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Start-up Nation. Israele e i laboratori dell’innovazione

“Laboratorio Israele” è un’opera polivalente e avvincente che narra storie molto significative sulle nuove tecnologie e sullo spirito d’impresa (Dan Senor e Saul Singer, Mondadori, 2012, 291 pagine).

Israele è una nazione di 7 milioni di abitanti, ha un’economia che è cresciuta di 50 volte in sessant’anni ed è diventata una piccola capitale mondiale delle nuove tecnologie. La crisi economica non è ancora finita, tutto il mondo necessita di innovazione e Israele può fornire risorse umane e tecnologiche a tutti i paesi disposti a investire nel presente e nel futuro: “Nel 2008 gli investimenti di venture capital in Israele erano 2,5 volte più elevati che negli Stati Uniti, oltre 30 volte più elevati che in Europa, 80 volte più che in Cina e 350 volte più che in India”.

In Israele, dopo gli Stati Uniti, c’è il maggior numero di aziende appartenente al NASDAQ e ce ne sono addirittura di più di tutti i paesi europei messi insieme. Inoltre la popolazione israeliana ha la concentrazione procapite più alta di lauree, di dottorati e di pubblicazioni scientifiche. Del resto gli israeliani sono al primo posto nel mondo per la percentuale di Pil investita nella ricerca. Quindi viene confermata la tesi di Robert Solow (premio Nobel per l’Economia): l’innovazione tecnologica è la fonte principale della crescita economica: ne determina circa l’80 per cento del totale.

Naturalmente bisogna promuovere le persone intelligenti e dotate di spirito critico, ben disposte al rischio e agili nel riadattare le idee. Persone che devono essere in grado di accettare le lezioni dei primi probabili insuccessi per evitare di sprecare energie preziose da impegnare in nuovi progetti. In questo compito l’esercito israeliano con il lungo servizio obbligatorio di tre anni è stato sempre una scuola di sopravvivenza e di competenze manageriali da reinvestire nel civile. Le necessità più vitali aguzzano l’ingegno e trasformano i punti deboli in punti di forza molto speciali.

Gli israeliani sono molto pragmatici e meritocratici e così sono riusciti ad allevare pesci nel deserto. Un tecnico anticonformista può arrivare a sfruttare le tecniche di miniaturizzazione utilizzate nella fabbricazione dei missili per creare delle video-pillole in grado di effettuare diagnosi mediche più accurate. E “le telecomunicazioni hi-tech sono diventate uno sport nazionale per una forma di difesa dalla condizione claustrofobica che caratterizza la vita in un piccolo paese circondato da nemici” e boicottato dagli Stati della Lega araba (Orna Berry, donna d’affari).

L’aviazione israeliana ha instaurato un sistema dei rapporti che insegna “ai piloti che gli errori sono ammessi, purché siano colti come opportunità per migliorare la performance individuale e quella di gruppo… La tradizione militare israeliana è l’assenza di tradizione. Comandanti e soldati non devono restare attaccati a un’idea o a una soluzione solo perché ha funzionato in passato”. Tutti possono essere criticati pubblicamente da tutti, anche un generale dai suoi “sottoposti”. Invece negli Stati Uniti e in quasi tutti gli altri paesi “un singolo che perde un fucile va incontro a conseguenze molto più pesanti di quelle che deve affrontare un generale che perde una guerra” o che la gestisce male (Paul Yingling, tenente colonnello statunitense).

Perciò “le grandi organizzazioni, siano esse militari o imprenditoriali, devono sempre guardarsi dalla prona obbedienza e dal pensiero unico. Perché a causa di essi l’intero organismo può avvitarsi in tremendi errori. Ma nonostante ciò, molti eserciti e molte aziende tendono a sacrificare la flessibilità alla disciplina, l’iniziativa all’organizzazione e l’innovazione alla prevedibilità”.

A causa della burocrazia sacrificano l’irregolarità e la fluidità che stimolano la creatività (Howard Gardner, www.howardgardner.com, psicologo della Harvard University). In realtà in molte occasioni “La cosa più prudente da fare è osare” (Shimon Peres, politico).

Lo spirito antigerarchico e anticonformista permette l’affermazione e la rielaborazione delle nuove idee ed è presente a tutti i livelli istituzionali: esercito, università, società pubbliche e private. Inoltre “la struttura sociale è molto semplice. Tutti conoscono tutti” (Yossi Vardi, uomo d’affari). Comunque quando si vuole creare una cultura aziendale dell’innovazione “la paura di una perdita si rivela più forte della speranza di un guadagno” (Dov Frohman, fondatore della Intel Israel).

D’altra parte la religione ebraica “è un libro aperto” alla discussione. Infatti per i rabbini la Bibbia va interpretata e il Talmud è la “ponderosa raccolta delle plurisecolari dispute rabbiniche sull’interpretazione della Bibbia e sull’osservanza delle sue leggi; la corrispondente inclinazione al contraddittorio è profondamente impressa non solo nella religione ebraica, ma anche nel carattere nazionale di Israele”.

In effetti le attuali traduzioni della Bibbia risultano molto ambigue, poiché originate dalle prime traduzioni e interpretazioni di testi sviluppati con parole formate solo da lettere consonanti (forse per risparmiare la preziosa pergamena e l’inchiostro). Ed è interessante segnalare che la zona più povera di Israele è quella dove è presente una minoranza religiosa ultraortodossa che è anche la più prolifica del paese. In un certo senso questa popolazione è molto simile a molte società fondamentaliste islamiche che bloccano quasi tutte le innovazioni sociali.

Israele è una nazione fondata sull’immigrazione e sulla conoscenza che valorizza le mediazioni politiche molto utili, oneste e lungimiranti. Quindi “è piuttosto il contrario di uno Stato ebraico monodimensionale… è il melting pot monoteista di una diaspora che ha riportato con sé la cultura, la lingua e i costumi dei più diversi angoli della terra” (David McWilliams, economista irlandese).

Anche per questo motivo la repubblica israeliana può rappresentare il partner ideale per le aziende che hanno la necessità vitale di commercializzare a livello mondiale. E bisogna considerare che la vera “innovazione è un processo cooperativo a più livelli: squadra, impresa, paese, mondo”. In realtà molte innovazioni israeliane sono riadattamenti intelligenti delle tecnologie americane.

 

Dan Senor è editorialista del “Wall Street Journal”, è membro del Council Foreign Relations (www.cfr.org) e si occupa di geopolitica. Per alcuni approfondimenti video: www.youtube.com/watch?v=djrwWoSYiH0, www.youtube.com/watch?v=UsbvzLIVeQg.

Saul Singer è editorialista del “Jerusalem Post” (www.jpost.com). Per alcuni approfondimenti video: www.youtube.com/watch?v=0aP0tSmAF-E, www.youtube.com/watch?v=afe6OK_skMU.

Nota personale – In Israele è stata sviluppata un’applicazione con una funzione simile a quella Uber, che permette la realizzazione di una vera economia della condivisione. Infatti non sono previsti i diritti di intermediazione e i vantaggi sono tutti ripartiti tra il guidatore e il passeggero. Per maggiori informazione si può visionare questo sito: www.lazooz.net

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