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Riforme Costituzione. Guida contro i luoghi comuni

Piccolo vademecum in 10 punti per affrontare la nuova vulgata semipresidenzialista.

1) Sèyes diceva: “Non si può difendere una Costituzione senza riformarla”. Quindi quelli che vengono considerati i difensori a oltranza della Costituzione, addirittura i “conservatori”, si sbaglierebbero di grosso. Peccato che costoro non considerino affatto la Carta un oggetto sacro intoccabile, ma anzi farebbero di tutto per riformarla. Solo, in un modo molto diverso da quello che le destre immaginano.

2) Per fugare ogni perplessità in proposito, ecco un piccolo elenco di riforme che, tutto o in parte, i “conservatori” della Costituzione accetterebbero volentieri:

aggiornamento art.21, secondo il principio dell’uguaglianza in aggiunta a quello della libertà, senza il quale la democrazia è destinata a ridursi ad una “finzione procedurale” (Derrida);

- implementazione degli istituti di democrazia diretta (referendum deliberativo, calendarizzazione obbligatoria dell’iniziativa popolare, vincolo di mandato “di indirizzo”, forme di recall);

- gli statuti regionali possono divergere dalla Costituzione, ma solo nel caso propongano forme più avanzate di democrazia diretta;

elezione diretta del Presidente della Repubblica (che non c’entra NULLA con il presidenzialismo) magari su una rosa di nomi proposta dai partiti;

- ridiscussione seria e pluralistica dei diritti civili, sociali ed economici della prima parte della Costituzione, con misure costituzionali per renderli vincolanti (Zolo);

referendum obbligatorio in caso di trattati internazionali e cessione di quote di sovranità (come nella maggior parte dei paesi occidentali);

- riconoscimento costituzionale del partito e sua regolamentazione secondo democrazia interna, trasparenza finanziaria, “disciplina di partito” e “separazione delle carriere” (i dirigenti non possono essere parlamentari, i parlamentari non possono essere ministri – Ferrajoli);

- misure costituzionali al fine di dare, il più possibile, ulteriori garanzie sulla fedeltà democratica delle Forze Armate;

- costituzionalizzazione del principio elettorale proporzionale (che non impedirebbe il maggioritario, purché bipolare e non bipartitico);

- monocameralismo (o bicameralismo non paritario);

- riduzione del numero dei parlamentari;

- limite di mandati per i parlamentari;

- divieto di reiterazione dei decreti-legge;

- trasferimento delle cause di ineleggibilità, incompatibilità e autorizzazioni a procedere alla Corte Costituzionale;

- abrogazione del pareggio di bilancio in Costituzione;

- eliminazione del CNEL;

sorteggio annuale dei componenti del CSM e della Corte Costituzionale tra coloro che posseggono i requisiti (la soluzione più intelligente fin da tempi di Clistene);

- possibilità di ricorrere alla Corte in via principale per cittadini e minoranze parlamentari;

referendum obbligatorio senza quorum in caso di revisione costituzionale;

- regolamentazione delle procedure straordinarie di revisione in caso di riforme “ampie”, secondo criteri democratici e trasparenti;

- introduzione del diritto alla resistenza.

3) Altro che “conservatori”! Forse costoro vorrebbero semplicemente migliorare la Costituzione, non peggiorarla. Ma qual è il criterio per stabilire se tali riforme sono migliori o peggiori? Non saranno forse preferibili le ricette dei presidenzialisti? Perché Rodotà e Zagrebelsky radunano le piazze contro un Parlamento eletto? Che cos’hanno da indignarsi tanto? Le risposte sono molteplici:

- con l’introduzione del maggioritario (o del premio di maggioranza) la procedura di revisione costituzionale è meno rigida di quanto i Costituenti avrebbero voluto; quindi prima di procedere a qualsiasi revisione, si dovrebbe modificare la Costituzione secondo il terzultimo e il penultimo punto dell’elenco di sopra;

- la giurisprudenza costituzionale considera illegittima qualsiasi deroga all’art.138 e all’art.72 comma IV (come la deroga che darà vita a questa “convenzione” per le riforme), a meno che tale deroga non sia improntata a criteri iperdemocratici;

