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Sclerosi multipla: in Italia circa 118.000 malati, 3400 nuove diagnosi ogni anno

Research is bringing us closer (to ending MS): il ruolo centrale della ricerca scientifica è il motto del Multiple Sclerosis Day 2018.

Quanti e chi sono i malati di sclerosi multipla? Domande difficili alle quali da decenni la ricerca scientifica a livello mondiale sta dando delle risposte.

Nel 2013, secondo i dati di ATLAS, la più vasta indagine globale sulla sclerosi multipla pubblicata dalla Federazione Internazionale Sclerosi Multipla (MSIF), i malati a livello globale erano 2 milioni e 300 000. L’ultima edizione del Barometro della sclerosi multipla a cura dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM), presentata lo scorso 22 maggio a Roma, parla di “emergenza sanitaria”: in Italia vi sono circa 118 000 malati, 3 400 nuove diagnosi ogni anno e una prevalenza di 193 casi ogni 100 000 abitanti, ad eccezione della Sardegna con 360 su 100 000 abitanti.

Numeri dietro ai quali troviamo persone, due volte su tre donne, diagnosticate tra i 20 e i 40 anni e che durante il Multiple Sclerosis Day (e la settimana di sensibilizzazion che lo circonda) ricordano al mondo che la sclerosi multipla può e deve essere sconfitta. Spiegando cosa significa esserne affetti: stanchezza e affaticamento, problemi di equilibrio e visivi, perdita di forza, formicolii che da localizzati si estendono velocemente agli arti fino a costringere, talvolta, alla sedia a rotelle a causa di una ricaduta della malattia o alla progressione della disabilità.

I numeri ci dicono che, probabilmente, i malati attorno a noi sono più numerosi di quanto potremmo pensare e ci raccontano di una malattia non ancora sconfitta, imprevedibile nel suo manifestarsi ma che, se controllata, può comunque permettere una vita dignitosa e soddisfacente in buona parte dei casi.

La sclerosi multipla (SM) è una malattia del sistema nervoso centrale la cui causa ancora non è conosciuta. La ricerca scientifica è riuscita da tempo a identificare come protagonista di questa grave malattia il sistema immunitario, che scatena un attacco contro la mielina, la guaina che riveste gli assoni dei neuroni, le cellule del sistema nervoso. La maggiore conoscenza della malattia ha portato anche al miglioramento dei protocolli diagnostici per poterla riconoscere il prima possibile.

Per fare un punto della situazione e capire quali saranno le prospettive, OggiScienza ha parlato con Paola Zaratin, direttrice della ricerca scientifica della Fondazione (FISM) dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM), da tempo impegnata nella ricerca sulle malattie neurodegenerative e, da 18 anni, sulla SM.

Quali sono le maggiori novità degli ultimi dieci anni?

Ci sono due importanti cambiamenti. Il primo è sicuramente la disponibilità di sedici farmaci: sedici opportunità terapeutiche che ci mettono nella condizione di andare verso un intervento personalizzato e poter scegliere il farmaco giusto per ogni specifica diagnosi di sclerosi multipla. Inoltre, la grossa novità di questi mesi è l’approvazione di Ocrevus (Ocrelizumab), unico farmaco per le forme progressive di malattia, per le quali fino a poco tempo fa non avevamo terapie.

Si tratta di un anticorpo monoclonale umanizzato progettato per colpire selettivamente un tipo specifico di cellule immunitarie (antigene di membrana denominato “CD20”, presente sui linfociti B) che si ritiene un fattore chiave per il danno alla mielina e all’assone nella sclerosi multipla. Il farmaco viene somministrato per via endovenosa ogni sei mesi. I farmaci finora utilizzati agiscono prevalentemente a livello dei linfociti B e T, modulando la loro attività all’interno del sistema immunitario. Lo stesso sta avvenendo con questa molecola, che agisce sulle cellule B, coinvolte anche nell’aspetto neurodegenerativo della malattia. Il farmaco è efficace almeno per una parte delle forme progressive della SM.

Quando arriva in Italia?

Il farmaco è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) e dalla European Medical Agency (EMA). Il 2018 sarà un anno decisivo per l’approvazione di questo farmaco anche da parte dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA).

Che caratteristiche devono avere i pazienti per poter usare Ocrelizumab?

Il farmaco è rivolto ai pazienti con forma primariamente progressiva di malattia in fase precoce in termini di durata della malattia e livello di disabilità – con un punteggio dell’Expanded Disability Status Scale (EDSS) allo screening nel trial compreso tra 3,0 e 6,5 – e con caratteristiche tipiche di attività infiammatoria alla risonanza magnetica.

Interferone e copolimero sono stati accantonati?

