• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > Ucciso in carcere

Ucciso in carcere


Nel lontano nel 1891 viene approvato il Regolamento generale degli stabilimenti carcerari e dei riformatori governativi. Tale atto segue l’abolizione della pena di morte avvenuta nel 1890.

Sarà in particolar modo con l’avvento del fascismo che si manifesterà una vera e propria involuzione sul piano del trattamento carcerario: il diritto di punire viene considerato come un diritto di conservazione e di difesa proprio dello Stato, avente lo scopo di assicurare e garantire le condizioni indispensabili della vita in comune. Il delinquente altro non è che un "peccatore criminalizzato", nei cui confronti la pena deve operare come strumento di espiazione e di rimorso. Viene reintrodotta la pena di morte per cui la repressione, oltre ad avere un carattere sovrastrutturale, era un’esigenza di politica economico sociale, così che divenne repressione di massa. ( vedi, nonchè: La pena detentiva in Italia dall’Ottocento alla riforma penitenziaria, Mulino, Bologna, 1980, pag. 53., E. Fassone, La pena detentiva in Italia dall’Ottocento alla riforma penitenziaria, cit., pag. 60. E. Gallo e V. Ruggiero, Il carcere in Europa, Bertani, Verona, 1983, pag. 99).

Il sistema capitalistico reprime il dissenso con la morte. Mura fredde e gelide. Punizione. Falsa etica e morale. Dittatura. Morte.

Con l’approvazione in Italia della Costituzione oggi vigente, entrata in vigore nel 1948, sarà solo nel 200, ripeto nel 2007, che si affermerà il divieto assoluto di utilizzare la pena di morte nell’ordinamento penale italiano. Ciò perchè la pena di morte era contemplata nell’art. 21 del Codice penale.

L’articolo 27 della Costituzione, fissa il c.d principio di umanizzazione sostenendo che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato della pena: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità". La pena di morte non è ammessa.

Sarà vero ciò? In questo paese dalle finte libertà è garantita la rieducazione della pena? E’ garantito il principio di umanizzazione? Riporto solo questo dato che risponde perfettamente a tale domanda: in 10 anni nelle carceri italiane sono morti più di 1.700 detenuti, di cui oltre 1/3 per suicidio. Molte di queste morti sono dovute a suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, overdose...(vedi)

Uccisi dalla pena. Uccisi dalla funzione di rieducazione della pena. Uccisi dal principio di non umanizzazione della pena. Uccisi dalla Stato.


A tal proposito voglio ricordare la storia di un compagno poco conosciuto. Questo compagno si chiamava Fabrizio Pelli. Nasce a Reggio Emilia, l’11 luglio 1952, ha militato nelle Brigate Rosse e venne arrestato a Pavia nel dicembre 1975.

Ucciso nel carcere di San Vittore, Milano, l’8 agosto 1979. Ucciso perchè soffriva di leucemia, ma lo Stato decise che doveva morire in carcere. Questo è quello che deve accadere a chi lotta contro il sistema, anche duramente! Soffrire, patire, morire, in carcere, isolato dal mondo, isolato nel proprio mondo di giusti ideali che un giorno non saranno piú ideali ma realtà viva.

Isolato.

Solo un piccolo elemento può salvar la vita breve dell’uomo mortale dalla sofferenza del carcere e dall’isolamento dal mondo reale.

Questo elemento è il compromesso con lo Stato. Tradire i compagni di lotta. Tradire la lotta. Tradire!


Non mi esprimo sulla questione della lotta armata, sulle scelte effettuate e praticate dalle BR, ogni cosa deve essere contestualizzata nel tempo vissuto.

Dico solo che... chi non tradisce i propri compagni,chi non tradisce la lotta, chi sacrifica la propria vita, per l’Ideale, siano condivisibili o meno i mezzi praticati per conseguirlo, merita rispetto.

Occorre anche ricordare che nel 2009, per il trentennale della sua morte a Reggio Emilia un prete del posto decise di dedicare una messa al compagno Pelli. Ciò dopo aver letto il manifesto, che è oggetto della foto. Ovviamente per tale gesto venne massacrato pubblicamente.

Esporsi anche bonariamente o per questione pretestuose su alcuni uomini(scomodi) o ideali (anti-sistema)di questa società è sempre pericoloso e rischioso.

Censura! Repressione! Divieto! Detenzione! Morte!


Ma il coraggio e la dignità di dire e scrivere ciò che si pensa bisogna coltivarlo ed affermarlo. La resistenza di oggi giorno, prima di ogni cosa, deve consistere nel lottare per salvare ed affermare la libertà ed il diritto di espressione, di critica, e di pensiero.

Con questo breve scritto voglio ricordare chi ha sacrificato la propria vita per spirito di coerenza, lottando per altro sistema altra società, contro l’ingiustizia sociale. Ucciso dallo Stato per non aver tradito i compagni di lotta, per non aver tradito la lotta.

Ecco il senso di umanizzazione della pena.

Ecco il senso di rieducazione della pena.

Ecco la pena di morte abrogata, in Italia, sulla carta solo nel 2007...

Voglio ringraziare chi mi ha "condotto" nella fede dell’amor di lotta a conoscere indirettamente e brevemente la vita e storia di questo compagno. Pochi scritti si trovano su di lui. Un motivo ci sarà...

Grazie...
 

Commenti all'articolo

  • Di l’incarcerato (---.---.---.159) 14 agosto 2010 09:41
    l'incarcerato

    Complimenti per l’articolo, bisogna parlarne e sensibilizzare il più possibile la situazione carceraria. Abbiamo raggiunto una costante inquietante: un morto ogni due giorni!

    E certamente non si risolve andando a fare la passerella di ferragosto invitando pure Dell’ Utri e Cosentino. Un insulto ai detenuti!

    Se i politici volessero cambiare qualcosa che visitassero le carceri almeno tre volte al mese. Ma senza avviso!

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares