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Rifugiati in Grecia, le condizioni inumane sull’isola di Kos. La denuncia di Amnesty International

Una missione di Amnesty International è appena rientrata dall’isola greca di Kos, dove alcune migliaia di rifugiati si trovano in condizioni inumane e squallide: donne, anziani, neonati sotto il sole cocente in attesa di essere registrati dalle autorità locali; minori non accompagnati detenuti insieme a persone adulte; nessuna struttura ufficiale di accoglienza.

Due giorni fa, un gruppo di rifugiati è stato aggredito da 15-25 persone armate di bastoni che gridavano “Tornatevene a casa vostra!” e urlavano insulti. Gli aggressori hanno anche minacciato gli attivisti presenti (uno di loro è stato lievemente ferito e gli è stata sottratta la macchina fotografica) e un ricercatore di Amnesty International. Solo ad aggressione iniziata è intervenuta la polizia anti-sommossa che ha lanciato gas lacrimogeni disperdendo gli aggressori.

Secondo la guardia costiera greca, dall’inizio dell’anno sull’isola di Kos sono arrivati oltre 31.000 rifugiati, con un picco a partire da luglio. Quest’estate sono approdate via mare in Grecia 157.000 persone. Il totale dei primi otto mesi del 2015 è di oltre 230.000 persone, 13 volte di più dei 17.000 arrivi dello stesso periodo del 2014. 

Nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di rifugiati provenienti da Siria, Afghanistan e Iraq, aree di guerra e di persecuzione etnica e religiosa. Una situazione difficile, certo, cui le autorità locali e nazionali così come l’Unione europea hanno reagito con approssimazione, mancanza di coordinamento e disinteresse.

La maggior parte dei rifugiati, non potendo pagare una sistemazione, è costretta a restare all’aperto, dormendo in tende oppure in ciò che resta dell’hotel Capitano Elia. A fornire aiuti ci pensano gli abitanti del posto e il personale di Medici senza frontiere. Le autorità locali hanno addirittura chiuso i bagni pubblici.

Alla registrazione dei rifugiati è adibita una vecchia stazione di polizia. Amnesty International l’ha visitata il 2 settembre trovandovi 100 rifugiati, tra cui una neonata di una settimana in braccio alla madre, che sedeva in terra in un cortile. Alle persone in attesa non era stata fornita acqua. L’unica protezione contro la calura estiva era un ombrellone al centro del cortile, sotto il quale c’era posto per poche persone. Fuori dalla stazione di polizia, attendevano anche da giorni tra i 200 e i 300 rifugiati. Uno di loro, un iracheno di 28 anni, ha dichiarato di essere in attesa da una settimana.

La situazione è ulteriormente aggravata dalla riluttanza delle autorità locali ad aprire un centro permanente di accoglienza con sufficienti posti a disposizione e dalla mancanza di una risposta coordinata ed efficace. A metà agosto, queste carenze sono emerse in tutta la loro evidenza, quando 2000 persone sono state chiuse in condizioni inumane all’interno dello stadio dell’isola. La polizia avrebbe fatto uso eccessivo della forza contro i rifugiati in attesa di essere registrati.

A Kos, Amnesty International ha incontrato tre pachistani e un siriano di età compresa tra 16 e 17 anni, detenuti in una sporca cella di polizia insieme a sospetti criminali. Le loro condizioni di detenzione erano deplorevoli: c’erano solo vecchi e luridi materassi privi di lenzuola, le luci erano rotte e c’era una terribile puzza proveniente da un gabinetto traboccante di escrementi.

Il primo vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, e il commissario europeo per l’immigrazione, gli affari interni e la cittadinanza, Dimitris Avramopoulos, sono stati sull’isola per valutare la situazione. C’è da sperare che ciò che vedranno sia sufficiente per spingere l’Unione europea e le autorità di Atene ad agire.

Lo scorso 3 settembre il consiglio dei ministri della Grecia si è riunito per affrontare la crisi dei rifugiati in corso sulle isole del mar Egeo.

In quell’occasione i ministri hanno annunciato, tra le varie misure, la creazione di un centro di coordinamento per gestire gli arrivi dei rifugiati, l’invio di ulteriore personale e attrezzature per una più rapida registrazione e identificazione dei rifugiati, e azioni immediate per utilizzare i fondi messi a disposizione dall’Unione europea.

Non c’è però da essere ottimisti. Funzionari di polizia hanno detto ad Amnesty International che, senza ulteriori fondi di emergenza da parte dell’Unione europea, sarà estremamente difficile inviare altro personale e attrezzature nelle isole egee, allestire aree in cui ospitare in condizioni umane i rifugiati in attesa di registrazione e migliorare le condizioni dei centri di detenzione prima della fine dell’anno.

La foto che apre questo post è stata scattata da Eliza Goroya per Amnesty International.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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