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Siria. L’appello per liberare blogger, giornalisti e attivisti

Mentre il mondo auspica che il piano in sei punti di Kofi Annan per porre fine alla violenza in Siria abbia successo e che, condizione necessaria e indispensabile, il presidente siriano Bashar al-Assad dopo averlo accettato lo attui davvero, Yara Badr attende con ancora maggiore urgenza che suo marito torni a casa. Vivo.

Mazen Darwish (nella foto), il direttore del Centro siriano per l’informazione e la libertà d’espressione, risulta “desaparecido” dal 16 febbraio. Quel giorno uomini in borghese appartenenti ai servizi segreti dell’Aeronautica fecero irruzione negli uffici del Centro, a Damasco, arrestando 16 persone tra giornalisti, blogger, attivisti per i diritti umani e visitatori che si trovavano casualmente nell’edificio.

 

Sei donne (la nota blogger Razzan Ghazzawi, Sanaa Mohsen, Mayada Khalil,Rita Dayoub, Maha Assabalani e la stessa Yara Badr, codirettrice del Centro) furono rilasciate dopo 48 ore insieme a una visitatrice, Hanadi Zahlout, con l’obbligo di presentarsi ogni giorno, dalle 9 di mattina alle 2 di pomeriggio, agli uffici dei servizi segreti dell’Aeronautica, per “ulteriori interrogatori”. Il 12 marzo è stato rilasciato anche Shadi Yazbek, un secondo visitatore che si trovava per caso nell’edificio al momento del raid.

Insieme a quelle di Mazen Darwish, dal 16 febbraio sono agli arresti anche di Hani al-Zitani, Abd al-Rahman Hamada, Hussein Gharir, Mansour al-Omari, Bassam al-Ahmed, Ayham Ghazoul e Joan Fersso. Secondo attivisti locali per i diritti umani, gli otto uomini sarebbero stati portati alla sede dei servizi segreti dell’Aeronautica del quartiere di El Mezzeh, nella capitale Damasco.

“Sarebbero”, appunto: nessuno di loro può incontrare avvocati e familiari e queste sono le condizioni che favoriscono la tortura. Secondo il Centro di documentazione sulle violazioni dei diritti umani, almeno 386 detenuti sono morti in carcere dall’inizio della rivolta, il 15 marzo 2011. Per Amnesty International, che ha conteggi propri, dal 1° aprile i morti sotto tortura sono stati oltre 370.

Mazen Darwish sarebbe stato torturato, è in cattive condizioni di salute e ha urgente bisogno di cure mediche che nessuno sa se gli vengano fornite. Yara Badr teme per la vita di suo marito.

Reporter senza frontiere ha lanciato un appello, sottoscritto da una ventina di organizzazioni per i diritti umani e per la libertà d’informazione, chiedendo l’immediata scarcerazione degli otto detenuti. Amnesty International ha fatto altrettanto.

Comunque la pensiate su quello che sta accadendo in Siria, se ritenete che giornalisti, blogger e attivisti per i diritti umani non debbano stare in carcere a rischio di tortura, firmate l’appello!

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