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S’ode a destra uno squillo di tromba, a sinistra qualcuno risponde?

Qualche settimana fa “La Stampa” ha pubblicato l’analisi di Barbara Spinelli sull’attuale situazione politica.

 
La necessità, che il centro e la sinistra tengano il passo e riescano ad andare oltre il semplice “la maggioranza è morta” resta, ancor oggi, all’ordine del giorno. Non si tratta di dar corpo ad un rinnovato e più esteso antiberlusconismo privo di contenuti e ad una politica “contro”.

Piuttosto, occorre cogliere questa opportunità per dar vita ad un’ulteriore, seria analisi sulle possibili vie d’uscita dal caos odierno. Verificare l’esistenza di un’alternativa che possa trovare, nell’alveo della nostra democrazia parlamentare, una maggioranza disposta a farsi carico delle sorti del nostro paese.

La strada maestra non può che essere politica e parlamentare. Occorre coraggio ed è opportuno abbandonare reciproche diffidenze e retaggi del passato. Urge riportare la nostra democrazia al suo stato di grazia. Evitare il diluvio, il terremoto istituzionale, il massacro della democrazia ridotta a macerie.

Alcuni rimproverano alla svolta finiana l’incomprensibile ritardo, oltre a sottolineare l’estrema vicinanza, la piena adesione e complicità, riferite a tutti i provvedimenti legislativi, adottati per interesse privato e puntualmente avallati.

Non pensiamo sia tempo di divisioni.

Ancor meno utile privilegiare interessi di parte, nella speranza che, tra i due litiganti, i terzi possano trarne vantaggio. E’, inoltre, auspicabile, in questo delicato frangente, che non si alimenti la faida fratricida anche sulla rive gauche.

Non si può più fingere, alla luce di tutto l’emergente malaffare, che non esistano responsabilità politiche, nella scelta di alcuni personaggi, discussi e discutibili, nel sodalizio con affaristi, faccendieri, uomini di paglia e prestanome.

Il problema è anche di questa natura: chi non ha saputo scegliere i “suoi” uomini è, come minimo, sprovveduto e, ancor peggio, un incompetente (sotto il profilo politico). Per questo non c’è altra possibile via d’uscita, se non quella di sfiduciare chi ha dimostrato d’essere incapace a governare, se non tramite emergenze a copertura di un affarismo politico e continuando a legittimare e giustificare l’illecito.

In questo clima avvelenato e con questa legge elettorale non è mentalmente sano chi rivolge lo sguardo all’avventurismo populista, unico prevedibile risultato che in molti vorrebbero opporre alla montante indignazione e alla consapevolezza che sta risvegliando le coscienze d’una cittadinanza attiva non più narcotizzata.

Il livello democratico si è notevolmente ridotto. Le regole del gioco sono palesemente alterate.

La legge elettorale ha prodotto un Parlamento autoreferenziale, in forte contraddizione – se non in antitesi – con l’interesse collettivo, sempre chiamato e costretto, a colpi di fiducia, a soddisfare i desiderata e le impellenti necessità del Premier.

Ma possiamo continuare a sperare non esistano solo peones o silenti servitori.

La politica si è deformata a tal punto da divenire continua copertura (peloso garantismo), utilizzata come scappatoia alla via giudiziaria riconducibile sempre, si badi bene, a fatti, vicende e reati pre-politici.

L’anomalia originaria, di un conflitto d’interessi, che negli anni si è moltiplicato ed è volto al plurale, è divenuta sistema e sistematica mistificazione della realtà, estesa a fatti, vicende, commistioni, malaffare e malversazione, consumate in ambito politico (profittando del proprio ruolo per trarre vantaggio o tornaconto personale e familistico).

Ferma restando la presunzione d’innocenza, non si può pretendere che garantismo sia sinonimo di impunità o possa costituire salvacondotto, valido alibi o prerogativa di irresponsabilità.

Davanti a tanto disprezzo e tanta arroganza non possiamo più non indignarci o rivolgere lo sguardo altrove.

L’enfasi del consenso (che celebra il proprio e nega quello altrui), si è materializzata in questi anni, per mezzo della potenza di fuoco dei media a direzione unica (quelli che entrano in tutte le case e di cui gran parte dei cittadini si nutre; non quelli che si ha la libertà di comprare o meno) e a causa di una legge elettorale che produce un’alterazione dei numeri reali.

Tutto questo necessita di una correzione in senso democratico e pluralista.

Questo consenso elettorale – di cui ciascuno di noi è parte – non può essere interpretato a proprio piacimento. Né deve rappresentare una minaccia l’eventualità di tornare al voto, sempre paventata a eterno dispregio del dettato costituzionale.

Esistono, prima, altre possibilità: per l’ovvio motivo che, nonostante gli artifici e le mirabolanti alchimie verbali, non si è andati oltre la sola e semplice adozione di un sistema elettorale, fermi restando i ruoli istituzionali e la prassi costituzionale da seguire per la crisi di governo (e, a questo punto, istituzionale).

Ecco perché l’assunzione di responsabilità, in questi mesi, sarà determinante per il futuro dell’Italia.

Occorrono coraggio e determinazione. Quel coraggio, che è poi forza, dei grandi uomini di Stato, degli infaticabili e inossidabili servitori dello Stato, chiamati – nessuno escluso – da destra a sinistra e viceversa a dare una soluzione politica condivisa.

Prima che arrivi l’inferno: la sinistra risponda allo squillo!

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