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Tra musica e sogno: Perry Frank si racconta

L’hanno già definito una perla rara del panorama musicale sardo. Il suo nuovo album “Music to disappear” è un’immersione nell’essenza stessa della musica ambient. Dalla dolcezza di “The sound of memories” alla suspence di “Ultramarine” al senso di liberazione di “Another place another time” Music to disappear è un viaggio dalle mille sfumature di toni, vibrazioni ed emozioni. L’artefice è Perry Frank, giovane compositore iglesiente di musica ambient, che ho avuto il piacere di intervistare.

Quando è iniziata la tua carriera musicale?

Ufficialmente dal 2005, almeno per quanto riguarda la mia scelta di dedicarmi alla musica ambient, chill out e psichedelica. La passione per la musica è iniziata, però, molto prima, da quando ero bambino. E’ stato l’ascolto di Brian Eno, Vangelis ed Erik Satie che mi ha ispirato ed indirizzato verso questo percorso.

L’ambient, il chill out non sono però l’unico genere di musica a cui ti dedichi..

Da solo, come Perry Frank, si. Ma ho anche altre collaborazione, ad esempio con i Cheyenne. Con loro facciamo rock, roba più orecchiabile per il pubblico italiano ma io preferisco l’ambient e spero di poter un giorno vivere facendo questo tipo di musica.

Quali progetti e collaborazioni hai in ballo?

Ho appena inciso il mio terzo album “Music to disappear” che contiene dodici tracce. Adesso ne sto incidendo uno nuovo, se tutto va bene dovrebbe essere pronto per Maggio/Giugno. Poi ho in mente un altro progetto: incidere un album con testi in sardo e in inglese…

Che idea! Sarai tu a curare la composizione di musica e testi?

La musica si. Anche per il mio secondo album ho fatto tutto da solo, dalla composizione, all’esecuzione con i vari strumenti, al montaggio. Per i testi in sardo diciamo che ho il mio paroliere, Marco Pruna, giovane fisico e scrittore iglesiente, che ha già composto il testo di “Cantu a merì”, la canzone che ho portato al premio Andrea Parodi 2012. Io mi occupo dei testi in inglese. Inoltre i miei pezzi sono solitamente accompagnati da video che giro io stesso e che si possono visualizzare su Youtube.

Autonomo al 100% insomma, dalla composizione, alla presentazione e mi pare di capire anche alla distribuzione. Come hai iniziato a far conoscere la tua musica?

Facebook è stato lo strumento maestro: ho iniziato a pubblicare i miei video in vari gruppi di musica ambient, ce ne sono diversi. Ho inciso il mio primo album “One last step to eternity” nel 2006 e una ventina di canzoni reperibili su Youtube, Myspace, Soundcloud e Dailymotion. Dalla raccolta di queste canzoni è nato, nel 2010,“New songs from the moon”, che insieme al primo è scaricabile su Bandcamp.

Il mio lavoro sul web è stato notato, sono stato contattato da una etichetta tedesca, la IDEALMUSIK Label che ha curato la distribuzione del mio terzo album, uscito nel 2012, “Music to disappear”. Grazie a loro la mia musica sta passando nelle radio tedesche dedicate all’ambient e in diverse altre spagnole ed anche italiane. Per il resto mi devo arrangiare io, trovare i contatti e anche se in Italia è più difficile che in altri paesi, sono riuscito ad avere una certa visibilità. Attraverso questo lavoro certosino di autopromozione sono arrivato ad essere trasmesso anche in una radio argentina nel cui palinsesto è presente una trasmissione curata da una signora sarda emigrata in Argentina In questa trasmissione lei manda musica di musicisti sardi, tra cui anche la mia!

Un lavoro non da poco, che inizia a dare i suoi frutti. Dove credi che la tua musica potrebbe avere più successo?

Non in Italia, tanto meno in Sardegna, purtroppo. Il gusto musicale della penisola è stato rovinato dai talent show, dall’industria targata De Filippi-Costanzo. Ci siamo disabituati ad ascoltare la musica con piacere e curiosità. Prendiamo per esempio i luoghi di fruizione della musica, i locali: in Italia spopola il karaoke, raramente un locale ospita esibizioni live con il tipo di musica che suono io, al massimo si richiedono cover di gruppi, roba da “entreteinement”. In altri paesi la musica ambient non solo è trasmessa nelle radio con canali dedicati, ma è anche colonna sonora dei locali e non mancano le esibizioni dal vivo.

A te non è capitato di esibirti dal vivo?

E’ capitato, ad esempio da poco ho suonato in occasione della presentazione dell’ultimo libro di Marco Pruna, al concerto organizzato in piazza Sella ad Iglesias “Uniti per il Sulcis”, ma non solo. Sono esperienze che mi servono per testare la mia performance e la reazione del pubblico. Questo genere di musica non è affatto popolare in Italia, in tanti la trovano noiosa, quindi voglio prepararmi a queste reazioni e migliorare la performance prima di lanciarmi in esibizioni ad un più alto livello. Ci sono state comunque delle esibizioni significative: da poco ho partecipato al Premio Parodi. E’ stato per me un onore essere stato selezionato tra i partecipanti ed aver portato un mio pezzo inedito “Cantu a merì” ed arrivare in finale.

Hai avuto esperienze estere?

Non ancora.

Non ancora significa che si prospetta qualche occasione?

Non dico nulla per scaramanzia!

Cosa pensi che l’impegno musicale tuo e di altri giovani artisti locali possa significare per questo territorio?

La musica per me ha rappresentato una luce, una via d’uscità da questa realtà. L’impegno musicale è una possibile valvola di sfogo per questo territorio disastrato, se credi nella musica. E i primi a crederci però dovrebbero essere gli amministratori locali, che nella musica e nella cultura in generale investono sempre troppo poco e troppo spesso le varie rassegne, i concorsi organizzati sul territorio hanno le stesse pecche di quelli pubblici: raccomandazioni, incompetenza nell’organizzazione… putroppo questo l’ho visto con i miei occhi (ne ho viste di tutti i colori..) e questo non fa bene alla musica, né aiuta a ridare la speranza e prestigio al territorio, anzi...

Ci sono moltissimi talenti in Sardegna, molti musicisti che meritano una possibilità giusta per potersi esprimere, ma spesso fare musica qui (e pretendere di vivere facendo musica) è come muoversi in uno stagno con i piedi immersi nel fango. La cosa triste è che, al di là delle mancanze delle istituzioni, molto spesso sono gli stessi sardi a impedire tutto questo. Speriamo che questo autolesionismo e questa cultura dell’invidia cedano il posto ad una reale passione per la musica.

Foto di Laura Serra

Questo articolo è stato pubblicato qui

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