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Strage di Parigi: breve guida al Mondo Islamico

L’attentato parigino ha portato allo scoperto molti nervi sensibili della nostra società: la paura del diverso nel quale si vede una minaccia alla propria identità, l’opportunismo dei leader populisti che prosperano su questa paura, lo smarrimento degli intellettuali, l’incapacità della classe politica, la pochezza di idee degli apparati dell’antiterrorismo, la sciatteria dei mass media, troppo sotto il livello che sarebbe necessario, l’infantilismo di una certa sinistra che ragiona come Salvini e Ferrara, ma cambiando il segno iniziale da meno a più, l’incapacità di affrontare la discussione evitando toni da tifoseria da stadio, il livello di informazione infimo dell’opinione pubblica sul tema dell’Islam.

Peggio non potrebbe andare: nel complesso l’immagine di una società in pieno shock da globalizzazione, incapace di affrontare il pericolo che ha davanti o perché lo gonfia e lo sopravvaluta o, all’opposto perché non lo vede e lo sottovaluta.

Per di più, i media non si sono sentiti in dovere di interpellare gli studiosi specialisti di Islam, mondo arabo ecc, che in Italia ci sono e sono di ottimo livello. Ad esempio, qui a Milano abbiamo Elisa Giunchi che non ho visto consultata da nessuno.

Sperando di fare cosa utile, cercheremo di fare una breve guida di base per muoversi su un terreno molto complesso come il mondo islamico, che è tutt’altro che compatto e unitario ed è articolato in molti gruppi con rilevanti differenze dottrinali.

In primo luogo, gli islamici si dividono fra una maggioranza sunnita (che include gran parte del mondo arabo, la maggioranza del Pakistan, dell’Afghanistan, del Bangladesh e dell’Indonesia, Mali, Ciad, Mauritania, Somalia, Nigeria, Senegal, e minoranze sparse fra Africa, Asia ed Europa), ed una minoranza sciita (maggioritaria in Iran, ma con gruppi molto consistenti in Libano, Siria, Iraq, Pakistan e Barhein).

Il mondo sunnita non ha nulla di paragonabile alla Chiesa cattolica, non ha un vero e proprio clero e non ha un “Papa”; una funzione analoga era riservata al Califfo, carica insieme religiosa e politica, ma aveva un senso relativamente all’area statuale di riferimento. Ne consegue che esistono molte “scuole” di pensiero diverse fra loro a con diversa diffusione territoriale (Hanbaliti, Malikiti, Hanafiti, Sciafeiti ecc).

Parzialmente diversa è la situazione degli sciiti che hanno una struttura più vicina a quella del clero cattolico ed un capo riconosciuto (l’Ayatollah), ma comunque si articolano anche loro in più scuole (Ismailiti, Duodecimani, Zayditi ecc.). Altri gruppi (Drusi, Alawiti, Sikh, Yazidi ecc.) sono ibridazioni fra le due correnti principali o con altre fedi e sono considerati come eterodossi.

Chiariamo un concetto: arabi ed islamici non sono sinonimi. Gli islamici sono i fedeli di un credo religioso, gli arabi sono appartenenti ad un ceppo nazionale-etnico che include una ventina di paesi. Non tutti gli arabi sono islamici, non tutti gli islamici sono arabi. Ci sono arabi cristiani o animisti e ci sono paesi islamici non arabi (Turchia, Nigeria, Somalia, Iran, Pakistan, Bangladesh, Indonesia, per citare solo i maggiori). Chi confonde le due cose ed usa un termine per l’altro è un analfabeta della questione.

Secondo: come si dovrebbe sapere, da un punto di vista più politico, il mondo sunnita si divide fra un’area cosiddetta dell’asse Turco-egiziano, che è quella dell’Islam dei commerci, delle università, dei porti e delle relazioni con l’Europa, e quello della penisola arabica che è la parte più chiusa, meno sviluppata culturalmente e più reazionaria.

L’arco turco-egiziano (che include tutto il nord Africa, la Turchia e l’area nord orientale del mondo arabo (Siria, Libali, Iraq) ha dato vita a rivoluzioni militari-nazionaliste tendenzialmente secolarizzanti (Turchia, Tunisia, Egitto, Siria, Iraq, Algeria, Libia, Yemen, Sudan), mentre il mondo della penisola arabica è pervicacemente monarchico e tradizionalista (Arabia Saudita, Quatar, Emirati Arabi, Oman, Barhein). Negli anni sessanta le repubbliche militari ebbero un orientamento panarabo e socialisteggiante in buoni rapporti con l’Urss, mentre le monarchie del Golfo ebbero un orientamento pan islamico e nettamente filo occidentale.

