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Terremoto | L’autodeterminazione alla base della ricostruzione. Il lavoro dei volontari delle Brigate di Solidarietà Attiva

Il terremoto, l'ennesimo, che ha colpito il Centro Italia a fine ottobre, pur non mietendo vittime, ha completato l'opera di distruzione iniziata con il sisma del 24 agosto scorso, radendo al suolo anche le abitazioni rimaste in piedi, aumentando il numero di sfollati e rigettando la popolazione nello sconforto.

I danni, quelli materiali, sono enormi. Secondo quanto richiesto dall'Italia al Fondo di solidarietà europeo, i danni stimati per il solo sisma di agosto ammontano a 7 miliardi, di cui 4,9 miliardi si riferiscono ai danni agli edifici privati, mentre 350 milioni quelli relativi agli edifici pubblici. Per quanto riguarda, invece, il patrimonio culturale si parla di circa 542 milioni, mentre sono di oltre 732 milioni le spese affrontate per infrastrutture di viabilità e reti dei servizi essenziali.

Per quantificare i danni provocati dalle scosse di ottobre occorre aspettare che siano completate le verifiche. Dall'ultimo sisma si stimano oltre 40mila sfollati, la sola Protezione Civile parla di 32mila assistiti nella prima emergenza, ma il dato non comprende le persone che non si sono spostate verso i campi di accoglienza o che hanno trovato soluzioni alternative.

La terra continua, intanto, a tremare con scosse di minore intensità, e i danni, in questo caso, non sono materiali: bisogna fare i conti con la tensione, la paura e l'incertezza delle persone che vivono nel cratere, che non aspettano altro che l’inizio della ricostruzione per riprendersi la propria quotidianità.

In questo contesto, vario, complicato e drammatico, operano le Brigate di Solidarietà Attiva, un gruppo di volontari autorganizzati attivo nel cratere del terremoto. Le loro azioni si differenziano dall'approccio che punta all'assistenzialismo offerto, spesso, dalle istituzioni: l’obiettivo principale è quello di informare la popolazione aiutandola a coordinarsi e riorganizzarsi per affrontare l’emergenza, non restando a guardare le scelte del Governo, ma prendendone parte attraverso il dialogo con gli enti territoriali al fine di trovare soluzioni che rispondano alle reali esigenze del territorio.

Nella quotidianità le BSA riforniscono di generi di prima necessità la popolazione locale, gestiscono cucine pubbliche e dormitori, offrono assistenza psicologica nei campi e, quando possibile, trasportano roulotte e casette prefabbricate donate a chi non solo non vuole andar via, ma non può. L’economia, all'interno del cratere, si basa su piccoli produttori, allevatori o agricoltori: questi, se lasciassero la loro terra, anche solo fino all’arrivo delle casette in primavera, perderebbero la propria attività. 

Ecco spiegata l’improvvisa marcia indietro del Governo, che inizialmente spingeva la popolazione verso la costa per liberare il cratere riducendo così l'entità dell'intervento, ma che ha poi deciso di adottare come soluzione i container collettivi nell’attesa delle casette:

«Strutture dormitorio con cucine e bagni in comune. Immaginate famiglie numerose con anziani e bambini come possano vivere questo tipo di dimensione – spiega Marco Fars, cofondatore delle BSA - Per questo molte comunità stanno rifiutando questo modello di container che è oggettivamente un errore dovuto alla frettolosità con cui il Governo ha cercato di rimediare al buco che non aveva previsto. Da questo punto di vista, vediamo e sentiamo che la popolazione ha bisogno di informazioni per progettare un modo diverso di gestire la propria permanenza sul territorio, attraverso modelli di sistemazione di container che diano dignità alle famiglie che ci devono abitare dentro».

La "Filiera Antisismica"

Tra le iniziative promosse dalle Brigate di Solidarietà spunta la filiera corta, un'idea di sviluppo e ricostruzione legata in maniera imprenscindibile al territorio, ai suoi prodotti e ai legami intessuti sulla terra e tra le persone. 

L’economia locale, questa economia, basata su piccoli produttori agricoli e allevatori ha subito una brusca frenata dopo il terremoto. Quelli che rischiano di essere dimenticati dalle manovre di emergenza del Governo sono proprio i piccoli imprenditori, la cui clientela era composta dalla popolazione locale e che hanno visto i comuni limitrofi svuotarsi, in particolare dopo le scosse di fine ottobre.

Per questo motivo le BSA hanno intrapreso un censimento di queste aziende nell’area del cratere del terremoto e si occupano di mettere in contatto produttori e consumatori creando canali commerciali che possano consolidarsi nel tempo, permettendo all’economia locale di sopravvivere durante l’emergenza. Il piano prevede la registrazione del marchio "Filiera Antisismica", a cui le aziende potranno aderire gratuitamente e sfruttare i canali nazionali delle BSA per la distribuzione dei propri prodotti.

Il rapporto con gli enti locali

Le BSA per loro scelta sono fuori dal sistema di protezione civile nazionale, nascendo proprio in opposizione al modello di assistenzialismo proposto dal Governo all’Aquila nel 2009. Questo però non esclude il dialogo e la collaborazione con tutte le entità sul campo, indispensabile quando si lavora in situazioni di emergenza e di bisogno concreto. 

Proprio per questo le Brigate consegnano beni di prima necessità anche alle strutture gestite dallo Stato, come la cucina da campo allestita dai Carabinieri a Fiastra nel maceratese o il campo di Cessapalombo, sempre nella stessa provincia, gestita dalla Protezione civile e dalla Croce Rossa.