- questa convenzione sarà redigente o referente? i “saggi” avranno un ruolo solo consultivo o qualcosa di più? il referendum prevederà il quorum al 50% come ai tempi della bicamerale? cosa grave quest’ultima, perché i referendum costituzionali ordinari non prevedono quorum, e se la riforma sarà semipresidenzialista l’elettorato parlamentarista si spaccherà tra astenuti e votanti per il NO;

- dei 35 “saggi” nominati dal Governo soltanto 7 sono parlamentaristi, un’esigua minoranza; come per prima ha giustamente annunciato la prof.ssa Carlassare, sarebbe consigliabile che si dimettessero per protesta, per non dare legittimità al processo di riforma; è una presa in giro chiamarne così pochi per simulare un metodo democratico;

- nel 2006 l’opzione del premierato è stata bocciata da un referendum con una maggioranza schiacciante (figuriamoci il presidenzialismo!); la maggioranza degli elettori non ha eletto i suoi rappresentanti per fare queste riforme, come dimostra la richiesta di un referendum interno al PD, che non sappiamo ancora se verrà gentilmente concesso;

- questo Parlamento è stato eletto con scandalosi privilegi mediatici e con una legge elettorale giudicata incostituzionale dalla Cassazione.

Tutte queste motivazioni, comunque, ad un livello scrupolosamente formale non denotano l’illegittimità del processo di riforme. Certo denotano la sua scorrettezza e antidemocraticità sostanziale.

4) Il semipresidenzialismo non è un ricatto di Berlusconi, va bene anche al PD. Così si dice. Ah, sì? Io so un’altra storia. Ve la racconto. Storicamente il centrosinistra (commissione Bozzi, commissione Iotti, bicamerale D’Alema, bozza Violante) ha tentato di ammodernare la Costituzione in direzione di una razionalizzazione del parlamentarismo (adozione del maggioritario, sfiducia costruttiva alla tedesca o sue varianti, introduzione nei regolamenti parlamentari della “corsia preferenziale” per i ddl governativi, costituzionalizzazione disciplinata della questione di fiducia ecc), al massimo accettando, per venire incontro al centrodestra, forme più o meno forti di premierato o cancellierato. La destra berlusconiana invece, ha sempre proposto il presidenzialismo o il semipresidenzialismo. Le trattative sono sempre saltate, mai nessuna parte si è piegata all’altra. Perché allora adesso dovrebbe piegarsi il centrosinistra? Il modello tedesco è già un compromesso (che a me personalmente non dispiace). Non vi basta?

5) Non basta dire che il semipresidenzialismo andrebbe bilanciato con il conflitto di interessi. Ripeto, NON BASTA. Occorre anche l’aggiornamento dell’art.21 (come sopra indicato), il ricorso in via principale alla Corte, la riforma della sua composizione (magari come sopra indicato), e in generale lo stravolgimento totale di tutto l’assetto costituzionale. Non poco, considerato che già il “semplice” conflitto di interessi è una montagna da scalare visti gli interlocutori.

6) Non fatevi ingannare da chi vi dice: elezione diretta del Capo dello Stato!, maggiore partecipazione dei cittadini! Mentono sapendo di mentire. Nel semipresidenzialismo il Capo dello Stato è anche Capo del Governo, quindi non si accontenta affatto la piazza che gridava per Rodotà (perché qui sta l’inganno, si finge di accontentare una “richiesta del Paese”). E poi quale partecipazione? Ecco l’idea di partecipazione popolare di lorsignori: un candidato belloccio con il ciuffo a destra in una piazza di palloncini blu, contro un candidato belloccio con il ciuffo a sinistra in una piazza di palloncini rossi. La partecipazione equivarrebbe agli applausi. Auguri.

7) Veniamo quindi al punto essenziale: il personalismo. Si dice che questa sia ormai una situazione di fatto, che bisogna soltanto costituzionalizzare. Anche questa è una “richiesta del paese” (ma quante richieste! e io che pensavo ci fosse il problema della disoccupazione!). Dunque. Chi crede che le elezioni dovrebbero basarsi sui programmi e non sulle persone, non lo fa per una questione di principio, ma per un motivo molto semplice: il leader, “colui che risolve i problemi”, l’homo novus, svolge tradizionalmente la funzione di “aggregatore di voti” a favore dei gruppi di interesse o dei centri di potere nazionali o internazionali che lo sponsorizzano, i quali in sua assenza dovrebbero ricorrere alle vie più tortuose della partitocrazia classica. Comunque io credo che gran parte dell’elettorato “di sinistra” non si sia affatto piegato al personalismo. Renzi ha perso le primarie, chi vota il M5S non delega il leader Grillo (che non si è candidato) ma al contrario cerca di partecipare in prima persona, Ingroia è l’antileader per eccellenza. Insomma, il semipresidenzialismo sarebbe per l’Italia l’evoluzione del berlusconismo da anomalia a legge. Credo sia una richiesta di metà del paese, e l’incubo dell’altra metà. Si va bene, si dirà ancora, ma è situazione de facto, cosa cambia se la costituzionalizziamo? Cambia questo: per ora possiamo tornare indietro, dopo un’eventuale riforma semipresidenziale non potremo più.