Penso che non si debbano perdere d’occhio i farmaci vecchi: interferone e copolimero che sono, di fatto, ancora la prima scelta nella terapia della SM. I nuovi rispondono a esigenze di popolazioni con determinate caratteristiche, ma di interferone e copolimero si conosce bene il profilo di sicurezza. L’aspettativa è anche che il costo di questi nuovi farmaci nel tempo diminuisca.

Ci sono aspetti della malattia che conosciamo di più rispetto al passato?

Un risultato molto importante emerso dalla ricerca di questi anni è il concetto di neuroriabilitazione terapeutica, necessaria come quella farmacologica. Si è dimostrato come la riabilitazione abbia effetti sulla plasticità del sistema nervoso. Quindi, da una parte ci sono metodi diagnostici per valutare lo stato di avanzamento della malattia, dall’altra è possibile un intervento riabilitativo mirato a recuperare parti che possono essere ancora trattate.

Cosa ci dobbiamo aspettare dalla ricerca scientifica ora?

La ricerca sulle cause non si ferma e sappiamo anche che alcuni geni, silenti in certe popolazioni, hanno un ruolo chiave perché, se esposti a determinate condizioni ambientali come il fumo e la carenza di vitamina D, si risvegliano e potrebbero innescare la malattia. La ricerca è molto attiva su questo fronte.

L’impegno futuro della ricerca sarà poi quello di velocizzare lo sviluppo di nuovi trattamenti per le forme progressive di malattia anche imparando da altre malattie che hanno meccanismi in comune con la Sclerosi Multipla. La Progressive MS Alliance è un’iniziativa internazionale senza precedenti che connette le risorse e gli esperti di tutto il mondo per accelerare lo sviluppo di nuovi trattamenti per la sclerosi multipla progressiva finanziando la ricerca migliore, ovunque esista. L’Alleanza è gestita dalle Associazioni SM di Stati Uniti, Canada, Italia (AISM), Australia e Regno Unito, e Federazione Internazionale SM (MSIF). Questa iniziativa destinerà 28 milioni di Euro alla ricerca nei prossimi anni.

Inoltre, oggi possiamo dire che le cellule staminali sono entrate in gioco in modo significativo nel panorama della sclerosi multipla. Le cellule staminali liberano più di un fattore nel tessuto in cui si trovano. Avere la possibilità di modulare più di un meccanismo utile alla sopravvivenza e possibilmente alla riparazione del tessuto danneggiato dalla malattia offrirebbe dei vantaggi importanti. Attualmente sono due gli studi clinici sostenuti da AISM e la sua Fondazione.

Lo studio MESEMS, con cellule staminali mesenchimali, sotto la coordinazione del Prof. Antonio Uccelli, direttore scientifico dell’Ospedale San Martino di Genova. Lo studio MESEMS di fase II prevede l’infusione di cellule staminali mesenchimali per via endovenosa in 180 pazienti con diverse forme di SM: a ricadute e remissioni, secondariamente progressiva (SPMS) e primariamente progressiva (PPMS). È un trial internazionale nel quale l’Italia partecipa con 4 Centri (Genova, Milano San Raffaele, Verona e Bergamo), assieme ad altri in Europa. I risultati dovremmo averli all’inizio del 2019.

Il secondo è coordinato dal Prof. Gianvito Martino, direttore scientifico del San Raffaele di Milano, e prevede il trapianto di cellule staminali neurali in 12 pazienti con SM progressiva. La terapia STEMS consiste in un’infusione di cellule staminali neurali, cellule progenitrici in grado di specializzarsi in tutti i tipi di cellule nervose. L’infusione avviene attraverso una puntura lombare che le immette direttamente nel liquido cerebrospinale, attraverso il quale possono raggiungere il cervello e il midollo spinale che sono i luoghi deputati allo svolgimento della loro azione È uno studio cosiddetto di fase I, cioè uno studio che valuta la sicurezza del trattamento, e non la sua efficacia.

Che cosa è cambiato nella diagnosi?

Nel 2017 sono stati presentati i nuovi criteri diagnostici, pubblicati su The Lancet Neurology, che hanno portato importanti cambiamenti nella diagnosi, soprattutto nelle forme sibilline, nell’ottica di trattare prima e meglio. Le forme CIS (Clinically Isolated Syndrome) sono quelle che hanno un unico episodio e verso la quale l’approccio terapeutico è stato difficile. I nuovi criteri diagnostici dicono che le bande oligoclonali sono fondamentali per fare la diagnosi di CIS. La RM spinale sta assumendo sempre più rilevanza e la presenza di lesioni corticali è importante sia per diagnosticare la malattia sia per predire la sua evoluzione verso l’una o l’altra forma. Rimangono ancora critiche le forme che si presentano in gruppi meno comuni di persone come bambini, anziani e popolazioni dove la SM non è così conosciuta.

