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Troy Davis è stato ucciso. Giustizia non è fatta

Troy Davis, 43 anni, è stato ucciso oggi dallo Stato della Georgia.

Troy Davis è morto oggi alle 23:08 (5:08 ora italiana) nel penitenziario di Jackson nello Stato della Georgia, Stati Uniti d’America. Il team della difesa di Davis si è, infatti, visto rifiutare ora per ora ogni appello intentato contro l’esecuzione capitale. L’ultimo diniego è arrivato alle 22:10 ora locale (4:10 in Italia) dalla Corte Suprema degli Stati Uniti che, all’unanimità, si è espressa contro il blocco dell’esecuzione. I medici e l’infermieri che si trovavano dentro il penitenziario hanno quindi iniziato la procedura, che prevede un cocktail di farmaci che portano alla morte del condannato, alle 10:53. Dopo 15 minuti Troy Davis è stato dichiarato morto.

Il caso di Troy Davis ha suscitato un articolato dibattito nel mondo sulla pena di morte. Condannato nel 1991 per l’omicidio dell’agente di polizia Mark MacPhail, avvenuto nell’Agosto del 1989, Davis si è da sempre dichiarato innocente. Le prove contro di lui vennero raccolte dalla Polizia, nel giorno successivo al crimine, a seguito della testimonianza di uno dei possibili sospettati che dichiarò di aver visto Troy Davis sparare all’agente di polizia. Furono quindi raccolte 8 ulteriori testimonianze che servirono come tesi d’accusa al processo dove Davis fu condannato alla pena capitale.

Sette dei nove testimoni hanno però poi ritrattato le loro testimonianze, alcuni di loro dichiarando di essere stati costretti dalla polizia, altri accusando Redd Coles, l’ottavo testimone. Del nono testimone non si hanno più notizie. L’accusa non è inoltre riuscita a trovare prove fisiche che incolpassero Davis. L’arma del delitto non è stata mai trovata, anche se Coles ne possedeva una dello stesso tipo di quella che uccise l’agente di polizia.

Il penitenziario dove è stato ucciso Troy Davis all'alba di oggi (ieri negli USA). Immagine:Wikipedia

 

Il penitenziario dove è stato ucciso Troy Davis all'alba di oggi (ieri negli USA). Immagine:Wikipedia

La notte appena trascorsa è stata molto triste e lunga per Troy Davis, i suoi avvocati, la sua famiglia e per centinaia di migliaia di attivisti in tutto il mondo. L’esecuzione era programmata per le 19 ora locale (01:00 in Italia), ma è stata ritardata a seguito di un appello alla Corte Suprema in cui gli avvocati di Davis hanno chiesto un’ulteriore udienza per dimostrare l’innocenza del loro assistito. La Corte si è fatta sentire attorno alle 19:20 ora locale comunicando di aver bisogno di più tempo per poter analizzare il caso. Questa decisione ha fatto sperare i partecipanti alla veglia davanti al Penitenziario, tra cui erano presenti i familiari del detenuto. Purtroppo dopo circa tre ore la Corte ha semplicemente dichiarato chiuso il caso e condannato definitivamente Troy Davis alla morte.

Le ultime parole di Troy Davis sono state rivolte ai familiari dell’agente di polizia, che hanno assistito all’esecuzione, a cui ha detto di "essere innocente”. “L’incidente quella notte” ha detto Davis alla madre e al fratello della vittima, “non è stato colpa mia, io non avevo una pistola. Non ho ucciso vostro figlio”. Il cittadino afroamericano si è anche rivolto alla sua famiglia, chiedendo loro di “approfondire il caso, scoprendo il vero colpevole” e chiedendo loro di attivarsi contro la pena di morte. Le sue ultime parole sono state d’incitamento per la battaglia contro la pena di morte e affinché venga fatta giustizia all’agente morto (trovando il vero colpevole).

