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Tirrenoambiente: un pozzo di san Patrizio per tanti

La società a partecipazione pubblica proprietaria della discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, nuovamente oggetto delle inchieste della magistratura penale. 

Lo scorso marzo l’ex sostituto procuratore di Barcellona Francesco Massara aveva iscritto nel registro degli indagati il sindaco di Mazzarrà Sant’Andrea e gli ex presidente e amministratore delegato della Tirrenoambiente, società strumentale del comune mazzarrese per la gestione della discarica di contrada Zuppa, oggi chiusa agli autocompattatori dopo il sequestro dello scorso novembre.

L’ipotesi di reato sarebbe quella di peculato in concorso, i fatti riguarderebbero un debito milionario vantato dal Comune di Mazzarrà Sant’Andrea nei confronti della sua partecipata per il mancato pagamento di quell’eco-indennizzo frutto di quella scelta dell’ex sindaco Nello Giambò – condannato in secondo grado nel processo Vivaio alla mafia delle discariche – di trasformare l’ex città dei vivai nella pattumiera di mezza Sicilia.

Più volte dal momento della sua elezione a sindaco Salvatore Bucolo aveva “tuonato” contro la società proprietaria della discarica di contrada Zuppà affinché i “patti” venissero rispettati.

Soldi che sarebbero dovuti andare a beneficio delle casse comunali – per mitigare i danni ambientali derivanti dall’impatto che la presenza della discarica sul territorio comportava ai danni dei residenti – e che Tirrenoambiente non avrebbe versato.

Nel 2013 era arrivato anche a minacciare azioni legali per il recupero di 1.700.000 euro. Vertenza che sarebbe successivamente stata risolta con una transazione tra comune e società cui sarebbero seguiti altri accordi sui quali la magistratura ha deciso di vederci chiaro.

Oggi, la procura barcellonese sulla base di un’inchiesta delegata alla Guardia di finanza del Comando provinciale di Messina, sta indagando per corruzione e peculato in concorso, il sindaco mazzarrese Salvatore Bucolo, il parroco don Andrea Catalano, l’ex senatore piemontese forzista Lorenzo Piccioni, già amministratore delegato di Tirrenoambiente, il suo predecessore Antonello Crisafulli e gli altri ex amministratori delegati della stessa società mista che si sono succeduti, Giuseppino Innocenti e Giuseppe Antonioli.

I fatti indagati riguarderebbero l’anomalo utilizzo del denaro “distribuito” dalla Tirrenoambiente nel tempo sul territorio sotto forma di “contributi” per feste, manifestazioni e opere pie. Contributi che sarebbero stati versati su un conto corrente privato gestito con delega da una persona che a quanto pare avrebbe deciso di collaborare alle indagini rivelando i meccanismi sui quali la procura ha chiesto al gip del tribunale di Barcellona Danilo Maffa una proroga di sei mesi delle indagini preliminari.

Ma l’indagine odierna è solo l’ultima di una lunga serie, alcune condotte sempre procura di Barcellona, altre da quella di Vercelli e Palermo.

Tirrenombiente nel mirino di tre procure

Oltre ad essere stata coinvolta nei noti fatti di mafia del processo Vivaio, sulla gestione dell’invaso di Mazzarrà sono state avviate diverse indagini da parte della procura della Repubblica di Barcellona – i vertici della Tirrenoambiente avrebbero tralasciato di rispettare tutte le leggi in materia. L’ex presidente del Cda Giambò e l’ex ad Innocenti sono imputati, in concorso «per interruzione di pubblico servizio e per avere omesso di predisporre strumenti idonei alla captazione del biogas, le cui esalazioni hanno arrecato danni e molestie alla popolazione di Furnari.»

Nel mirino dei magistrati barcellonesi sono finite anche le modalità attraverso cui la Tirrenoambiente ha costruito l’impianto di produzione di energia elettrica dalla combustione di biogas e l’impianto fotovoltaico. Il primo è stato realizzato all’interno dell’area della discarica di contrada Zuppà dalla Osmon di Novara. Tutte le ditte in questione sono collegate da nomi ricorrenti: amministratore unico della Osmon è Giuseppe Antonioli che ne possiede il 45 per cento, il rimanente 55 per cento è controllato dalla C.a.r. Consulenza ambientali e ricerche che a sua volta fa capo a Giuseppino Innocenti. Sempre Antonioli, tra il 2004 e il 2006, aveva fatto parte del consiglio di amministrazione della Ederambiente, presieduto da Innocenti che ha ricoperto anche la carica di amministratore delegato. Lo stesso Innocenti è stato nel consiglio di amministrazione di Tirrenoambiente, di cui risultano azioniste le società Ederambiente e Ecodeco (Gruppo A2A), sostituito nell’ottobre 2013 proprio da Antonioli.