8) Per non cadere però nei luoghi comuni contrari, chiariamo alcune cose sul semipresidenzialismo. Esso è senz’altro un’opzione ragionevole, non c’è nessun tabù e nessun veto di principio, fin da quando Ingegneria Costituzionale Comparata di Sartori ha aperto un dibattito civile sull’argomento (un passo in avanti rispetto al golpe tentato da Sogno). Il (semi)presidenzialismo tende essenzialmente a questo obiettivo: sganciare l’esecutivo dal principio compromissorio. Cioè il Governo non deve trovare maggioranze per ogni suo progetto di legge, non deve discutere, contrattare, modificare il suo testo in un’assemblea (da questo punto di vista il presidente francese ha spesso più poteri di quello americano). Si cerca in questo modo di garantire l’efficienza del Governo, non la sua stabilità, come a volte erroneamente di dice. La stabilità può esserci anche con il parlamentarismo. Efficienza invece vuol dire autonomia e velocità nelle decisioni (nel parlamentarismo comunque garantite da leggi-delega e decreti-legge, ma non in modo sufficiente, per i presidenzialisti). Tralasciando il fatto che per Tacito la velocità governativa era un attributo prettamente barbarico, restano alcune perplessità, che qui elenco:

- è vero che il semipresidenzialismo non è affatto antidemocratico, ma è anche vero che esso comporta una notevole diminuzione del cosiddetto coefficiente di democrazia (o coefficiente di Diamond); secondo tale coefficiente, attualmente la Svizzera è al 1° posto, l’Italia al 6°, la Francia al 18° e gli USA al 34°;

nel 90% dei casi in cui sono state applicate, le forme presidenzialistiche hanno portato a dittature; se ci chiediamo se l’Italia assomiglia di più alle repubbliche sudamericane o agli USA o alla Francia (che rientrano nel 10%), non credo che ci siano dubbi in proposito;

- ma siamo proprio sicuri che il prezzo da pagare per l’autonomia dell’esecutivo debba necessariamente essere l’appiattimento personalistico del dibattito politico intorno alla figura di un Presidente? Non si otterrebbe lo stesso risultato con l’investitura diretta di un gabinetto collegiale o ministeriale?

- non è un po’ grottesco che si presenti l’esigenza di un governo forte dopo vent’anni di parlamento commissariato, di esecutivi che governano a colpi di decreto reiterato, di uso e abuso della questione di fiducia? Sono vent’anni che non vediamo un governo debole! Attenzione: mi riferisco all’efficienza, non alla stabilità;

- perché le 48 repubbliche parlamentari presenti oggi sul pianeta non sentono l’impellente necessità di diventare semipresidenziali?

9) Per la serie: meditate gente meditate, vi lascio con le tre leggi di Dahl, uno più saggio dei 35 saggi messi insieme:

1 – quando le condizioni socioeconomiche, culturali e militari favoriscono il sistema democratico, anche la peggiore Costituzione non basta a minacciare il sistema democratico;

2 – quando le condizioni socioeconomiche, culturali e militari sfavoriscono il sistema democratico, anche la migliore Costituzione non basta a proteggere il sistema democratico;

3 – quando le condizioni socioeconomiche, culturali e militari in parte favoriscono e in parte sfavoriscono il sistema democratico, è FONDAMENTALE la scelta della Costituzione per il mantenimento del sistema democratico.

10) Ma davvero vogliamo passare dalla Costituzione di Croce ed Einaudi a quella di Gasparri e Boccia? C’era davvero bisogno di scrivere tutto questo articolo? Ma di cosa stiamo parlando?

 

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