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Sorveglianza alle frontiere, droni e militarizzazione del Mediterraneo

Le frontiere sono essenziali per dividere e invisibilizzare, negare corpi ed identità, cancellare sogni e speranze, annullare i diritti e la cittadinanza. Per delimitare i confini e separare gli uni dagli altri sono indispensabili le guerre e gli eserciti ed è imprescindibile trasferire quotidianamente sempre più risorse finanziarie dal welfare al complesso militare-industriale. Sono necessarie armi tecnologicamente sofisticate, meglio ancora se chirurgiche ed invisibili, che siano in grado di uccidere comunque ed ovunque. 

Che colpiscano senza che chi le usa possa essere colpito. Dispositivi bellici che occultino crimini, orrori ed errori. Che possano vedere senza essere visti e che possano spiare senza essere spiati. Velivoli, veicoli, imbarcazioni e sottomarini del tutto automatizzati, controllati a distanza, centinaia e migliaia di chilometri lontano.

 

Quella scatenata contro i migranti e le migrazioni è una guerra per la “difesa” delle frontiere, moderna e globale. E ha sempre più bisogno di sistemi di intelligence ed annientamento rapidi ed indolori (per chi li usa), iperautomatizzati per narcotizzare le coscienze e la democrazia degli Stati belligeranti, deresponsabilizzare i carnefici e occultare i corpi e le storie individuali e collettive delle vittime. I droni in mano all’Unione europea, alle sue flotte aeronavali e alle agenzie di “controllo” dei confini terrestri e marittimi, sono l’ultimo atto del progressivo e inarrestabile processo di trasformazione del continente in un’inespugnabile città-fortezza del neoliberismo, degli egoismi, delle ingiustizie e delle disuguaglianze. Non bastava l’orgia di cannoniere e cannoni, fili spinati, videocamere elettroniche, pattuglie superarmate e cani lupo addestrati a mordere e ad odiare. Sono necessari sensori in grado di captare dall’alto, silenziosamente, l’ultimo respiro di chi affoga disperato in mare, di immortalare il volto straziato della madre che invoca il figlio inghiottito dalle onde. L’uso dei droni per sorvegliare le tragedie migranti evidenzia la corrotta tele-necrofilia che alimenta scelte ed azioni degli strateghi della difesa dell’identità bianca. Sono uno dei simboli peggiori del processo di disumanizzazione di un’intera generazione (i matusa-europei), incapace di prendere coscienza della propria inesorabile fine.

La guerra ai migranti con i droni d’Israele

Il 20 ottobre 2020, il quotidiano britannico The Guardian ha reso noto che Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (European Border and Coast Guard Agency) ha affidato al colosso aerospaziale Airbus e a due società israeliane il servizio di “sorveglianza aero marittima” con l’utilizzo di droni per intercettare le imbarcazioni di migranti che attraversano il Mediterraneo. Le operazioni dovrebbero prendere il via dai primi mesi del 2021 dopo una serie di prove tecniche che i contractor effettueranno nell’isola greca di Creta. Due i contratti sottoscritti, entrambi del valore di 50 milioni di euro: il primo con il consorzio Airbus – Israel Aerospace Industries (IAI), il secondo con l’azienda privata Elbit Systems Ltd. di Haifa.[1]

La notizia è stata confermata dall’autorevole quotidiano israeliano The Jerusalem Post che ha pure fornito inediti dettagli sull’accordo. In particolare è stato rivelato che Israel Aerospace Industries, la principale holding del complesso militare industriale israeliano, fornirà in leasing un aeromobile a pilotaggio remoto per operazioni a quote intermedie e a lungo raggio MALE RPAS (Medium Altitude Long Endurance Remotely Piloted Aerial System) classe “Heron”. “L’accordo con l’agenzia Frontex dell’Unione europea ha come fine quello di assicurare il servizio di pattugliamento marittimo e la protezione delle coste”, riportava The Jerusalem Post. “Esso conferma la fiducia nelle performance del drone navale Heron che è già stato testato a Creta nel 2018 e in molte altre operazioni delle forze armate israeliane”.

