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"The Place", il film di Paolo Genovese e il prezzo dei desideri

“The place” di Paolo Genovese arriva al cinema in questi giorni ma è un lavoro che potrebbe tranquillamente essere proposto come pièce teatrale.

Dopo il grande successo ottenuto con “Perfetti Sconosciuti” Genovese dona vita ad un lavoro insolito e coraggioso per il nostro cinema.

Va detto sin da subito che l'opera, proprio perché ardimentosa di proporre qualcosa di non canonico, presenta taluni proprositi incompiuti ma non per questo risulta meno incisiva di quanto atteso.

Il film prende spunto dalla serie “The Booth at the End” e cavalca l'onda minimalista che trova nel linguaggio teatrale il miglior compimento; portare il teatro al cinema non è cosa nuova ma riesce comunque a sorprendere ogni volta che ciò trova compimento.

“Io sono una parte di quella possanza che vuole costantemente il male e opera costantemente il bene” non si può non pensare al “Faust” di Goethe quando dopo poche inquadrature ci troviamo a che fare con Valerio Mastrandrea che occupa la scena con il suo personaggio ambiguo e fuggente.

Genovese ha parlato nei giorni antecedenti l'uscita in sala del film del proprio cast come: “della Nazionale italiana degli attori”, sono undici infatti i componenti il cast e rappresentano certamente una bella fetta della parte migliore del materiale umano del nostro cinema contemporaneo.

Marco Giallini, Rocco Papaleo, Alba Rohrwacher, Silvia D'Amico, Giulia Lazzarini, Silvio Muccino, Vinicio Marchioni, Alessandro Borghi e Vittoria Puccini riescono a calarsi in ruoli non semplici e dare vita a figure profonde; con tali interpretazioni diventa davvero difficile trovare anche una minima pecca in questo lavoro attoriale corale perché se il film funziona è anche merito di un lavoro di squadra eccellente.

Mastrandrea perennemente seduto al tavolino di questo locale chiamato appunto “The Place” è intento nel consumare pasti e bevande mentre una variegata umanità scandisce il tempo del racconto.

Chi è quest'uomo? Quello che sappiamo di certo è che nove persone gli si avvicinano per chiedergli di realizzare un proprio desiderio ed in cambio essi riceveranno un compito da portare a termine.

Le richieste riguardano l'intera gamma degli aneliti umani: sesso, amore, ricchezza, bellezza eterna, fede, salute, speranza ma in cambio L'Uomo Mastrandrea stabilirà il prezzo da pagare, un prezzo che costringerà i richiedenti a spingersi contro la propria natura per liberarla o per portarla all'estremo.

A fare da sfondo a questo via via di sogni e dubbi ci sarà Sabrina Ferilli nei panni della cameriera del locale; lei e Mastrandrea creano un vero e proprio film nel film.

Lo spettatore non può che venir inchiodato dalla storia; fino a che punto siamo disposti a spingerci per ottenere ciò che vogliamo e fino a che punto è la figura di Mastrandrea a spingere gli altri in azioni che sfociano nel drammatico? L'attore romano dentro al personaggio ricorda sempre al suo interlocutore che la decisione delle cose è sempre nostra anche se essa avviene in modo più o meno consapevole.

Ricercare la consapevolezza dell'uomo delle proprie miserie e la convivenza con una natura fragile e ambigua, ma non per questo incapace di grandi slanci, è forse l'intento principale del film.

Non fu proprio Faust a vendere l'anima al diavolo in cambio della conoscenza assoluta? Da desideri “inumani” scaturiscono perciò sacrifici “inumani”.

Quello che “The Place” vuole dirci forse è proprio questo e cioè che noi possediamo dentro già le risposte alle domande e per questo una affannosa ricerca all'esterno ci porterà solo a spingerci oltre perdendoci la risposta che riusciremmo solo a trovare se siamo disposti ad ascoltarci in silenzio.

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