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Stato Islamico: orrore e propaganda in rete, meno male che ci sono gli hacker

Decapitazioni di massa, odio e terrore. E' l'Isis che avanza. E mentre i media tradizionali - tv e giornali on line - si interrogano su cosa far vedere al grande pubblico, attraverso la rete l'Isis diffonde indisturbata la sua ideologia estremista. E' la propaganda del terrore che nessuno sembra in grado di contrastare, tranne un gruppo di internauti fuorilegge ricercati dalle polizie postali di mezzo mondo. Che questa volta sembrano chiudere un occhio...

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In uno spiazzo polveroso tra case semidistrutte c'è una gabbia da circo circondata a buona distanza da militanti dell'ISIS, tutti rigorosamente con il volto coperto. Uno avanza di un passo e appoggia la sua torcia su una miccia fatta di segatura imbevuta di benzina. Il fuoco avanza veloce. Chiuso dentro una gabbia, calmo, nella solita tuta arancione da prigioniero c'è il pilota giordano catturato alcune settimane prima. Mentre le fiamme lo avvolgono, porta le mani al viso e resta immobile fino a che il fuoco non gli toglie la vita. Minuti agghiaccianti di interminabile follia disponibili alla visione di chiunque, anche di un adolescente, senza alcun filtro.

Ieri il calmo mare di Sirte, sulle coste della Libia, si è bagnato del sangue di 21 cristiani copti egiziani, decapitati senza pietà da altrettanti combattenti dell'ISIS. Stesso copione, stesse atrocità, stessa propaganda mediatica di facile reperimento e consumo.

Sulla rete non si contano le foto e i video che ripropongono la guerra in Siria ed in Iraq (da alcune settimane anche in Libia) in tutta la loro ripugnanza. Una guerra senza regole che colpisce principalmente persone inermi e che fa dell'esaltazione della violenza una parte importante della sua spinta ideologica. Violenza, tanta violenza, un uso sapiente di musiche, dissolvenze, internet e una parvenza di Islam, relegata per lo più nelle musiche di sottofondo dei video e nei proclami esaltati e farneticanti che li accompagnano.

E pensare che Youtube, il più grande social media del mondo, è in grado di riconoscere in tempo reale tutti i contenuti coperti da copyright in qualunque parte del mondo. Provate a caricare una canzone di Sanremo e vedrete... E allora perché non bloccare le atrocità pubblicate dai supporter dello Stato Islamico? Libertà di informazione? E le tanto sbandierate policy interne? Per non parlare dei governi e delle loro possibilità di bloccare ogni contenuto disponibile in rete in pochi secondi. Che fanno? Dormono? Sarebbe più indicato dire, a conti fatti, che prestano il fianco ad una propaganda martellante che raggiunge comodamente nelle proprie case centinaia di migliaia di giovani e giovanissimi europei. Un bel contributo all'indottrinamento che viaggia indisturbato sulla rete, salvo poi correre ai ripari con leggi che vietino la partenza dei ragazzi verso zone di guerra o ancora meglio il loro rientro.

Le recenti modifiche alle policy interne sulla pubblicazione di contenuti che inneggiano al terrorismo introdotte dai principali social network (Youtube, Twitter e Facebook) non sono sufficienti a contrastare la propaganda del califfato. L'ISIS, e la galassia di supporter che ha in rete, continunano a pubblicare indisturbati gli agghiaccianti filmati di decapitazioni e crocefissioni, sapientemente rilanciati via twitter.

Di fronte a questa escalation mediatica i governi occidentali, lo abbiamo detto, sembrano impotenti. A questo punto, per metterci una pezza, è intervenuta la più famosa rete di hacker al mondo: Anonymous. Conosciuti per le loro imprese contro siti governativi occidentali ed enti economici, gli esperti anonimi navigatori di Anonymous hanno lanciato la loro sfida al Califfato. Solo nella giornata del 16 febbraio sono riusciti ad oscurare 800 canali twitter, 12 profili Facebook e 50 indirizzi email. Un vero successo, aggiungerei non violento, che colpisce al cuore lo Stato Islamico, molto più delle bombe o dei dibattiti insulsi a cui ci tocca assistere quotidianamente.

Purtroppo non siamo tutti hacker e non possiamo fare altrettanto. Possiamo però segnalare tutti i contenuti che non ci sembrano appropriati chiedendo ai gestori dei social media di oscurarli. E' un gesto semplice che può unirsi alla memoria di tutti coloro che stanno pagando il prezzo più alto di tali atrocità.

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