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"Segreto di Stato" come eversione: intervista all’ammiraglio Falco Accame

                   

  • M. C.: A quando risale il suo primo incarico che la portò a scontarsi con i cosiddetti “segreti di stato”?
  • F. A.: Iniziai a occuparmi della problematica riguardante il segreto (problematica che include anche la questione specifica del “segreto di stato”) fin dalla mia elezione a deputato nel 1976. Era all’epoca di particolare attualità la vicenda del “Piano Solo”, concepito dal Generale de Lorenzo, che prevedeva, sotto copertura del segreto, un uso illegale dei servizi segreti. Si trattava allora di progettare una legge di riforma (legge che venne concretizzata come 801/77). Tale legge prevedeva la problematica del “segreto di stato” come ‘segreto politico-militare’. Ma la legge non riuscì a dare una precisa definizione di ciò che doveva intendersi per “segreto di stato”. La questione fu rimandata a una successiva legge che però poi non si realizzò. La proposta cui lavorai, che porta la prima firma dell’onorevole Balzamo, è la proposta di legge 835 del 2 settembre 1976. Credo che ancor oggi sia interessante un particolare aspetto che nella proposta di legge che veniva fatto presente, e cioè che si richiedeva l’istituzione di una Commissione Parlamentare, apposita per definire in ultima istanza cosa si intendesse per “segreto di stato”. Si legge nella proposta all’articolo 3: “se il Presidente del Consiglio dei Ministri dichiara l’esistenza di una classificazione e la conferma, l’autorità giudiziaria può, qualora la conoscenza del fatto sia essenziale ai fini dell’accertamento della verità, richiedere la decisione della Commissione interparlamentare per la tutela del segreto, composta in modo da presentare proporzionalmente i gruppi parlamentari di dieci deputati e dieci senatori, eletta da ciascuna della due Camere, ogni volta che si rinnova, con deliberazione adottata a maggioranza, in conformità del proprio regolamento…”. La Commissione decide in base alla richiesta sul carattere segreto delle notizie come tali classificate e, ove lo ritenga, ordina l’esibizione degli atti e dei documenti, in altre parole che sia resa testimonianza. Purtroppo il suggerimento di creare una Commissione Parlamentare per la decidere che cosa sia da considerarsi come “segreto”, in ultima istanza, non è stata realizzata. È stato creato semplicemente un comitato (COPASIR o COPACO), che però non ha il potere di decisione ultima in fatto di segreto, e non ha i poteri di una commissione parlamentare. In proposito, si può osservare che la proposta della creazione di un’apposita Commissione Parlamentare trovò eco in un disegno di legge che venne formulato dal senatore Francesco Cossiga nel 2009. Si legge nell’articolo 1 del testo: quando il COPASIR ritenga che per compiere i suoi accertamenti abbia bisogno dei poteri propri dell’autorità giudiziaria, si costituisce in “Commissione parlamentare d’inchiesta” deliberando a maggioranza dei due terzi dei propri componenti. I poteri d’indagine del comitato in sede di Commissione Parlamentare d’inchiesta non incontrano nell’espletamento dei suoi compiti i limiti previsti per l’autorità giudiziaria e, in particolare, quelli derivanti dalle norme sul segreto di stato.

  • M. C.: Da dove nasce la necessità di occuparsi di storia contemporanea e dei suoi misteri?
  • F. A.: Il mio impegno nasce dalla conoscenza che avevo acquisito, per aver prestato trent’anni di servizio militare, circa le numerose carenze che riguardavano l’ambito militare e quello dei servizi segreti, e dalla indebita copertura di segretezza che gettava una grande oscurità su numerosi aspetti dell’ambito militare, aspetti che invece sarebbero dovuti essere ben conosciuti. Vi erano anche problematiche che risultavano addirittura eversive dell’ordine costituzionale, laddove si attribuivano ai servizi segreti compiti che la Costituzione assegna invece all’apparato militare.

  • M. C.: L’"Operazione Gladio", la struttura supersegreta della NATO, creata per combattere il comunismo, si è rivelata in seguito un centro di destabilizzazione per l’Italia e per altri tre paesi europei che denunciarono per primi la rete segreta: Belgio, Grecia, Francia. In che anno si parlò, per la prima volta, in Italia, di quest’organizzazione?
  •  F. A.: L’atto ufficiale di nascita dell’organizzazione GLADIO è del 1956, all’epoca della firma del protocollo d’intesa fra il SIFAR, comandato allora dal Generale de Lorenzo, e dalla CIA. Tuttavia esistono documenti dai quali si deduce che l’origine sia più remota. L’accordo del ’56 istituì un iter di procedure e di intese più o meno verbali che gli stati maggiori dei paesi Nato avevano messo in piedi tempo prima. Nella deposizione del giudice Casson del 7/11/90, si legge che il senatore a vita Taviani, Ministro della Difesa fra l’agosto del ’53 e il luglio del ’58, racconta che, subito dopo la sua nomina a ministro, l’allora capo di stato maggiore, generale Marras, gli fece avere un colloquio col capo del Sifar, generale Musco, che gli accennò di una struttura anti-invasione già costituita. La struttura, racconta ancora Taviani, era formata da personale civile, in gran parte ex-partigiani. La relazione trasmessa il 24/10/1990 dall’allora presidente del consiglio Andreotti alla Commissione stragi, dice che fin dal 1951, il Sifar aveva messo allo studio un’organizzazione di resistenza, per uniformare e collegare in un unico omogeneo contesto operativo e difensivo, le strutture militari italiane con quelle dei paesi alleati. Quindi di Gladio si cominciò a discutere, almeno in termini operativi, già dai primi anni ’50.

