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Russia: crollo Rublo incrementa guadagni petroliferi e favorisce ritorno a statalismo

È del 40% - ed in ulteriore caduta - il deprezzamento del Rublo dall'inizio dell'anno e del 6% solo nell'ultima settimana di novembre. Il dato è superato solo da quello della crisi del 1998: - 75%. Un segnale estremamente negativo per gli investitori stranieri e per la stessa economia russa, considerata l'elevata dipendenza dall'estero da cui sono importate la maggior parte delle merci (è, ad esempio, il motivo per cui sono stati bloccati i progetti dell'agenzia spaziale).
 
Per il breve e medio termine tuttavia l'economia russa è in grado di ben bilanciare il forte deprezzamento valutario grazie alla connotazione strutturale della propria economia con un debito che ammonta a solo il 13% della produzione annua e riserve economiche per 400 miliardi tutti in valuta estera. Nel breve periodo inoltre il crollo valutario difficilmente darà luogo a crisi sociali interne (sebbene focolai di disordini non manchino) perché se - secondo Forbes - nel 2012 un barile di petrolio fruttava 3.200 rubli, oggi, nonostante il crollo, ne frutta 3.600 ed è in rubli che sono pagati stipendi, pensioni e contributi sociali.
 
Performance assai apprezzabili che anche per il breve periodo non eliminano il peso della caduta: ammontano a circa 130 miliardi i debiti da pagare per il 2015, tutti in dollari ovviamente. Paradossalmente questa realtà economica favorisce e soprattutto rafforza la nuova rotta economico politica di Putin avviata con la creazione dell'Unione Economica Euroasiatica (UEE) con gl'altri leader ex Soviet: possessore delle centinaia di miliardi di riserve economiche in valuta pregiata e, soprattutto, dei giacimenti petroliferi è infatti lo Stato, mentre i più colpiti sono i privati e le privatizzazioni. Un dietro front di fatto, come del resto accusa il Presidente americano Barack Obama.
 
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