Antonioli e Innocenti sono stati indagati per avere installato uno stabilimento per la produzione di energia elettrica tramite utilizzo del biogas prodotto dalla fermentazione dei rifiuti e per esercitare detta attività [già dal 2008, ndr], di concerto con la Tirrenoambiente, in assenza dell’autorizzazione unica della Regione [assimilabile all’Aia, ndr], nonché in mancanza delle preventive comunicazioni circa le emissioni prodotte all’autorità competente, malgrado lo stabilimento producesse in atmosfera emissioni di considerevole portata. Da qui i provvedimenti di sequestro, per ben due volte (2012 e 2013). Il 10 luglio 2013 l’assessorato regionale all’Energia «ai fini del ripristino della regolarità amministrativa» ha autorizzato «ai sensi dell’art. 12, c. 3, del D.lgs. 29/12/2003 n. 387 e s.m.i., la Osmon «alla costruzione ed all’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili (biogas da discarica)».

Entrambi sono indagati inoltre dalla Procura di Vercelli per truffa aggravata in concorso. Nello stesso procedimento è indagato anche Bartolo Bruzzaniti, già condannato per spaccio di droga e appartenente alla cosca della ’ndrangheta Bruzzaniti-Morabito-Palamara. Il reato riguarderebbe una transazione tra la Tirrenoambiente e la Osmon, per un importo di 2.604.000 euro, a favore di quest’ultima. La Osmon controlla la Osmon Africa, con sede in Costa d’Avorio, che si occupa di produzione e commercio di olio di palma da usare come combustibile per la centrale di Borgo Vercelli, gestita dalla prima. La Osmon Africa avrebbe erogato compensi alla Green Oil Energy, nella quale risulterebbe legale rappresentante Bruzzaniti.

Nell’informativa antimafia Torrente del Ros di Messina sono state messe in evidenza le irregolarità delle procedure con cui è stata costruito anche l’impianto fotovoltaico di località Castellacci nel Comune di Mazzarrà Sant’Andrea, mentre altre due indagini in tema di reati ambientali sulla gestione vedono sotto processo Giambò e Innocenti perché «pur in presenza di autorizzazione integrata ambientale, per colpa consistente in imprudenza, negligenza e imperizia omettevano di predisporre o fare predisporre sufficienti strumenti per la captazione del biogas prodotto dai rifiuti in putrefazione, effettuando un insufficiente trattamento dei rifiuti solidi biodegradabili, sottoposti a semplice trituratura, e così non evitando l’emissione di gas, nella specie idrocarburi metanici e non metanici, atti a molestare la popolazione di Furnari».

Per il solo Innocenti è stata inoltre disposta l’imputazione coatta per il reato ambientale di gestione di rifiuti non autorizzata. Le indagini dei carabinieri del Noe hanno dimostrato che, almeno fino al settembre del 2009, presso la discarica di Mazzarrà i rifiuti venivano collocati «sul nudo terreno senza una adeguata operazione preventiva avente la dignità di un vero e proprio “trattamento” secondo la definizione datane dal d.lvo n. 36/2003 come interpretato dalla circolare ministeriale del 30/06/2009».

Nel maggio del 2014 Francesco Cannone e Pino Innocenti, rispettivamente ex presidente ed ex amministratore delegato di Tirrenoambiente sono stati rinviati a giudizio per interruzione di pubblico servizio.