Uno degli avvocati di Davis, Thomas Ruffin, uscito dal penitenziario ha raccontato a Democracy Now i suoi ultimi momenti di vita. “E’ stato molto coraggioso” ha detto l’avvocato, continuando dicendo che “questa continua tragedia va fermata. Dobbiamo chiedere l’abolizione della pena di morte”. Ruffin ha evidenziato, inoltre, la discriminazione razziale alla quale è andato incontro Davis nel corso di questi anni. “Il colore della pelle influisce” ha dichiarato triste l’avvocato. Sullo stesso argomento Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana di Amnesty International, si era espresso nella giornata di ieri durante un’intervista rilasciata a Rainews. “Un poliziotto bianco” assieme a un “sospettato nero fanno quasi una condanna nella Georgia” aveva dichiarato.

 

Rev. Raphael G. WarnockIl Rev. Raphael G. Warnock, ha partecipato alla veglia che si è svolta davanti al Penitenziario della Georgia dove è stato ucciso Troy Davis. "We can do better" ha detto.

 

Il reverendo Dr. Raphael Gamaliel Warnock, della chiesa battista di Atlanta, presente anche lui nella veglia che si è svolta nella nottata, ha dichiarato appena appresa la morte di Troy Davis che i cittadini statunitensi “possono fare meglio” e possono “combattere la pena di morte”. “Noi continueremo a combattere” ha detto il pastore concludendo che “molti giovani in questi giorni si sono mobilitati e credono veramente nell’abolizione della pena di morte”.

Un attivista di colore ha invece detto piangendo ai microfoni di Democracy Now: “C’è una via migliore rispetto alla pena di morte! A tutti voi: non venite nel Georgia, non fate le vostre vacanze qui, potrebbe essere pericoloso. E non comprate nulla da questo stato, non finanziatelo. Dio benedica l’America, Dio benedica Troy Davis”.

Kathryn Hamoudah, del Southern Center for Human Rights, ha invece letto la lista delle 51 persone uccide dallo Stato del Georgia in questi anni. Hamoudah ha inoltre descritto, minuto per minuto, la terribile procedura alla quale sono sottoposti i condannati a morte: dall’ultima cena, alla visita medica di controllo, fino all’iniezione locale di un cocktail di farmaci.

 

 

Larry Cox, direttore esecutivo di Amnesty International. "Mi vergogno della mia nazione" , ha detto.

 

Una presenza sentita e partecipata alla veglia è stata sicuramente quella di Larry Cox, direttore esecutivo di Amnesty International, che dopo l’esecuzione ha parlato di “omicidio di stato” e di “una delle più gravi violazioni dei diritti umani che posso immaginare”. Cox ha anche detto di “vergognarsi” della propria nazione, oltre ad evidenziare la brutalità di tale pena. “Gli Stati Uniti d’America” ha detto “sono uno dei pochi stati, assieme a Cina, Iran e ad altre dittature, che uccide i propri cittadini”. Cox, che ha sottolineato come Davis abbia passato metà della sua vita nel braccio della morte, ha dichiarato che gli sforzi contro la pena di morte “si duplicheranno, triplicheranno, quadruplicheranno”.

Questa notte è stata sicuramente una di quelle veramente buie per la democrazia e i diritti negli Stati uniti. Un innocente è stato ucciso deliberatamente e coscientemente dallo Stato della Georgia e dai numerosi giudici che avrebbero potuto salvare la vita a Troy Davis. La Corte delle Grazie ha negato la clemenza nonostante non ci siano prove fisiche che leghino la morte dell’agente di polizia MacPhail a Troy Davis, nonostante 7 su 9 testimoni abbiano ritrattato le loro dichiarazioni. La Corte Suprema, inoltre, si è macchiata (all’unanimità) di non aver concesso una udienza a Davis e di averlo lasciato morire. Il Presidente Obama, l’uomo che si è fatto eleggere a suono di “Yes, we can”, ha preferito tenersi defilato senza nemmeno dire una parola. Un gesto triste e vile. Non è con il politically correct che si cambierà questo vergognoso sistema giudiziario.

Le chiamano esecuzioni ma, lo ripetiamo, sono in realtà omicidi. Omicidi di stato. E qualcosa va nel verso sbagliato negli Stati Uniti se si commette così facilmente un omicidio. Perché se è vero che ogni omicidio è disdicevole, non c’è delitto più orrendo, terribile, insano di quello che è stato programmato dallo Stato della Georgia. Un omicidio barbaro, crudele, ingiusto. Inumano.

