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Stare uniti per raccontare un processo

"Restiamo uniti!". Si, ma San Remo non c'entra, o meglio, c'entra, ma non come la intendono Gianni Morandi & Co. Me ne vogliano i partecipanti della competizione canora, ma qui c'è in gioco qualcosa di più. C'è in gioco una democrazia e il suo esercizio attraverso la conoscenza.

Per esercitarla, la democrazia, occorre unione, almeno nell'intenzione dell'esercizio. Così come nelle professioni. Nel caso specifico l'unione d'intenti deve essere quella di fare il giornalista. Di informare. Di raccontare. Da raccontare c'è un processo, da informare ci sono milioni di persone comune e migliaia di imprenditori che devono sapere cosa è e chi è la mafia nel nord Italia.

Da raccontare c'è un processo a Milano che si sta svolgendo nelle aule bunker del capoluogo lombardo. E di spazio concesso a questo stesso processo sembra essercene poco ai tempi della P4 e dell'ennesimo calcio-scommesse. Così occorre che qualcuno, tra i giornalisti, lanci un appello per continuare a raccontarlo quel processo, partito lo scorso 11 maggio nella maxi-aula della Corte d’Assise d’Appello di Milano.

Ed è un appello che condivido, perché quel processo prende avvio dalle inchieste Il Crimine e Infinito, che lo scorso luglio portarono in carcere più di 300 affiliati alla 'ndrangheta tra Lombardia e Calabria, mettendo in evidenza, tra gli altri, i forti collegamenti del mondo mafioso con quello politico-imprenditoriale anche lombardo.



A evidenziare la poca voglia e probabilmente le poche possibilità date dai giornali ai propri cronisti di raccontare questo processo era stato in questi giorni Nando Dalla Chiesa, così siamo arrivati a un appello, un messaggio per tutti coloro che dovrebbero raccontarlo questo processo.

A lanciare il messaggio "Restiamo uniti!" è Giuseppe Catozzella, giornalista e scrittore (il mio umilissimo blog l'ha intervistato sul libro "Alveare") che quello che accade nella Milano stretta nella morsa dell'economia criminale prova a raccontarlo con la propria penna, lanciando a tutti gli operatori dei media un messaggio molto forte, a partire da queste prime righe
 

Sono convinto sia profondamente sbagliato sottomettersi alla logica dell'audience che vuole sia la quantità di vendite a fare da amplificatore di una verità scritta nero su bianco. Solo se uno scrittore, un giornalista, un regista, un attore sono già arrivati a tantissima gente allora fa comodo ai grandi giornali o alle tv parlare di ciò che essi dicono nelle loro opere. 
No, ciò che un libro, un'inchiesta giornalistica, un documentario, uno spettacolo teatrale, anche solo un articolo di cronaca giudiziaria racconta sta prima di quanto ha venduto. Bisognerebbe considerare l'oggetto e non il consenso che ne deriva e in quale quantità.


Basterebbe questo incipit di poche righe per spiegare la validità del messaggio di Giuseppe a tutti coloro che questo processo devono raccontarlo. Un messaggio che condivido pienamente, un messaggio che Vi invito a leggere qui.

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