Nel luglio del 2014 la Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per Giuseppe Antonioli, Domenico Proto, titolare della discarica Oikos a Misterbianco, i fratelli Calogero e Nicolo’ Sodano, proprietari della discarica Soambiente di Agrigento e per il funzionario dell’assessorato regionale Territorio Ambiente, Gianfranco Cannova. L’accusa è corruzione. Cannova avrebbe intascato mazzette in cambio di agevolazioni nel rilascio di autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti. L’indagine, iniziata nel 2011 e durata due anni, e’ stata condotta dalla polizia di Palermo e Agrigento avendo coinvolta anche due imprenditori agrigentini. Il funzionario pur muovendosi nel complicato groviglio delle procedure amministrative, avrebbe agevolato gli imprenditori preservandoli dall’ordinaria attività di controllo e monitoraggio imposte a chi gestisce le discariche e previste per lo smaltimento dei rifiuti e avrebbe consentito loro di bypassare indenni tutti i controlli. Tutti i personaggi coinvolti vennero arrestati a luglio nel corso dell’operazione Terra mia. Nei confronti del dipendente regionale l’ex assessore regionale al Territorio Mariella Lo Bello aveva presentato lo scorso marzo un esposto insospettita dallo “strano” comportamento, e avviata una serie di verifiche salta fuori la storia di una conferenza dei servizi convocata nel settembre 2008 e presieduta dallo stesso Cannova che aveva rilasciato l’Autorizzazione integrata ambientale per l’ampliamento della discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, omettendo la vicinanza al centro abitato di Furnari. Il processo si è aperto il 13 gennaio 2015, la Regione siciliana non si è costituita parte civile.

Crisafulli, Antonioli e Innocenti sono stati anche indagati per illeciti edilizi e reati ambientali in riferimento ai lavori di ampliamento della discarica di contrada Zuppà, avendo realizzato lavori di sbancamento in assenza di concessione edilizia e in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e zona sismica, e ancora per aver realizzato una discarica non autorizzata.

I pm Francesco Massara e Giorgio Nicola – dopo aver ricevuto il dossier elaborato dalla Commissione ispettiva sulle autorizzazioni alle discariche private, voluta dall’ex assessore regionale Nicolò Marino – hanno fatto sequestrare il 3 novembre 2014 il sito di contrada Zuppà, notificando avvisi di garanzia ad amministratori e dirigenti della Tirrenoambiente e a funzionari regionali e provinciali che hanno avuto ruoli decisivi nelle autorizzazioni che hanno consentito la costruzione e l’ampliamento della discarica.

Oltre all’ex presidente Antonio Crisafulli e agli ex ad Giuseppino Innocenti e Giuseppe Antonioli, ad essere indagati sono anche gli ex presidenti Sebastiano Giambò e Francesco Cannone, Vincenzo Sansone, alto dirigente regionale dell’assessorato Territorio e ambiente, il funzionario regionale Gianfranco Cannova, attualmente in carcere per l’inchiesta Terra Mia della procura di Palermo relativa alle autorizzazioni rilasciate in cambio di presunte tangenti per quattro discariche siciliane e il funzionario dell’ufficio ambiente della Provincia di Messina, Armando Cappadonia.

Giambò, Cannone, Crisafulli, Innocenti e Antonioli, sono accusati del reato previsto all’art. 256 decreto legislativo 152 del 2006, commesso dal 27 agosto 2014 e con condotta tuttora permanente. Sansone e Cannova invece per il reato di cui all’articolo 479 del codice penale, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, commesso in Palermo il 29 febbraio del 2009 con la sottoscrizione dell’atto che concedeva la Valutazione di impatto ambientale e autorizzava l’ampliamento della discarica. Cappadonia risponde da solo di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, per la sottoscrizione di un atto l’1 dicembre del 2006. La notifica delle informazioni di garanzia, ai tre precedenti indagati e agli altri cinque che si sono aggiunti adesso all’elenco, eseguita dai carabinieri del Noe di Catania che il 27 agosto 2014 avevano effettuato l’accesso all’impianto di contrada Zuppà che poi ha portato al sequestro, si è resa necessaria perché i due magistrati inquirenti devono procedere ad accertare, nelle forme dell’atto non ripetibile, «la presenza di eventuale inquinamento nel sito occupato dalla discarica di Mazzarrà Sant’Andrea».

Il perito della procura, l’ingegnere Francesco Melidoro, in un rapporto del 17 settembre 2014 aveva rilevato che: «Le acque sotterranee della discarica presentano notevoli indici di inquinamento, sulle pareti della discarica esistono situazioni di criticità correlate con fuoriuscita di percolato tali da generare locali profonde incisioni… e le condizioni precarie di equilibrio del corpo della discarica… potrebbero portare fenomeni gravitativi o franosi di rilevante pericolo per l’ambiente e per l’incolumità delle persone, i quali potrebbero manifestarsi in un breve medio periodo di tempo, in occasione soprattutto di intense precipitazioni atmosferiche».

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