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Turchia | La riforma costituzionale diventa boxe

Finisce in rissa, con pugni, calci, atterramenti da wrestling e pure morsi ai polpacci con tanto di versamento ematico, la discussione di alcuni emendamenti costituzionali nel Parlamento turco. Il clima, già teso, ha originato la contrapposizione fisica fra manipoli di deputati repubblicani (Chp) e altri del partito di governo (Akp). Motivo del contrasto due articoli che riguardano: la proposta di riduzione dell’età dei candidati da 25 a 18 anni e la nuova durata della legislatura, che viene aumentata di un anno (finora risultava d’un quadriennio), per sfociare in elezioni politiche in concomitanza con quella presidenziale. Le schermaglie verbali, sciorinate durante gli interventi di alcuni onorevoli dei due principali schieramenti, sono diventati screzi fino a scadere in un corpo a corpo sempre più fitto attorno al tipo di voto, palese o segreto, con l’opposizione che accusava il partito di maggioranza di voler far pressione e controllare i deputati e quelli dell’Akp che hanno reagito a tentativi degli avversari di filmare coi cellulari il voto espresso. Una prima colluttazione è avvenuta su questi temi. Poi, mentre si votava la modifica all’articolo sui compiti e l’autorità dell’organo legislativo, un gruppo di repubblicani ha occupato il podio della presidenza perché quella trasformazione, a loro parere, esautora il Parlamento dalla sua funzione e lo subordina ai super poteri del Capo di Stato. Qui i contendenti hanno dato fondo a tutto il reciproco odio e il contrasto è diventato pugilistico, con danni alle persone e all’arredo della sala.

I capi gruppo, entrambi offesi, hanno sostenuto che mai si sarebbero attesi comportamenti simili, attuati, comunque, dagli onorevoli anche del proprio schieramento, non solo dagli avversari. Mentre il leader nazionalista Bahçeli ha accennato un serafico invito a discutere con calma, seguito da un sibillino “Se la Camera non dovesse approvare il pacchetto riformatore, bisognerebbe tornare alle urne”. Invito colto al volo dal repubblicano Özel, che prende spunto dall’aspetto divisivo della pseudo-riforma in atto che spacca ulteriormente il Paese, per ritenere il ricorso al voto necessario. Il fronte del Partito democratico dei popoli, che non sta partecipando alle sedute in aula in segno di protesta contro gli arresti di suoi membri, addirittura rilancia: “Elezioni con un soglia di sbarramento portata al 15%” dichiara il portavoce Bilgen, che azzarda un 2% di consensi che al momento l’Hdp non possiede. Probabilmente il partito pensa di trarre un vantaggio dalle tensioni in atto e, non avendo nulla da perdere, alza un’asticella che potrebbe essere alla sua portata, puntando a un ridimensionamento ulteriore dei nazionalisti, risucchiati proprio dagli accordi Erdoğan-Bahçeli sulle modifiche costituzionali. Uno dei temi che tiene banco in queste ore di concitato confronto-scontro parlamentare è proprio quello del dissenso interno al Mhp.

Già alcuni deputati si stanno astenendo dal voto, in realtà incidono poco perché sono in cinque su trentanove del gruppo, ma altri mal di pancia sono stati manifestati ieri da un personaggio influente – Yusuf Halaçoğlu – che ha annunciato voto contrario su prossimi emendamenti. Fra i dieci ancora in agenda tre potrebbero vellicare l’orgoglio dissenziente di qualche “lupo grigio” del Meclis: quello che consente al Presidente della Repubblica di continuare a dirigere il proprio partito, quello che gli offre l’autorità di emettere decreti aggirando le decisioni parlamentari, fino a quello che dà facoltà al Presidente di rimuovere il Parlamento stesso e rinnovarlo tramite nuove elezioni. Contro simili misure i repubblicani promettono nuove proteste estreme, ma Erdoğan, intervenendo sulla gazzarra di ieri che non fa onore al luogo e al ruolo dei protagonisti ha ricordato agli oppositori che “Nessuno sta mutando i princìpi della Repubblica turca che resta democratica, laica, basata su una legislazione sociale. Quando il mondo, la regione e la Turchia stanno cambiando è semplice bigottismo dire che ogni cosa dovrebbe conservarsi com’è. Chp è un guardiano dello status quo”. E ancora: “Uomo-regime? Cosa vuol dire? Questo Paese ha visto ha visto elementi del Chp servire come governatori provinciali, le discussioni sono focalizzate su di me ma non riguardano la mia persona”. Il presidente lascia intendere che la nuova Carta è per il futuro della Turchia. Fra due giorni è atteso un nuovo round.

Enrico Campofreda, 13 gennaio 2017

articolo pubblicato su http://enricocampofreda.blogspot.it

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