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Sia lode al gufo

"Non fate i gufi", si ripete spesso oggi, dopo l’anatema lanciato dal premier Renzi . Eppure un tempo il gufo rappresentava la saggezza, nel Medioevo addirittura era una figura di Cristo. Se oggi si cambia, sarà perché i gufi hanno una vista e un udito straordinari ed eliminano i ratti, bonificando naturalmente l’ambiente? Chi li demonizza, vuole forse una stampa che non veda, non senta e non cacci via i ratti che ammorbano la nostra società? E, dunque, sia lode al gufo!

È di moda in questi giorni prendersela con i gufi. Dopo l’anatema lanciato da Matteo Renzi contro questi amabili rapaci, identificati come uccelli del malaugurio, è diventato un ritornello assai ricorrente negli emuli corrivi del premier, l’invito, rivolto per lo più alla stampa, a “non fare i gufi”.

Eppure nell’immaginario fiabesco del passato il gufo non aveva affatto questo alone iettatorio, ma semmai rappresentava la saggezza. Una leggenda spagnola racconta che il gufo divenne un animale notturno, dal giorno che vegliò sul Cristo crocifisso la notte del Venerdì Santo. Da allora ripete nel suo verso la parola croce (cruz in spagnolo).

Nel Fisiologo, un antico manuale cristiano redatto tra il II e il IV d.C., il libro più diffuso dopo la Bibbia nel Medioevo, in cui si trattano i simbolismi degli animali, delle pietre e delle piante, si va addirittura oltre. Partendo dal versetto 7 del Salmo 101, che recita: «Sono come un gufo tra le rovine», si paragona allegoricamente il gufo a Gesù Cristo, perché «ama più la notte che il giorno. Così anche il Signore nostro Gesù Cristo ha amato noi che stavamo nelle tenebre e nell’ombra della morte». L’antico scrittore si pone il problema di avere forse esagerato nel paragone: evidentemente anche allora c’era una tradizione negativa sui gufi: «Ma tu – spiega - mi dirai il gufo è impuro secondo la legge come lo si può paragonare al Salvatore? Va bene ma come mai l’ Apostolo dice “Colui che non ha conosciuto peccato, si è fatto peccato per noi?”»

Eppure, nonostante il gufo abbia riscattato nel corso della storia la sua immagine lugubre, oggi l’antica leggenda nera sembra rinnovarsi e avere crescente fortuna, collocando nuovamente nell’immaginario collettivo del terzo millennio la simpatica bestiola nel novero degli animali negativi. Mi chiedo perché. Non sarà forse perché i gufi, come i rapaci notturni loro simili, hanno una vista straordinaria e riescono a vedere a colori e nell’ultravioletto, con un potere di risoluzione dei dettagli otto volte superiore rispetto a quello dell’uomo? Perché il loro udito è più fine del nostro e percepisce frequenze di suoni più alte di quelle umane, toccando persino alcune gamme di ultrasuoni? Perché è un animale assolutamente innocuo per l’agricoltura e si ciba soprattutto di ratti, risultando, quindi particolarmente utile all’uomo?

Insomma i gufi ci vedono, ci sentono ed eliminano i ratti, bonificando naturalmente l’ambiente. Chi li demonizza, vuole forse una stampa che non veda, non senta e non cacci via i ratti che ammorbano la nostra società? Vorrebbe al suo posto le note scimmiette che non si accorgono né parlano di nulla?

Mi sembra proprio il caso di riabilitare buon vecchio gufo, dallo sguardo fiero e selvaggio, restituendogli la sua dignità. E, dunque, sia lode al gufo!

Foto: A. André/Flickr

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