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Sinistra: un Forum a Parigi per costruire insieme l’offensiva

Si è tenuto questo 30 e 31 maggio a Parigi il Forum Europeo delle Alternative: un momento di riflessione del Partito della Sinistra Europea, aperto ad altre formazioni e movimenti di sinistra del continente, per ripensare la strategia dopo la vittoria di Syriza in Grecia. Per l'Italia presenti Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista, i Giovani Comunisti ed esponenti della sinistra diffusa associativa e politica.

La ben rodata macchina organizzativa del Partito comunista francese ha saputo ben gestire l'evento della prima convention programmatica della sinistra europea successiva alle elezioni greche, svoltasi a Parigi in Place de la République. Un enorme tendone, sempre molto affollato di pubblico, per ospitare le sessioni plenarie, nonché vari più piccoli ed altre sale nel nordest della città, per una miriade di discussioni complementari, volte ad arricchire un momento di elaborazione che si presenta di estrema importanza nella pianificazione dell'azione per il prossimo periodo.

Non più solo campagne comuni nei più vari settori e un confronto tra le esperienza realizzate nei diversi Paesi, ma una strategia volta alla presa del potere nei diversi Paesi europei costruendo ampi fronti e alleanze sulla base di programmi antiliberisti. Già emblematico il titolo, incentrato sul tema dell'alternativa come ribaltamento radicale dei rapporti di forza: non solo uno slogan propagandistico, ma obiettivo verso cui delineare concreti percorsi comuni di convergenza. A cambiare le carte in tavola è la vittoria di Syriza in Grecia (presente massicciamente all'incontro, con membri della segreteria nazionale, la Presidente del Parlamento Zoe Konstantopoulou e il Ministro della funzione pubblica Giorgos Katrougalos) e l'aspettativa di una possibile prossima presa del potere di forze di sinistra in Spagna e Irlanda.

L'idea centrale è quindi quella di un cambio di strategia, che negli anni precedenti, del crollo del socialismo reale e del trionfo del neoliberismo, si era caratterizzata per un'ottica resistenziale, nella difesa dei diritti sociali - sanità e istruzione in primis - e delle garanzie dei lavoratori in precedenza conquistate a duro prezzo; ancora, si era tentato di salvaguardare i servizi pubblici e in generale un intervento dello Stato in campo economico, con una funzione di garanzia dell'uguaglianza e della solidarietà sociale. Tali battaglie (si pensi da noi per esempio al tentativo prima di estendere, poi almeno di difendere il contenuto dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori) avevano avuto di volta in volta un esito alterno, ma la tendenza complessiva era stata quella di piegare e aggirare le lotte popolari con un alternarsi di repressione brutale e campagne di disinformazione di massa, gestite da governi di centrosinistra e di centrodestra dai contenuti quasi sovrapponibili (e spesso in effetti alleati in grandi coalizioni di presunta salvezza nazionale). L'Europa è stata sistematicamente usata come grimaldello per smontare le conquiste sociali che rapporti di forza più avanzati avevano nel tempo prodotto nei vari Paesi. Nel frattempo la propaganda mainstream eradicava sistematicamente idee come il conflitto di classe nella società o la pratecipazione popolare in politica, sempre più presentata come puro comitato d'affari della borghesia. Così il voto ha accentuato il suo carattere di delega passiva, sempre più scoraggiato dalla crescente corruzione morale e materiale del mondo politico.

Questa l'analisi di fondo condivisa dai soggetti partecipanti, nella coscienza che l'esigenza di abbandonare l'ottica resistenziale e passare all'offensiva è sorta dalla crisi capitalistica - e quindi dal flop dell'illusione di benessere e crescita infinite che il neoliberismo prometteva - ma è stata realmente posta all'ordine del giorno dalla novità della vittoria di un Partito della sinistra di classe in Grecia. Proprio gli interventi dei greci i più acclamati, con il pubblico levato in piedi con i pugni chiusi e intonando l'Internazionale. Essi hanno posto l'accento non solo sulla necessità di una solidarietà attiva e militante con il popolo e il Governo ellenici, che i creditori e le istituzioni europee cercano in ogni momento e con ogni mezzo di strangolare; ma anche sulla necessità che l'esperienza greca non resti isolata, che in altri Paesi le sinistre entrino nell'ottica di andare al potere sulla base di piattaforme antiliberiste: e poi vi vadano effettivamente, rendendo il cambiamento inarrestabile e le politiche neoliberiste non più eseguibili. Da sola la Grecia potrà infatti difficilmente resistere a lungo alla tenaglia che su di essa si è chiusa.

Queste quindi le sfide, che nella contingenza non possono susseguirsi, ma devono intrecciarsi: contrastare il dominio ideologico del pensiero unico e ricreare un tessuto di solidarietà e coscienza di classe; passare dalla rassegnazione al conflitto sociale; organizzare in modo cosciente il conflitto e politicizzarlo; riconnettere la questione morale e la questione politica con la tematica sociale, rifacendo delle istituzioni un terreno di cambiamento in senso progressivo; costruire dei fronti di unità popolare proponendosi davanti a tutta la classe lavoratrice con piattaforme di misure anticrisi e antiliberiste (come sottolineato da Maite Mola, storica comunista spagnola e vicepresidente del Partito della Sinistra Europea); avanzare la parola d'ordine comune della disobbedienza ai trattati europei in quanto incompatibili con il benessere diffuso delle popolazioni (evidenziata dall'italiano Paolo Ferrero); ottenere entro breve periodo vittorie in altri Paesi europei, per ridurre intando la pressione sulla Grecia e mostrare a tutti i popoli europei che la possibilità di un cambiamento è appena a portata di mano, solo volendolo e organizzandosi conseguentemente. Approfondimenti importanti sono stati dedicati alla questione dei migranti e a quelle della pace e della lotta contro l'imperialismo di NATO e Paesi UE, con una speciale attenzione dedicata al suo espansionismo a Est e al conseguente conflitto ucraino.

Tempo da perdere per le sinistre non ve ne è: la contingenza è dettata dal degrado delle condizioni materiali di vita delle classi popolari e dal rischio che, in assenza di una riposta preogressista, a profittare sia il populismo dei nuovi fascismi, pronto a canalizzare il disagio sociale in uno scontro tra poveri e poverissimi che non tocca i profitti della borghesia; il tutto nel deteriorarsi degli spazi di democrazia ancora esistenti. Un susseguirsi di vittorie sulla base di parole d'ordine avanzate può invece riaprire una battaglia per la definizione di una o più vie europee al Socialismo, in un'ottica di cambiare quest'Europa dall'interno, ma in modo radicale. Gli ultimi vent'anni in Sudamerica forniscono modelli interessanti.

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