Il mondo islamico, dalla fine del settecento (in particolare per l’urto della campagna napoleonica in Egitto e dopo per il colonialismo) ha avuto un lungo e complesso travaglio sia politico che teologico, che ha prodotto movimenti sia teologici che religiosi molto diversi fra loro. Nella penisola arabica, a fine settecento, si affermò il wahhabismo che predicava il ritorno alla purezza dell’Islam originario e l’interpretazione letterale del Corano. Spesso gli islamofobi che giocano a dimostrare il naturale spirito sanguinario di tutti gli Islamici, citando questa o quella sura del Corano, che incita alla distruzione degli infedeli eccetera eccetera, hanno in mente l’orientamento wahhabita più oltranzista (nemmeno tutto lo wahhabismo) e pensano che sia comune a tutto il mondo islamico che, invece, si articola in scuole di pensiero che interpretano in modo molto diverso il Corano. Sarebbe come confondere alcune sette cristiane, come gli Amish, con l’intera Cristianità.

Il wahhabismo, piccola setta all’inizio, acquistò peso ed importanza con la vittoria della dinastia Saud sulla monarchia Hashemita (soprattutto grazie all’appoggio inglese) che consentì di conquistare le città sante e dar vita all’attuale conformazione dell’Arabia Saudita.

Sull’altro versante, in Egitto, verso la fine del XIX secolo prese le mosse la scuola della salafiyya che, pure, postulava una riforma delI’ Islam, ma su un orientamento fortemente influenzato dal classicismo europeo di fine ottocento. Per cui, il salafismo ebbe inizialmente un orientamento tutt’altro che chiuso alla cultura europea. Solo verso gli anni venti, il salafismo ebbe sviluppi per i quali, una parte confluì in scuole ancora più secolarizzanti, mentre una parte venne influenzata dal wahhabismo. A questo secondo filone appartiene la Fraternità Musulmana fondata da Al Banna nel 1928 (e sostenuta dalla banca anglo-egiziana Misr). Ad oggi, il salafismo è quasi identificato con lo wahhabismo e, quindi, con la corrente radicale cui appartengono Al Quaeda e l’Isis, ma, per quanto si possano ritenere prossimi, wahhabismo e salafismo restano correnti diverse, così come i Fratelli Musulmani non sono mai stati assimilabili ad Al Quaeda o, più recentemente, all’Isis rispetto ai quali sono pienamente indipendenti.

Altra distinzione necessaria è quella fra fondamentalismo (radicalismo) islamico o islamismo e Islam. Ovviamente, non tutti gli islamici hanno posizioni radicali o, se preferite, fondamentaliste. L’islamismo è nato con i Fratelli Musulmani, ed ha avuto uno sviluppo relativamente lento in cui una data decisiva è quella della guerra dei sei giorni (1967), che umiliò gli arabi e sconfisse il tentativo laico, socialista e panarabo di Nasser. Ma il grande decollo avvenne in campo sciita, con la rivoluzione khomeinista in Iran (1979). Il regime dello Shah di Persia fu certamente molto duro ed autoritario, ma sicuramente anche molto “modernizzante” e l’Iran degli anni settanta era uno dei paesi più avviati verso la secolarizzazione; la rivoluzione khomeinista dimostrò il carattere di modernizzazione dall’alto del tentativo dello Shah e quanto fosse profonda l’adesione popolare alle posizioni dell’Islam sciita. Nello stesso tempo, il regime dello Shah non è passato invano ed ha lasciato un sedimento durevole soprattutto nelle città (ed inoltre un esercito moderno e molto efficiente, ma sempre leale verso il governo in carica).

Il fondamentalismo non è una corrente religiosa (come ad esempio il wahhabisno o la salafiyya, per quanto queste abbiano generato movimenti politici), ma una corrente esplicitamente politica che tende alla ricostruzione dell’unità statuale dell’Umma dei fedeli, attraverso la restaurazione del Califfato esteso a tutto il mondo islamico, nella versione sunnita, ed all’Imamato nella versione sciita. In entrambi i casi politica e religione si intersecano indissolubilmente, ma restano aspetti distinti.

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