Meriterebbe più di una riflessione il fatto che dei volontari autorganizzati debbano andare in soccorso di strutture pubbliche che dovrebbero, invece, rappresentare il punto di riferimento e coordinamento di tutti i soccorsi. Questo perché il meccanismo delle Brigate parte dal basso, da chi è presente sul cratere, ci vive e ci lavora: l'organizzazione si muove di conseguenza in base alle esigenze rilevate da chi sta effettivamente sul luogo dell’emergenza. Se l’intervento fosse gestito dall’alto, come avviene per la Protezione Civile Nazionale o per le forze dell’ordine, la macchina organizzativa si appesantirebbe con una trafila burocratica di provvedimenti inutili o non per forza i più urgenti.

«Non è il nostro metodo quello di far polemica rispetto ad una situazione di difficoltà – si legge nel comunicato ufficiale delle Brigate pubblicato sul loro sito - Segnaliamo però con forza che anche negli interventi di emergenza deve essere fondamentale il rispetto dei cittadini, ai quali oggi va garantita nel più breve tempo possibile la massima assistenza nell'esercizio del diritto di scelta». 

Il rapporto con gli enti territoriali

Non facendo parte del sistema di protezione civile nazionale, le Brigate hanno deciso di interagire direttamente con gli enti locali, come i comuni, per potersi avvicinare maggiormente alle esigenze reali della popolazione. Questo, per esempio, avviene nel comune di Roccafluvione, dove le Brigate hanno allestito sia uno spaccio popolare (un luogo in cui, chi ne ha bisogno, può andare a procurarsi generi di prima necessità, abbigliamento e tutto quello reso disponibile attraverso le donazioni), un dormitorio pubblico nel palazzetto dello sport messo a disposizione dal Comune e gestiscono le staffette nei territori vicini per consegnare beni di prima necessità a chi non può recarsi nei centri di assistenza, spesso troppo lontani.

Qui nasce l’altro buco nell’organizzazione statale: «C’era un’indicazione precisa, andare sulla costa. Quindi chi è rimasto lo ha fatto a suo ‘discapito’ – afferma Guido Ianni, vicesindaco di Roccafluvione, che, dopo il 24 agosto, ha immediatamente avviato un protocollo d’intesa con le Brigate per coordinare le operazioni di soccorso – Noi abbiamo cercato di dare una mano alle persone che sono venute a trovarci qui (lo spaccio popolare allestito dalle BSA, ndr) abbiamo fornito beni di prima necessità e quello che abbiamo a disposizione». 

Le staffette

Altro servizio offerto dalle Brigate è quello delle staffette, ossia la consegna dei beni donati ai centri di accoglienza, alle cucine o direttamente a casa delle persone che non possono spostarsi autonomamente, a causa dell'età o delle condizioni fisiche.

Proprio questo ultimi rappresentano l’altra falla nei piani del Governo: tra coloro che hanno perso la casa e tutte le proprie cose ci sono molti anziani, ma anche madri e bambini piccoli, che secondo i piani dell'intervento statale dovrebbero fare chilometri per arrivare ad una cucina da campo o ad un centro accoglienza; tra l’altro, con l’arrivo dell’inverno e la neve questa situazione è destinata a peggiorare. I furgoni donati alle Brigate sono utilizzati proprio per questo compito, ma non sempre sono sufficienti e i volontari utilizzano mezzi propri. 

Sportello informativo e assemblee

Come anticipato, il lavoro delle BSA va oltre l'assistenzialismo, fondamentale durante l’emergenza, ma non risolutivo nel lungo periodo. Per questo sono sempre attivi sportelli informativi allestiti nei vari campi e periodicamente si tengono assemblee con cittadini e organizzazioni locali per coordinare la ricostruzione e riscontrare i problemi reali che la popolazione deve affrontare nel quotidiano. Molti fanno fatica a orientarsi nel dedalo delle ordinanze: questi sportalli forniscono quindi assistenza per muoversi nei lunghi percorsi burocratici, come nel caso della richiesta del Contributo di Autonoma Sistemazione (CAS).

Il CAS è un contributo mensile che lo Stato offre alle popolazioni colpite per trovare una sistemazione alternativa se la propria abitazione è distrutta o inagibile, la somma percepita è calcolata in base ai componenti del nucleo familiare, 200 euro a persona fino ad un massimo di 600 euro, la somma può aumentare di altri 200 euro in presenza di over 65, portatori di handicap e disabili. 

Per capirne la complessità:iIl primo modulo CAS, per esempio, è stato cestinato perché non prevedeva l’indicazione del nuovo indirizzo di residenza, nel nuovo modulo compare questa voce, ma il problema resta un altro: chi si è organizzato autonomamente allestendo roulotte o alloggi di fortuna vicino alle proprie abitazioni, ormai inagibili, dovrà indicare come nuovo indirizzo lo stesso precedente e di conseguenza potrebbe non accedere al CAS. Un elemento che può sembrare marginale, ma che rappresenta un ulteriore problema da affrontare per chi ha deciso di restare in loco per preservare la propria attività economica e già martoriato dal sisma deve scontrarsi con la burocrazia.

Come sostenere le Brigate

Le Brigate possono essere sostenute attraverso donazioni dirette o “finalizzate”, cioè destinate ad un obiettivo ben preciso concordato direttamente con l’ente o l’associazione beneficiaria. Le brigate fungono da tramite soprattutto in caso di grandi donatori, che vengono invitati in loco per dialogare con le parti e trovare soluzioni migliori in base alle priorità. Chi invece desidera prendere parte direttamente al lavoro delle BSA può riempire il modulo disponibile sul sito ed inviare la propria candidatura da volontario. 

Tutte le informazioni sono qui

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Per donare alle BSA
il form è qui http://bit.ly/2eccima

 

Leggi anche: Amatrice e Norcia raccontate dai volontari

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