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Tracce della particella J/Ψ già nel 1970

Grafico coppie muoni e J/Psi
 
Le prime tracce della particella J/Ψ apparvero già nel 1970, ben quattro anni prima della sua effettiva scoperta. Nei Laboratori Nazionali di Brookhaven, Stati Uniti, dove era in funzione il proto-sincrotrone, erano in corso studi sulla produzione di coppie di muoni e, nel grafico che rappresenta l'andamento della sezione d'urto in funzione della massa, si vede chiaramente una "spalla" nell’intervallo di energie compreso fra 3 e 3,5 GeV. Quella strana "gobba", come la chiamerà Leon M. Lederman nel 1988, in occasione della lecture che tenne per il conseguimento del Nobel, era proprio il segnale della particella J/Ψ. Nei Laboratori Nazionali di Frascati, dove era in funzione ADONE, non seppero nulla di questo articolo, o forse non gli diedero importanza.
 
L'articolo del 1970, "Observation of Massive Muon Pairs in Hadron Collisions", fu pubblicato su Physical Review Letters (vol. 25, n. 21, 1970) e firmato (fra gli altri) da L. M. Lederman, dei Brookhaven National Laboratory, e dall'italiano E. Zavattini, dei Laboratori svizzeri del CERN. Per la segnalazione di questo articolo, di cui non ero a conoscenza, devo ringraziare Stefano Marcellini, ricercatore INFN, con il quale sono entrato in contatto tramite il mio blog (e questo non può che farmi piacere). Nell'articolo si legge: "As seen both in the mass spectrum and the resultant cross section dσ/dm, there is no forcing evidence of any resonant structure". Poi, dopo una serie di considerazioni sui metodi di analisi utilizzati, l'articolo prosegue: "Indeed, in the mass region near 3,5 GeV/c2, the observed spectrum may be reproduced by a composite of a resonance and a steeper continuum."
 
Come spiega Lederman nella sua Lecture del 1988, durante queste misure sulle coppie di muoni, tenute fra il 1968 e il 1969, i rilevatori in funzione presso il proto-sincrotrone di Brookhaven non avevano la risoluzione necessaria per individuare una risonanza stretta come quella della J/Ψ. Poi l'esperimento venne ripetuto nel 1974 dal gruppo guidato da Samuel Ting (Aubert et al., Phys. Rev. Lett. 33, 1404, 1974) con uno spettrometro magnetico basato su camere proporzionali a multifili.In questo modo, "the shoulder was refined by the superior resolution into a towering peak called the J particle."
 
Ebbene si, la J/Ψ è l'unica particella ad avere un doppio nome. Il motivo è che la scoperta proviene sia dal proto-sincrotrone dei Laboratori di Brookhaven, dove Samuel Ting la chiamò J, sia da SPEAR, l'anello di accumulazione per elettroni e positroni dell'università di Stanford, dove Burton Richter la chiamò Ψ. Da qui l'unione dei due nomi in J/ Ψ. La storia della scoperta di questa particella non fu affatto lineare e riserva tutta una serie di aneddoti e di ricostruzioni storiche che prometto saranno oggetto di un mio successivo post.

Cerchiamo ora di contestualizzare l'articolo di Lederman e Zavattini del 1970 da un punto di vista storico. ADONE, l'anello di accumulazione per elettroni e positroni di Frascati, "nato per andare a caccia di risonanze strette", come ricorda sempre Carlo Bernardini, era entrato in funzione nel dicembre 1969, dunque già da qualche mese. SPEAR, l'anello statunitense di Stanford, che nel 1974 individuerà la J/Ψ parallelamente al proto-sincrotrone di Brookhaven, nel 1970 era ancora in fase di progettazione e sarebbe entrato in funzione solo nel 1972. Il 1970 è inoltre l'anno nel quale viene proposto (S. L. Glashow, J. Iliopoulos, and L. Maiani, Phys. Rev. D 2, 1285, 1970) il cosiddetto "meccanismo GIM" (dalle iniziali dei tre autori) e con esso viene ipotizzata l'esistenza di un quarto quark oltre ai tre già noti: il charm. Una stima sulla massa di un quarto quark era già stata avanzata da Ioffe & Shabalin (J. Nucl. Phys. 6 (1968) 603) che valutarono mc = 1,5 - 2 GeV.

