popoli? Se facciamo passare il criterio per il quale si dà seguito a referendum per l’indipendenza di qualsiasi porzione di popolazione ed in qualsiasi momento, rendiamo decidibile l’appartenenza ad uno stato di qualsiasi gruppo di cittadini ed in ogni momento, per cui se gli abitanti della provincia di Isernia ritengono che la pressione fiscale dello stato italiano è eccessiva, si dichiara indipendente, senza per questo escludere un ritorno in condizioni più favorevoli. Ma, in questo modo, ad esempio, come ci si dividono gli oneri pregressi (titoli di debito pubblico, pensioni, debiti della Pa ecc. ecc.), come si regolano i processi in corso, come si riorganizzano polizia e forze armate ecc. ecc.

Lo Stato non è una costruzione di mattoncini Lego che si fa e si disfa a piacimento. In fondo, è per questo che esiste un articolo della nostra Costituzione, il 5, che proclama la Repubblica una ed indivisibile ed un articolo del codice penale commina pene molto severe per chi attenti all’unità nazionale. L’errore fu fatto nel maggio 1997 quando si permise la manifestazione in cui la Lega proclamò l’indipendenza della Padania: siamo d’accordo, fu una buffonata senza seguito, ma su certi argomenti non si devono permettere neppure le buffonate, per cui la manifestazione andava proibita e se la si fosse fatta lo stesso, tutti i dirigenti e parlamentari della Lega andavano arrestati in flagranza di reato e processati per direttissima, la manifestazione sciolta, anche a costo di caricare con la massima durezza i partecipanti. E forse oggi non sentiremmo più parlare di Lega. Come vedete sono sempre piuttosto chiaro.

Tornando all’asse principale del nostro ragionamento, una vittoria del "Sì" in Scozia (o domani in Catalogna) obbliga l’Unione a decidere su questa delicatissima materia. Anche perché la cosa si complicherebbe sia per la partita del debito pubblico sia, nel caso spagnolo, per l’appartenenza all’Eurozona. Peraltro, ricordiamo che l’Inghilterra non fa parte dell’Eurozona, però siede nel Board della Bce: che facciamo, associamo anche la Scozia? O espelliamo sia Londra che la Scozia? Anche se, da un punto di vista giuridico, l’Inghilterra resterebbe erede dei trattati di adesione firmati come Gran Bretagna, da un punto di vista di fatto, non solo la Scozia sarebbe uno stato diverso, ma anche la stessa Inghilterra non sarebbe più la Gran Bretagna.

La tentazione potrebbe essere quella di chiudere la porta a tutti e proclamare che le unità che hanno aderito alla Ue sono indivisibili e non vanno riconosciuti nuovi stati sorti dalla secessione di uno di essi. Ma rischierebbe di essere una soluzione del tutto controproducente: tutte le minoranze nazionali che aspirano all’indipendenza e con un seguito effettivo, si schiererebbero immediatamente contro la Ue, accelerandone il processo di decomposizione e, soprattutto il Parlamento di Strasburgo andrebbe diventando via via sempre più ingovernabile.

Si apre un capitolo molto difficile, quello che mette in causa la funzione dello Stato nei processi di globalizzazione e non a caso la partita di apre in Europa, dove lo Stato-Nazione è nato e dove non si riesce a trasformarlo in altro se non nel pasticcio istituzionale della Ue.
Ci torneremo ancora su.

 

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