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Terremoto | Funerali di Stato laico o confessionale?

Lo scorso sabato 27 agosto si sono svolti i funerali di stato per alcune delle vittime marchigiane del terremoto che aveva colpito il centro Italia pochi giorni prima. A condurre la cerimonia non vi erano però alte cariche della Repubblica o sindaci delle città ora in ginocchio. Tutto si è svolto nel duomo di Ascoli Piceno alla presenza delle più alte cariche istituzionali. 

Una presenza silenziosa e in disparte, mentre a officiare vi era il vescovo Giovanni D’Ercole che nel 2011 fu sfiorato da un’inchiesta per truffa in occasione della ricostruzione post terremoto a L’Aquila. Un secondo funerale di stato tutto confessionale per le vittime del reatino si è svolto ad Amatrice nel pomeriggio del 30 agosto alla presenza sommessa del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio. Stavolta, ad officiare la cerimonia, il vescovo di Rieti Domenico Pompili.

Al di là della tragedia che la notte del 24 agosto ha colpito i comuni di Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo, provocando circa 300 vittime e quasi 400 feriti, ai quali l’Uaar ha già espresso vicinanza invitando il Governo a destinare più fondi pubblici per la tutela del territorio a cominciare dall’8×1000 statale che già prevede alla voce “interventi straordinari per le calamità naturali”, non si può non rilevare che questi funerali di Stato (sedicente) laico si siano svolti con rito religioso. Ancora una volta, una commemorazione, che dovrebbe essere scevra da connotazioni religiose e laica, si è tenuta in un tempio, con ministri di culto e rito religioso.

A tal proposito, inutile specificare di quale religione stiamo parlando se perfino un sindaco come quello di Andria si è sentito di esprimere solidarietà alla comunità colpita dal sisma donando una tensostruttura che “rappresenta il presidio diocesano sul territorio” con “funzione polivalente organizzativa e liturgica a supporto della comunità parrocchiale”. Quindi non uno spazio per celebrazioni civili, religiose in generale o assemblee cittadine, ma una tensostruttura specifica per la celebrazione di riti liturgici cattolici. Tutti gli altri come al solito possono accomodarsi fuori. Del resto gli spazi religiosi hanno in passato avuto corsie preferenziali anche per la successiva ricostruzione, come avvenuto in Emilia tra le proteste dei cittadini sfollati.

In ogni caso, che la Chiesa fosse da sempre interessata a suggellare con un proprio rito i momenti umani legati alla morte era cosa nota da tempo. Che in questa operazione di stampo confessionale debba ricevere l’avvallo di uno Stato che si assume il dovere civico di commemorare vittime di tragedie nazionali, è altrettanto noto, ma dal nostro punto di vista decisamente poco consono. Specie in virtù del fatto che più alto è il numero delle vittime che si intendono ricordare, più aumentano le probabilità che tra queste ci siano morti di altre religioni, non credenti, o laici, che un funerale di Stato con rito cattolico non lo vorrebbero affatto.

Paul Manoni

Questo articolo è stato pubblicato qui

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