Questo significa che, già fra il 1968 e il 1970, l'esistenza di uno stato del charmonio, ovvero di una particella come la J/Ψ formata da un quark e un antiquark di tipo charm, era ipotizzabile con una massa compresa fra i 3 e i 4 GeV. Inoltre l'articolo di Lederman e Zavattini, sempre del 1970, con un'evidente spalla proprio in quella zona di energia, avrebbe potuto fornire un'ulteriore prova della presenza di una risonanza.

Come ho già detto, SPEAR non era ancora entrato in funzione, a Brookhaven non avevano ancora un apparato sperimentale adeguato per l'individuazione di risonanze strette, e gli anelli di accumulazione entrati in funzione di Francia e Unione Sovietica non avevano energie sufficienti nemmeno per avvicinarsi alla produzione del charm. Gli unici al mondo che avrebbero potuto scovare la J/Ψ già dal 1970, sulla base di quanto detto fin'ora, erano i fisici di Frascati con ADONE. Anche se è bene ricordare che ADONE fu costruito con un'energia massima di 3 GeV nel centro di massa e, per questioni di sicurezza, lavorava ad un'energia massima di 2,8 GeV, mentre la J/Ψ ha una massa di 3,1 GeV. È anche vero però, che non appena arrivò la notizia da Brookhaven della scoperta della J/Ψ, a Frascati decisero di forzare la macchina oltre soglia ed in soli due giorni anche ADONE individuò il limpido picco della risonanza.

Ho avuto modo di parlare con Carlo Bernardini qualche giorno fa, in occasione della presentazione del mio lavoro di ricerca alla libreria assaggi di Roma, dove mi ha confessato che lui non era a conoscenza dell'articolo di Lederman e Zavattini del 1970. È inoltre noto che anche l'articolo di Glashow, Iliopoulos e Maiani venne praticamente ignorato fino al 1974, quando poi venne "riscoperto" per spiegare la natura della J/Ψ. Le ricostruzioni a posteriori, certamente, da un punto di vista scientifico, lasciano il tempo che trovano. A decenni di distanza è normale che tutto appaia più limpido.

La realtà è che, nel 1970, nemmeno Lederman e gli altri autori dell'articolo diedero importanza a quella "spalla", e all'esistenza del charm ancora non ci credeva quasi nessuno. Un'altra considerazione riguarda il meccanismo di circolazione delle informazioni di allora, che non è in alcun modo paragonabile a quello di oggi. La diffusione delle pubblicazioni scientifiche su scala globale non era immediata come lo è oggi grazie ad internet e di conseguenza non c'è da stupirsi se a Frascati non erano a conoscenza in quegli anni dell'articolo di Lederman.

Quella di ADONE rimane dunque una vicenda sfortunata. Prevedere l'esistenza di una particella come la J/Ψ era molto difficile, prevedere dove esattamente potesse essere era impossibile. Ma le ricostruzioni storiche servono anche a questo: a capire come i progressi della scienza, che a volte possono sembrare semplici e lineari, siano in realtà dovuti ad un intreccio di fattori scientifici, sociali, storici e pure geografici, che alla fine possono determinare la fortuna o meno di un esperimento. Fortuna oppure sfortuna. Come nel caso di ADONE.

 
 
Per approfondire:
1) ADONE: Storia dell'anello di accumulazione per elettroni e positroni
2) "The Rise of the Standard Model - Particle Physics in the 1960s and 1970s", Edited by L. Hoddenson, L. Brown, M. Riordan and M. Dresden, Cambridge University Press, 1997
3) "The Hunting of the Quark - A true story of modern Physics", di Michael Riordan, 1987

 

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