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Spending review, il Governo chiede il nostro aiuto

La questione è semplice, nella sua perversa complessità. Servono 4 miliardi di euro. Ora, visto che mettere altre tasse vorrebbe dire far piovere sul bagnato nel mezzo di una bufera, il Governo ha dovuto cercare una via alternativa: la spending review, ossia: i tagli alla spesa.

Dal sito del Governo leggiamo che:

"Nel complesso, la spesa pubblica “rivedibile’’ nel medio periodo è pari a circa 295 miliardi di euro. A breve termine, la spesa rivedibile è notevolmente inferiore, stimabile in circa 80 miliardi. Nell’attuale situazione economica, il Governo ha ritenuto necessario un intervento volto alla riduzione della spesa pubblica per un importo complessivo di 4,2 miliardi per l’anno 2012, al quale tutte le amministrazioni pubbliche devono concorrere. Questo importo potrebbe servire, per esempio, ad evitare l’aumento di due punti dell’IVA previsto per gli ultimi tre mesi del 2012. Una riduzione di 4,2 miliardi, da ottenersi in 7 mesi (1° giugno-31 dicembre 2012) equivale a 7,2 miliardi su base annua e corrisponde perciò al 9% della spesa rivedibile nel breve periodo (80 miliardi).

Vengono poi indicati gli undici interventi di per la revisione della spesa, in particolare:

1) revisione dei programmi di spesa e dei trasferimenti, con l'eliminazione delle spese non necessarie;

2) ridimensionamento delle strutture dirigenziali esistenti;

3) razionalizzazione delle attività e dei servizi offerti sul territorio e all’estero, riducendo costi e razionalizzando la distribuzione del personale;

4) riduzione, anche mediante accorpamenti, degli enti strumentali e vigilati e delle società pubbliche;

5) riduzione in termini monetari della spesa per l’acquisto di beni e servizi anche mediante l’individuazione di responsabili unici;

6) ricognizione degli immobili in uso; riduzione della spesa per contratti di affitto, definizione di precise connessioni tra superficie occupata e numero degli occupanti;

7) ottimizzazione dell’utilizzo degli immobili di proprietà pubblica anche attraverso compattamenti di uffici e amministrazioni;

8) restituzione all’Agenzia del Demanio degli immobili di proprietà pubblica eccedenti i fabbisogni;

9) estensione alle società in house dei vincoli in materia di consulenza;

10) eliminazione, ad eccezione di casi eccezionali riferibili per esempio a rapporti con autorità estere, di spese di rappresentanza e spese per convegni;

11) proposizione di impugnazioni di sentenze di primo grado che riconoscano miglioramenti economici o progressioni di carriera per dipendenti pubblici, onde evitare che le stesse passino in giudicato”.

E' stato pure nominato un supercommissario per la revisione della spesa pubblica: Enrico Bondi, quello che ha risanato Parmalat, prima di venderla ai francesi. Ma, si sa, 60 milioni di teste sono meglio di una, così il Governo chiede il nostro aiuto. Ci chiede di andare sul sito e di segnalare sprechi e possibili tagli.

Il punto è che questi tagli non riguarderanno tutti: Quirinale, Corte Costituzionale e Parlamento ne sono esonerati, in quanto organi costituzionali. Ora, passi per i primi due, ma il Parlamento è composto di gente che ELEGGIAMO NOI, nonostante il porcellum, e che è espressione della volontà popolare.

Dunque, costoro devono sottostare alla nostra volontà.

Lanciamo qui una campagna, andiamo davvero sul sito del Governo e scriviamo:

"Tagliare il numero dei parlamentari: max 500. Tagliare gli stipendi di costoro e del personale di camera e senato: max 3000 euro. Apertura da lunedi e venerdi"Sembrerà una banalità, ma non è così. Ogni cittadino italiano spende 27,15 euro per il Parlamento rispetto agli 8,11 euro dei francesi, quasi sette volte in più che in Inghilterra (4,18 euro) e dieci volte più che in Spagna (2,14 euro pro capite).

Diciamo basta! In tempi di crisi dobbiamo allinearci ai nostri compagni di sventura. Gli spagnoli pagano 2,14 euro pro capite; se entro dicembre non sarà fatto nulla, chiediamo indietro i 25 euro di differenza tra la nostra spesa e quella spagnola.

Avanzerebbe 1 centesimo, quello glielo lasciamo. Si sa, anche quando il servizio lascia a desiderare, gli italiani lasciano la mancia.

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.56) 4 maggio 2012 19:51

    Per una riscossa >

    Da dicembre il Debito è cresciuto di altri 100 miliardi e sfiora ormai quota 2000. Sono oltre 80 mld all’anno di interessi da pagare. La disoccupazione è ormai al 10% e la pressione fiscale supera il 45%.

    Si allunga la lista dei “sacrifici” e non c’è alcun “segno” di inversione. Mancando una ricetta “politica” anti-crisi si procede per “tentativi di aggiustamento” in attesa di tempi migliori.
    Cosa fare?
    Bastano 3 mesi, se si vuole, per dare “corpo” alla spending review, per sistemare la riforma del lavoro, la legge elettorale ed i “rimborsi” ai partiti.
    Resta poi tutto il tempo per tornare alle urne entro ottobre.
    Per i partiti la “chiamata alle urne” è la vera sfida “politica” di capacità progettuali/propositive. E’ il passaggio “obbligato” per la formulazione di strategie di governo incisive e tempestive.
    Basta un semestre per poter “scegliere” ed imboccare, per tempo, una via d’uscita. Altrimenti la crisi continuerà ad avvitarsi più che Se fosse stagnazione

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