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Stretta sul diritto di asilo, nel mirino ci sono i più deboli

L’ordine di Salvini ai Prefetti «accolte troppe domande» e annuncia: 42 milioni da accoglienza a rimpatri.

 

 

Circolare 4 luglio 2018 – limiti a protezione umanitaria

«Velocità e attenzione nel dare accoglienza a chi scappa veramente dalla guerra ma anche nel bloccare tutti coloro che non ne hanno diritto». Così il ministro dell’Interno Salvini sintetizza la circolare inviata ieri alle Prefetture che annuncia, di fatto, un giro di vite sulla concessione dell’asilo. Un’iniziativa destinata a colpire soprattutto donne e bambini che arrivano nel nostro paese per motivi umanitari. Ma il ministro smentisce: «Donne incinte, bambini e rifugiati restano in Italia. Si vergognino i disinformati che dicono il contrario».

È così che il ministro dell’Interno Matteo Salvini sintetizza la circolare inviata alle Prefetture e ai presidenti delle commissioni per il riconoscimento della protezione internazionale, annunciando, di fatto, un giro di vite sulla concessione dell’asilo. Lo scopo, spiega Salvini nella sua missiva, è avere controlli più rigorosi sulle richieste e procedure di esame delle istanze più veloci per chi chiede un permesso di soggiorno umanitario, rilasciato dalle questure per gravi motivi o in caso di riconoscimento di forme di protezione temporanea.

La mossa di Salvini mira a ridurre sensibilmente il numero di permessi, partendo dalla tipologia più diffusa, quella umanitaria, concessa nel 28 per cento dei casi. Secondo i dati del Viminale, infatti, le domande di asilo esaminate a maggio sono state 5.172, 600 in più rispetto ad aprile. Domande che, nel 61 per cento dei casi, sono state respinte, mentre oltre alla protezione umanitaria è stato concesso, nel 7 per cento dei casi, lo status di rifugiati e al 4 per cento la protezione sussidiaria. In totale è stato accolto il 39 per cento delle domande. Il ministro dell’Interno ha quindi deciso di partire con lo sfoltimento del gruppo più corposo di permessi, che hanno una validità di due anni, rinnovabili a seguito dell’accertamento dell’effettiva condizione di difficoltà umanitaria. Ma l’intervento rischia di colpire i soggetti più deboli costretti alla migrazione, ovvero donne e bambini. Anche se il Viminale si è affrettato a respingere al mittente le accuse: «Donne incinte, bambini e rifugiati restano in Italia. Si vergognino i disinformati che dicono e scrivono il contrario – ha spiegato Salvini -.

Il senso dell’iniziativa è limitare un abuso che va a discapito dei rifugiati veri. Su 43mila domande esaminate, i rifugiati sono il 7 per cento mentre la protezione sussidiaria raggiunge il 5. Poi abbiamo la protezione umanitaria che, sulla carta, è riservata a limitati e residuali casi di persone che, pur non essendo in fuga dalle guerra hanno necessità di una tutela. Ma rappresentano il 28 per cento dei casi che poi arriva al 40 con i ricorsi, decine di migliaia di persone. E spesso diventano la legittimazione dell’immigrazione clandestina». Ma è lo stesso vicepremier, nel suo post su Facebook, ad utilizzare il termine «bloccare», a riprova che l’intento non è soltanto quello di migliorare l’iter – oggettivamente lento e farraginoso -, ma anche di limitare al minimo i permessi sul territorio. E l’identikit del migrante beneficiario del permesso umanitario è contenuto nella stessa circolare: le situazione in base alle quali viene concesso fanno riferimento «allo stato di salute, alla maternità, alla minore età, al tragico vissuto personale, alle traversie affrontate nel viaggio verso l’Italia, alla permanenza prolungata in Libia, per arrivare ad essere uno strumento premiale dell’integrazione». Su questa base, lamenta il ministro, sono stati troppi i migranti che hanno ottenuto un permesso e che, anche in base alla normativa europea sul diritto d’asilo, «non avevano al momento dell’ingresso del nostro Paese i requisiti per la protezione internazionale». Persone che, dunque, «ora permangono sul territorio con difficoltà d’inserimento e con consequenziali problematiche sociali che, nel quotidiano, involgono anche motivi di sicurezza».

Salvini invita dunque i responsabili ad attenersi rigorosamente alle norme e ad effettuare esami rigorosi delle circostanze di vulnerabilità degne di tutela «che, ovviamente, non possono essere riconducibili a mere e generiche condizioni di difficoltà», bensì a «condizioni di partenza di privazione o violazione dei diritti umani nel Paese di origine».

Simona Musco

da il dubbio

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