Oggi è importante raccogliere grandi quantità di dati: qual è il contributo della ricerca italiana?

Il Registro italiano di Sclerosi Multipla è uno dei progetti di punta della ricerca sostenuta da AISM e dalla sua Fondazione, avviato con l’obiettivo di creare una infrastruttura organizzata multicentrica per raccogliere i dati di tutti i pazienti con sclerosi multipla seguiti nei diversi centri italiani. Nel 2015 è ufficialmente stata lanciata una Unità di ricerca specifica per il Registro Italiano SM, nata sulla base di un Accordo di Programma firmato nel 2014 tra FISM e l’Università degli Studi di Bari (centro coordinatore del più grande database clinico italiano sulla SM). Ad oggi raccoglie dati di più di 50 000 soggetti.

L’Associazione Italiana SM ha da sempre sostenuto in Italia lo sviluppo dei Registri di malattia che, grazie all’elevata qualità dei dati raccolti, permettono di valutare aspetti non sono solo clinici ma anche legati alla qualità di vita del paziente: aspetti cognitivi, funzionali e motori. Inoltre, i Registri hanno la capacità di monitorare non solo la disabilità, ma anche parametri riportati dai pazienti, che sono misure scientifiche di quanto il trattamento può avere un impatto su aspetti che interessano le persone malate.

Si tratta di un tema, e di un cambiamento, molto importante: sempre più, a dimostrare l’efficacia di un trattamento sia farmacologico che riabilitativo, non basterà l’oggettività della misurazione dei parametri molecolari o di risonanza magnetica ma sarà necessario valutare se effettivamente questo trattamento ha un impatto sulla persona per quanto è riferito alla persona stessa. La capacità di valutare scientificamente la prospettiva della persona è l’aspetto che richiede attenzione in futuro. Promo-ProMS è un progetto promosso dall’Associazione che raccoglie oggi i dati di più di 1.500 persone con sclerosi multipla seguite nei Centri riabilitativi AISM tramite i cosiddetti patient reported outcome, strumenti di rilevazione sullo stato di salute espressa direttamente dal paziente

FISM ha appena ricevuto un finanziamento 3,5 milioni per il progetto MULTI-ACT. Di che si tratta?

Il progetto MULTI-ACT è stato finanziato dalla Comunità Europea sotto il programma H2020 “Responsible research and innovation”, un’iniziativa internazionale coordinata da AISM con la sua Fondazione e che vede la partecipazione di 10 partner nazionali e internazionali. È un progetto che non finanza, di per sé, la ricerca di progetti biomedici ma la ricerca di strumenti necessari per fare una ricerca innovativa e responsabile, ossia che impatta sulla società e sulla persona.

La sclerosi multipla, in questo percorso, farà da apripista, da punto di partenza, ma l’obiettivo è arrivare a costruire un modello di ricerca e innovazione che valga per i 179 milioni di persone con malattie neurodegenerative che vivono in Europa. Credo che sicuramente la società sia cambiata grazie alla ricerca e ai risultati della ricerca: la malattia ora si conosce. La persona con sclerosi multipla, alla pari di altri attori, deve essere parte del futuro cambiamento nella gestione di questa malattia, dei suoi trattamenti e della sua qualità della vita. Con MULTI-ACT ci proponiamo di sviluppare un modello scientifico che verrà usato dalle diverse organizzazioni di ricerca per rendicontare efficienza, efficacia e l’impatto sociale delle loro attività.

Il sistema di rendicontazione di un’organizzazione che si occupa di ricerca medica e sanitaria deve avere la prospettiva del malato, che in questo progetto sarà parte integrante della valutazione. Per la comunità europea, infatti, esiste e va supportato un approccio che “anticipa e valuta le potenziali implicazioni e aspettative della società riguardo alla ricerca e all’innovazione, con l’obiettivo di promuovere la progettazione di una ricerca e innovazione inclusiva e sostenibile”. La comunità europea ha valutato il progetto MULTI-ACT con un punteggio di 15 su 15. Credo ci sia una volontà di rendere tutte le organizzazioni che ruotano attorno alla salute prima di tutto responsabili verso la società e verso le persone. Mi aspetto un cambiamento ulteriore nell’arco di dieci anni.

Perché?

L’investimento in progetti di ricerca come MULTI-ACT ci fornirà modelli scientifici per favorire l’impegno a lungo termine di tutte parti interessate nell’innovazione e nella sostenibilità della ricerca e quindi promuoverne l’impatto sulla qualità della vita del malato e sulla società.

Ed ecco il video creato dalla Multiple Sclerosis International Federation, per raccontare come dalla ricerca scientifica nei laboratori si arriva ai trial clinici e alle terapie per i pazienti

 

 

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