Le rotte destinate alle attività di volo del velivolo senza pilota saranno individuate all’interno dello spazio aereo europeo in accordo con le agenzie preposte al regolamento del traffico civile. “Poter volare nello spazio europeo civile europeo è un importante passo avanti per il nostro gruppo industriale nonché una prova concreta della capacità del nostro sistema a pilotaggio remoto di spostarsi all’interno delle rotte civili”, ha dichiarato Moshe Levy, general manager per il settore aerospaziale di Israel Aerospace Industries. “Sono certo – ha aggiunto Levy - che questo contratto ci aprirà la porta ad altri mercati in ambito commerciale civile”.[2]

I termini di riferimento e le finalità dei due contratti firmati l’1 ottobre 2020 sono consultabili da qualche settimana nella specifica banca dati dell’Unione Europea. Il primo di essi, classificato con il codice 2020/S 196-473315, ha come primo contractor l’Airbus DS Airborne Solutions GmbH di Brema (Germania), società controllata da Airbus Defence and Space, la divisione aerospaziale militare del gruppo Airbus. La società contrattata dovrà fornire una piattaforma RPAS con le relative attrezzature di comunicazione, raccolta e trasmissione dati a un portale remoto, la memorizzazione delle missioni, il controllo e l’assistenza da parte degli operatori dei droni con collegamenti radio e via satellite.

“Il servizio sarà fornito in Grecia, e/o in Italia e/o a Malta con le modalità che saranno previste dall’accordo che sarà definito tra Frontex e il contractor”, specifica Frontex. “Il contratto del valore di 50 milioni di euro IVA esclusa potrà essere affidato a un subappaltatore nella quota del 60%, con la fornitura del sistema a aereo a pilotaggio remoto, dei servizi di telecomunicazione satellitare e delle attrezzature di ricambio, la manutenzione del velivolo e la formazione e l’addestramento del personale di Airbus DS”.

La preferenza del colosso aerospaziale europeo per il drone marittimo “Heron” è stata determinata dalle caratteristiche tecniche del velivolo e dalle performance ottenute durante l’impiego in ambito bellico e nel controllo dell’ordine pubblico da parte delle forze armate e di polizia israeliane. I droni della serie “Heron” sono stati utilizzati principalmente contro la popolazione palestinese. L’organizzazione non governativa statunitense Human Rights Watch in un report del giugno 2009 ha documentato l’utilizzo degli “Heron” durante l’assalto israeliano a Gaza tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009 (Operazione Piombo Fuso), con la conseguente uccisione di decine di civili.[3]

Gli “Heron” sono utilizzati anche dall’esercito tedesco in Afghanistan grazie a un contratto di leasing con Airbus che, come abbiamo visto, è il “socio europeo” dell’israeliana IAI. Le prestazioni del drone nello scacchiere afgano hanno però generato in Germania più di una perplessità tra i militari e le forze politiche, dato che ad oggi sono già quattro i velivoli “dispersi” in missione a causa di incidenti tecnici di vario tipo. L’ultimo di essi è accaduto a metà novembre 2020: un “Heron” della Bundeswehr è precipitato in un’area disabitata ad est di Mazar-e-Scharif, durante un tentativo di atterraggio d’emergenza.[4]

Il velivolo senza pilota prodotto da Israel Aerospace Industries può volare ininterrottamente per 24 ore a un’altitudine di 35.000 piedi, in tutte le condizioni atmosferiche. Ha un raggio operativo di 1.000 miglia e oltre a svolgere missioni di intelligence e sorveglianza può essere impiegato per lo strike missilistico contro obiettivi terrestri e navali. Airbus ha assicurato che il velivolo preso in leasing non sarà in grado di trasportare armi e che sarà dipinto interamente di bianco con le insegne dell’agenzia Frontex. L’RPAS sarà dotato di sistemi elettro-ottici per le missioni diurne ed infrarossi per scopi notturni; di un radar per il pattugliamento marittimo fornito ancora dall’israeliana IAI e delle apparecchiature di comunicazione e trasmissione delle informazioni in tempo reale. La piattaforma utilizzerà un collegamento diretto per i voli all’interno della linea di visibilità (Line of Sight – LOS) e uno satellitare per i voli oltre la linea di visibilità (Beyond Line of Sight – BLOS), mentre le informazioni raccolte saranno trasmesse al centro di comando e controllo di Frontex e ai centri delle Guardie costiere dei paesi UE.della Zona Economica Esclusiva (ZEE) islandese.[14][20]

Secondo il capitolato tecnico della gara per la fornitura del velivolo a pilotaggio remoto, i servizi forniti da Leonardo S.p.A. consisteranno nell’effettuazione di missioni di sorveglianza marittima in volo, nel trasferimento delle informazioni e dei dati acquisiti al Centro di Coordinamento Nazionale “per il successivo utilizzo e l’eventuale distribuzione a referenti istituzionali predeterminati”, nonché nell’erogazione di corsi di formazione a quattro piloti, due della Polizia di Stato e due del Corpo della Guardia di Finanza, per il controllo dell’UAV dalla stazione terrestre.