Milioni di persone hanno firmato non solo per salvare la vita a Troy Davis, ma anche per garantire una vera giustizia alla famiglia dell’agente. E’ nell’interesse di tutti scoprire il vero colpevole, invece di uccidere qualcuno per far dormire notti tranquille a qualche sostenitore senza-cervello della pena di morte.

La lotta per la giustizia non finisce con me. Questa lotta è per tutti i Troy Davis che sono venuti prima di me e che verranno dopo di me”, ha detto Troy prima di morire. E tutti noi continueremo a lottare per un mondo senza la pena di morte.

LEGGI ANCHE: Pena di morte: il boia non si ferma. Negli Usa e nel mondo

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.133) 22 settembre 2011 11:09

    Assurdo!!  Per bilanciamento karmico mandiamo i killer di Cucchi, Aldovrandi, Sandri, Giuliani in Giorgia ad espiare la stessa pena?

    • Di (---.---.---.206) 22 settembre 2011 13:37

      Guarda che si dice Georgia e non "Giorgia".
      Il problema secondo me, oltre alla pena capitale è anche e soprattutto la superficialità totale con cui dicono che sono state raccolte le prove.

      Comunque per quel che mi riguarda: No alla pena capitale, ma solo perchè troppo spesso ci sono o ci possono essere errori giudiziari e poi non è dimostrato che riduca la criminalità.

      Si all’ergastolo A VITA, possibilmente in Guyana... Tra malaria e caimani. Chi uccide si prende una vita. E’ giusto prendersi la sua: occhio per occhio, dente per dente e vita per vita.

  • Di illupodeicieli (---.---.---.198) 22 settembre 2011 11:39

    Ci sono cose che si possono fare, tutti i giorni, sia per queste persone uccise che per tutti noi: si tratta di emarginare i vari giudici e tutto l’apparato che regge "il mondo che loro vogliono farci vivere". Ciò che leggevo in una dichiarazione "non venite in vacanza qui e non comprate niente" è una delle prime cose da fare, un po’ come "boicotta Israele o la Francia": il punto è che i georgiani e le persone cui è rivolta questa attenzione negativa, devono saperlo. Devono sapere che ci sono milioni di persone che incontrandole non le rivolgeranno la parola, che faranno finta che non esistono, che faranno in modo di far sentire tutto il disprezzo possibile e immaginabile. Alcuni arriverebbero, ne sono certo , allo scontro fisico, al lancio di uova, pietre, a sputargli in faccia, a rigargli la vettura e forse anche a ucciderli. Tuttavia medesimo trattamento sarebbe auspicabile anche verso i nostri politici,sindacalisti e a tutti coloro che vivono di privilegi e non tengono in conto la vita e le necessità altrui, pur essendosi impegnati in tal senso. Ecco che emarginarli, non invitarli a trasmissioni tv, non riportando le loro dichiarazioni, ma sempre facendo sapere a loro e a tutti che "non vogliamo sentire parlare questi individui", ecco che il peso di interventi simili si farà sentire. Del resto se della pena di morte ne facciamo, come è giusto che sia, una questione basilare e dobbiamo abolirla in ogni parte del mondo, non possiamo non lottare ogni giorno.A volte le cose semplici sono più efficaci degli appelli del papa o di Obama: a meno che Obama avesse detto "dovevo visitare la Georgia " ma finchè ci sarà la pena di morte non ci andrò nè da presidente nè da cittadino comune e , anzi, non comprate niente che provenga da lì (e prendendo qualcosa fatto lì,come un giornale o altro lo dovrebbe fare a pezzi davanti alle telecamere): ecco che il messaggio forse passerebbe. Diversamente sono e saranno solo semplici parole che entrano ed escono dalle orecchie di tutti noi.

  • Di alessandro (---.---.---.15) 22 settembre 2011 15:20

    occhio per occhio rende tutto il mondo cieco...Molto spesso è lo stato che scrive le pagine più nere della storia. Ancora una volta gli Stati Uniti si dimostrano per ciò che sono, una pseudo-dittatura, basta prendere esempio da loro!


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