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Riforma fiscale | I rivoluzionari fiscali coi soldi degli altri europei

Poiché in questo paese tutto ritorna uguale a se stesso, oggi leggiamo sui quotidiani del ritorno della magica “riforma fiscale”. Quella che solleverà il paese tirandolo per le stringhe. Come sempre, le parole d’ordine sono “semplificazione”, “progressività”, “riduzione del carico fiscale su lavoro e impresa”, e così spero di voi. La novità è che “qualcuno” pensa di usare indirettamente il “tesorettone” del Recovery Fund per giungere a queste eterne pietre miliari.

Su Repubblica, ad esempio, si saldano i due concetti in relazione alle linee guida illustrate dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, in audizione parlamentare. Ora, io non ho chiaro se l’idea di usare parte del Recovery Fund sia imputabile al ministro, alla maggioranza o sia una inferenza dell’autore del pezzo, ma giudicate voi l’effetto che fa:

La novità dell’ultimo momento è che il quadro delle risorse è mutato improvvisamente: l’idea è che alla riduzione delle tasse potrà concorrere, seppure indirettamente aprendo nuovi spazi di bilancio, il 10 per cento dei 100 miliardi che otterremo con il Recovery Fund.

Chiaro, no? Arrivano 100 miliardi (anche no, ma questo lo abbiamo saputo oggi), ne useremmo un decimo (attingiamo, direbbe qualcuno), abbassiamo quindi le tasse per un importo sconvolgente, al paese arriva l’immancabile “shock fiscale” (yawn) e ci solleviamo per le stringhe, volando via.

Il fatto che il prestito sia una tantum ma vada a colmare il mancato gettito derivante da ridisegno di aliquote e detrazioni Irpef, cioè qualcosa di permanente, è solo una ubbia da contafagioli. Anche perché, sapete, tale sarebbe lo shock fiscale che si registrerebbe una tale reazione offertista da innalzare attività e base imponibile, e autofinanziare il tutto. Eh, son cose.

Ribadisco: non so se Roberto Petrini, estensore dell’articolo, sia giunto autonomamente a queste inferenze, o se il geniale piano gli sia stato descritto da esponenti di governo e maggioranza. Più probabile la seconda ipotesi.

Ma come funzionerebbe, l’ambaradan? Secondo uno schema che ricalca quelli che leggo da quando i primi capelli bianchi non avevano fatto la loro comparsa nell’area delle tempie:

L’obiettivo prioritario sarebbe quello del taglio e accorpamento delle aliquote che da 5 scenderebbero a 4: in particolare le due centrali, quella del 38 per cento (tra i 28 e i 55 mila euro) e quella superiore del 41 per cento (tra i 55 mila e i 75 mila euro lordi) già piuttosto vicine potrebbero essere accorpate a quota 36 per cento. Con la spesa di 4-5 miliardi si favorirebbero 8,2 milioni di contribuenti.

Dopo di che, guardiamo alla seconda gamba del piano, quella delle detrazioni, per rendere meno demenziale la curva delle aliquote marginali effettive:

Per questo la riforma dovrebbe affrontare anche la revisione della curva delle più importanti detrazioni, compresa l’incorporazione nell’Irpef del bonus Renzi di 100 euro, rendendola meno penalizzante. Oltre ad innalzare la no tax area oggi a quota 8.100 per i redditi più bassi. In tutto, tra aliquote e detrazioni, 10 miliardi.

Bon. Quindi il totale di copertura necessaria arriverebbe a 10 miliardi. E qui arriva quella che penso sia l’idea di Gualtieri: riportare nell’alveo Irpef parte dei numerosi regimi sostitutivi che l’hanno scarnificata negli ultimi lustri:

La riforma non prevederebbe solo interventi sulle aliquote ma anche una revisione dei cosiddetti regimi sostitutivi dell’Irpef che oggi sono piuttosto diffusi: si va dai redditi da capitale, agli affitti, ai contratti di lavoro aziendali.

E si torna al via. Ricordate che ognuno di questi regimi di “flat tax de noantri” sono stati costruiti nel corso del tempo per comprarsi spicchi di elettorato. Provate a rimuoverli, e sentirete gli strepiti. Secondo voi, perché parliamo da un decennio di disboscare la giungla delle cosiddette tax expenditures, che invece nel frattempo non hanno fatto che aumentare, erodendo base imponibile e gettito?

Quindi, diciamola meglio: c’è “qualcuno”, nella maggioranza e nell’esecutivo, che pensa sarà possibile addentare la succulenta preda delle sovvenzioni da Recovery Fund per ridurre le tasse, e negli anni successivi colmare il buco grazie all’aumento di attività e gettito. Al contempo, come “clausola di salvaguardia” qualcun altro (Gualtieri stesso) pensa di riportare dentro l’Irpef molte delle maggiori cedolari secche create in questi anni ma promettendo solennemente di usare il maggior gettito per ridurre in pari misura le aliquote nominali. Da qui la frase celebre pronunciata ieri sera al Tg2: “Pagare meno, pagare tutti, sarà una riforma incisiva”.

Posso dire che si tratta di consunte illusioni? Intanto, usare eventuali sovvenzioni comunitarie per ridurre le tasse nazionali può venire in mente solo agli italiani, evidentemente abituati a credere che gli altri “condomini” europei abbiano l’anello al naso. Ma già, che sbadato sono: ci sono odiose condizioni anche per gli ambiti di spesa delle sovvenzioni. Quanto all’idea di Gualtieri, anche a me piacerebbe (e l’ho scritto qui ben dieci anni addietro) aumentare la base imponibile Irpef per abbassare in pari misura le aliquote nominali e dare una spinta offertista all’economia di questo ridicolo paese.

Ma dobbiamo guardare in faccia la realtà: provate a farlo e vedrete in piazza ed in parlamento i paladini dei “diritti acquisiti”, e tutto si fermerà. Ma che ve lo ripeto a fare?

Foto: European Committee/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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