    4. M. C.: I nomi dei migliori “controllori” di Gladio stanno venendo fuori solo ora. In cima alla lista vi era Henry Kissinger. L’organizzazione era legata all'ondata di gangsterismo e terrorismo che colpì il Belgio negli anni '80. Si fa sempre più avanti l'idea o l’ipotesi, in parte complottista, che i terroristi delle Brigate Rosse fossero eterodiretti o usati dalla politica anglo-americana decisa da Kissinger e compagnia e implementata attraverso la mediazione di Gladio. Il 2 luglio 1990, il notiziario italiano TG1 rilasciò un'intervista all'ex agente della CIA Richard Brenneke, che spiegò, grazie alle sue conoscenze personali, come la CIA abbia destabilizzato l'Italia attraverso la P2 e attraverso Gladio. L’iniziativa partì da Ennio Remondino, un giovane giornalista che è stato in grado di seguire le tracce di Gladio. In seguito, a Remondino, è stato chiesto di apparire come ospite della serie televisiva "Sammarcanda" dedicata esclusivamente all’Operazione Gladio. Rifiutò, a causa dell'opposizione di un suo nuovo editore, ma Nuccio Fava prese il suo posto. "Non dimentico, quando si parla di Gladio, l'odio di Kissinger contro Moro", ha sottolineato Fava. In effetti, le prove stanno iniziando ad accumularsi. Documenti, scritti da Aldo Moro durante la sua prigionia nelle mani delle Brigate Rosse, non si riferiscono solo all'Operazione Gladio, ma a Kissinger personalmente. La rivista Panorama pubblicò alcuni passaggi attentamente studiati dai magistrati Jonta e Nitto Palma. Kissinger aveva trascorso molti anni nel tentativo di limitare Moro e la sua influenza, che era senza dubbio il leader politico più prestigioso del suo tempo. Quale fu la linea del Partito Socialista rispetto all’“affaire” Moro?

    F. A.: Si avanza l’ipotesi che i “gladiatori” fossero “eterodiretti” o usati dalla politica angloamericana. Certamente Kissinger era in netto contrasto con le posizioni politiche espresse dall’onorevole Moro, tendenti a portare i comunisti al governo. La sua “ostilità” nei riguardi dell’onorevole Moro era anche legata al linguaggio evasivo e ambiguo in cui Moro si esprimeva: il suo “latinorum”- tra l’altro i traduttori avevano difficoltà a tradurre in inglese quello che Moro “diceva/non diceva”. Qualcuno chiamava Moro con l’ appellativo “dottor Zivago”. Certamente importante fu il contributo di conoscenze fornito da Ennio Remondino.

    5. M. C.: In cosa constò la “linea umanitaria” proposta da Craxi? Ritiene sia opportuno dare voce alle ex BR, ascoltare anche le loro testimonianze, senza pregiudizi di sorta e demonizzazioni, e interpretare le loro versioni alla luce di nuove scoperte e ricerche circa gli eventi storici?

    F. A.: Credo che dietro la “linea umanitaria” di Craxi vi fossero motivazioni di fondo diverse in ambito socialista. La linea umanitaria era certamente diversa nelle motivazioni fornite dal segretario socialista Giacomo Mancini, rispetto a quelle del segretario socialista Craxi. Nella visione di Giacomo Mancini, stava in prima linea il dovere di preservare la vita di un uomo che certamente avrebbe impedito sviluppi golpistici in Italia. Vedi uno per tutte il “piano solo” del Generale de Lorenzo. Nella visione di Craxi, stava in prima linea, l’esigenza di salvaguardare uno spazio politico pluralista, differenziandosi sia dalle linee della DC, la Democrazia Cristiana, sia dalle linee del PC, il Partito Comunista Italiano. Ritengo che ogni sforzo di approfondire le conoscenze sia valido. Tuttavia occorre tener ben presente che in questione non vi è stato solo il “movente politico”, il “regicidio”, o in questo caso il “presidenticidio” (che riguarda l’Onorevole Moro), ma vi è in questione anche la decisione gravissima di uccidere la scorta. Queste modalità si sarebbero dovute evitare. Non ritengo giustificabile tale condotta! Non accetto di considerare in alcun modo che un assassino che ha subito magari la condanna a due ergastoli, possa essere considerato come un semplice “opinionista” o “informato testimone”. A mio parere il “pentitismo” premiale non può coprire la tragica realtà dei fatti. È alquanto ignobile far passare un efferato assassinio come “neutralizzazione” o “eliminazione”. La Commissione Moro sarebbe dovuta essere denominata come “Commissione sul caso Moro e sull’uccisione dei 5 agenti di scorta”. Ma così non è stato!