Il pacchetto fornito da Leonardo comprende l’equipaggiamento tecnico (RPAS di tipo Medium Altitude Long Endurance, stazione di controllo a terra, sensori, ecc.) e il supporto tecnico-logistico necessario. La sorveglianza aeromarittima sarà svolta di giorno e di notte, “con un’autonomia di almeno 12 ore, non rilevabile visivamente o acusticamente ad almeno 6.000 piedi di quota e in grado di identificare oggetti di due metri di grandezza a una distanza di quattro chilometri”. Il drone opererà da un aeroporto che sarà definito nelle prossime settimane dal Ministero tra quello di Trapani-Birgi, Lampedusa o Ragusa-Comiso.

Saranno svolti in particolare la “sorveglianza di aree predefinite alla ricerca di punti specifici”, la “rilevazione, identificazione, tracciamento e monitoraggio degli oggetti di interesse”, la “correlazione tra le tracce”, l’“immediata fornitura all’operatore tattico del contenuto dell’analisi” e delle immagini e dei video raccolte dai sensori di bordo al Centro di Coordinamento Nazionale e al Sistema Europeo di Sorveglianza delle Frontiere (NCC/EUROSUR). “Il NCC/EUROUR rappresenta ai sensi del regolamento UE 1052/2013 il naturale nodo di scambio delle informazioni anche di livello EU Restricted tra i Paesi Membri e l’Agenzia Frontex”, riporta il Dipartimento di Pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno. “Esso è il luogo deputato a ricevere tutte le informazioni inerenti al fenomeno migratorio, tra cui quelle relative agli eventi di ricerca e soccorso in mare che hanno origine anche dal traffico e dalla tratta di esseri umani, al fine di poter coordinare il sistema nazionale di sorveglianza delle frontiere”.[21]

Gli artigli del Predator

Un contributo al monitoraggio delle acque del Mediterraneo e all’intercettazione delle imbarcazioni con migranti in rotta verso le coste dell’Italia meridionale è stato fornito a partire del marzo 2014 dall’Aeronautica militare con il rischieramento nella grande aerostazione di Sigonella di alcuni velivoli a pilotaggio remoto RQ-1 “Predator” provenienti dalla base di Amendola (Foggia). Per gestire le attività di questi droni prodotti dal colosso statunitense General Atomics, il 10 luglio 2017 è stato pure attivato nella base siciliana il 61° Gruppo Volo AMI. Dal punto di vista operativo i velivoli si interfacciano con le unità aeree e navali delle forze armate nazionali e NATO e con quelle assegnate alle missioni militari UE nel Mediterraneo (attualmente EUNavFor Med Irini, in passato Sophia), nonché con i droni d’intelligence e sorveglianza terrestre AGS della NATO (il comando alleato istituito anch’esso a NAS Sigonella ha più volte ribadito la disponibilità a impiegare il sistema AGS anche per il contrasto dell’immigrazione clandestina e dei traffici di esseri umani).

Doveroso segnalare che il 20 novembre 2019 un “Predator” dell’Aeronautica italiana è precipitato in territorio libico. L’incidenteha creato un certo imbarazzo tra le autorità politiche e militari; come rilevato dall’analista Gianandrea Gaiani, "l'Italia non ha spiegato

Nell’omettere qualsivoglia riferimento alla tipologia del drone impiegato e alle possibili cause dell’incidente, la Difesa ne ha giustificato l’impiego in un’operazione (Mare Sicuro)General Atomics Aeronautical Systems Inc. hanno avviato una serie di test di volo con una nuova versione dell’MQ-9, appositamente prefigurata allo svolgimento di operazioni di sorveglianza marittima, presso la base aerea greca di Larissa, in collaborazione con l’Aeronautica militare ellenica.[25] Il nuovo drone, denominato “SeaGuardian” è stato equipaggiato con un sofisticato radar e un sistema di ricezioni dati da unità navali di grandi dimensioni per soddisfare una delle richieste più impellenti di Frontex per il controllo del Mediterraneo.[26]

 

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