  • M. C.: Attaccare un uomo come Moro non era assolutamente fuori dalla portata di una struttura come Gladio, che nel 1964, sotto l'allora capo dei servizi segreti, Gen. Giovanni de Lorenzo, aveva raccolto dossier su politici, sindacalisti, intellettuali, vescovi, cardinali, e avevano persino piazzato microfoni nelle stanze private del Papa e del Presidente del Consiglio. Il 9 novembre 1990, su Repubblica, si pubblicò un memorandum preparato nel 1983 dai servizi segreti italiani per il magistrato, Carlo Palermo, che stava indagando sulle relazioni CIA-KGB per il commercio di armi e droghe attraverso la “connessione bulgara”. Nel “memo” si parla di Kissinger, Gelli, Alexander Haig e Theodore G. Shackley, un socio di George Bush della CIA. Shackley era vice capo della stazione della CIA a Roma negli anni '60, ed è stato direttore della CIA per alcune operazioni segrete negli anni '70. Il documento recita in parte: “Fu Ted Shackley che introdusse il capo della loggia massonica, Licio Gelli, ad Alessandro Haig. Fu con l'imprimatur di Haig e Kissinger [Haig era il vice di Kissinger come consigliere per la sicurezza nazionale] nell'autunno del 1969 che Gelli reclutò 400 italiani vicini alla NATO”. Il pretesto fu di fermare la crescita del Partito Comunista Italiano. Inutile dire che la crescita del partito è stata rallentata, e in autunno, l'Italia precipitò nella "strategia della tensione", una continua escalation di terrorismo di destra e di sinistra. Quale fu la posizione del Partito Socialista Italiano di fronte agli “opposti-estremismi”?
  • F. A.: Ritengo che il Partito Socialista Italiano, almeno a partire dall’epoca di Nenni, sia stato certamente contrario sia agli estremismi di destra che di sinistra. Un bell’articolo di Pino Buongiorno, su Panorama del 2 dicembre 1990, dal titolo “Se Nenni morisse…”, tratta in maniera approfondita la questione dei rapporti Italia-USA basandosi su quanto risulta dagli archivi segreti statunitensi. Viene citato in particolare un documento dalla sigla in codice 6014/l. Nel punto 36, di questo documento, si stabilisce che nell’eventualità i comunisti avessero acquisito il controllo del governo nazionale italiano, oppure parte di esso, sia con mezzi legali che illegali, gli USA sarebbero intervenuti per intraprendere appropriate azioni sia da soli, sia assieme agli alleati, per prevenire o rovesciare il predominio comunista. In questa situazione, l’intervento militare sarebbe stato precluso, a meno che non fosse stato preso in concerto con gli altri maggiori alleati europei. È bene tener presente sia il pericolo “rosso”, sia il pericolo “nero”. A proposito di pericolo “nero”, di destra, sarebbe interessante rileggere quanto scritto in un articolo di Paolo Biondani, sul Corriere della Sera, del 28 marzo 1995, dal titolo “La struttura che si aggiunge a “Stay Behind”, scoperta dal giudice Salvini. Giudice che indagò sulle bombe nere del dopo ’68, attribuibili ai mille legionari nell’ “altra Gladio”, neofascisti reclutati per combattere l’avanza elettorale del PCI. Si tratta dei cosiddetti nuclei di difesa dello stato, di cui si è occupato il giudice Salvini. Questi nuclei sono stati coperti da un particolare occultamento (che ancora oggi non si è dissolto).

    1. M.C.: Vi furono, anche all’epoca, dei sospetti che l’escalation di violenza fosse strumentale a una perdita di sovranità popolare?

    F.A.: E’ un aspetto che tocca la sovranità popolare giacché implica una violazione della Costituzione Italiana riguarda l’impiego di componenti dei servizi segreti (vedi gli OSSI, operatori speciali del servizio italiano) e riguarda la dipendenza in larga misura dalla CIA o, più in generale, da apparati di stato USA. Un altro aspetto di violazione della sovranità popolare riguarda l’esistenza in Italia di basi USA come La Maddalena che fu porto per sommergibili nucleari, come la base di Camp Derby presso Livorno, le basi di Aviano, Gioia del Colle, Vicenza, Comiso, etc. A suo tempo, l’onorevole Cossiga espresse il parere che i Servizi Segreti non fossero da noi interamente controllabili per via di legami con gli apparati militari USA e la CIA.

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