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La riforma Alfano e la nostra democrazia

Concetto fondamentale e definitivo di una democrazia deliberativa è quello della deliberazione stessa. Quando i cittadini deliberano, si scambiano le proprie opinioni e discutono le loro rispettive idee sulle principali questioni politiche e pubbliche. (John Rawls) 


In realtà le elezioni sono solo un modo – benché sicuramente uno dei più importanti – per dare efficacia concreta ai dibattiti pubblici […] Il significato ed il valore delle elezioni dipendono in modo sostanziale dalla possibilità di una discussione pubblica aperta. (Amartya Sen)

Siamo partiti decisamente male, con la riforma Alfano della legittimità: i più importanti partiti dell’opposizione, invece di affrontarne in pubblico dibattito il contenuto, preferiscono continuare a strillare contro il premier chiedendone le dimissioni, come fanno dall’inizio della legislatura. Così facendo essi uccidono la nostra democrazia, quella che secondo James Buchanan dovrebbe essere “il governo attraverso la discussione”; e lasciano i cittadini in braghe di tela.

Già, perché, purtroppo, il testo della suddetta riforma appare, oltre che ampiamente carente, costellato di inaccettabili violazioni di principi di giustizia di libertà ed in grado di avere riflessi estremamente negativi sulle nostre Istituzioni; e le nostre Istituzioni non sono né della maggioranza né della opposizione: esse sono dei cittadini, che devono anche saperle difendere quando è necessario.

In cosa la riforma Alfano mette in pericolo le Istituzioni?

Ebbene, non certo nella separazione delle carriere fra magistratura inquirente e magistratura giudicante: chiedere alla prima di essere terza è una sciocchezza abissale perché non è ancora nato l’uomo che darà torto a se stesso.

Non così per la limitazione al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale: senza questa viene meno un diritto di libertà fondamentale, quello dell’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge. Su questo punto la mobilitazione popolare deve essere assoluta e, se del caso, accompagnata da adeguate forme di disobbedienza civile (sempre nell’ambito del rispetto della legge penale).

Anche l’abolizione dei tre gradi di processo dopo l’assoluzione in primo grado appare un colpo gravissimo inferto al funzionamento del sistema di legalità, che su questo punto si è sempre basato e non in teoria, ma nella pratica più costante: in tantissimi casi, dopo l’assoluzione in primo grado, la sentenza di secondo grado ha ribaltato le cose facendo giustizia. Dobbiamo ricordare i processi per i fatti del G8 di Genova? Dunque anche contro questo passaggio la mobilitazione popolare deve essere estrema.

A tutto quanto sopra occorre aggiungere le vistose omissioni della riforma su problematiche che attendono urgenti soluzioni. Ad esempio sul decreto penale, che porta a vere e proprie forme di aberrante ingiustizia, come è accaduto per il caso Dino Boffo; o anche sull’obbligo nei procedimenti penali di una prima udienza entro tempi alquanto contenuti (ad esempio i 23 giorni dell’ordinamento britannico) per la contestazione all’imputato in dibattimento dei capi di accusa e per sentire la sua versione dei fatti da contrapporre al lavoro degli inquirenti, riportando così fortemente al centro i pubblici dibattimenti; o ancora la corretta partecipazione delle parti alla fase istruttoria, problema estremamente delicato, su cui si discute da sempre perché da contemperare con le evidenti ragioni di segretezza.

Comunque sia di ciò, per quanto riguarda quelle forze dell’opposizione che, invece di esaminare questo testo e di confutarlo con fermezza adeguata ai pericoli per le Istituzioni che contiene, sono in tutt’altre faccende affaccendate, l’augurio è che i cittadini, nelle prossime tornate elettorali, ne tengano adeguatamente conto.

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.240) 10 marzo 2011 16:48

    Ciao Bernardo 


    Ho assistito in tv al martirio di Silvio incerottato alla mandibola . Considerando il soggetto e la sua predisposizione alla teatralità e al falso ideologico,sono quasi sicuro che ,appena finita la trasmissione si è tolto il macrocerotto . A parte le solite sparacchiate sui suoi processi in corso e la riaffermazione della sua innocenza , basata sul giuramento sui suoi figli che lo trova assolutamente concorde con se stesso , tutto il resto è fumo negli occhi ed il prestanome che gli stava accanto si è affannato a descrivere scenari giudiziari che mirano sostanzialmente a mettere i magistrati in mano al potere del premier e a chiudere i suoi processi . Della giustizia per il popolo a questi gliene importa una mazza . Nessuna delle disposizioni previste nella riforma attiene alla rapidità dei processi per i comuni cittadini .
    La abolizione del ricorso contro una assoluzione di primo grado è un’abominio tale che credo sarà difficile venga sdoganata dagli organi di controllo costituzionale . La realtà è che si mette tanta carne al fuoco per far passare i due o tre provvedimenti che interessano a Silvio il quale , nell’intervista , ha ribadito le sue 24 assoluzioni . Cosi’ lui chiama anche le prescrizioni che si è garantito con leggi ad personam .
    Sta sfidando gli italiani , somiglia sempre di più a Gheddafi , comincio a pensare che proclamare il proprio dissenso non basti più . Bisogna cominciare ad agire .
  • Di (---.---.---.176) 10 marzo 2011 17:53

    Desideravo aggiungere che, con riguardo alle parti lese, è assolutamente privo di senso volerle proteggere dalla “malagiustizia” con misure di responsabilizzazione civile dei magistrati e poi, contemporaneamente, privarle della tutela dei tre gradi di giudizio in caso di assoluzione dell’imputato in primo grado. Questa è veramente grossa.

    Bernardo Aiello

  • Di fulviob55 (---.---.---.200) 11 marzo 2011 13:14

    Secondo me qualcosa da cambiare nella magistratura c’è, ma non così, non con l’accetta.
    Una domanda mi sorge spontanea: processo finito dopo l’assoluzione in primo grado ma niente invece in caso di condanna, è giustizia questa?.
    Ma d’altra parte il prode Angelino ha scritto sotto dettatura e se il dettante è colui che dichiara:"..se ci fosse stata questa legge non ci sarebbe stata tangentopoli..." non ci potevano essere altri risultati.

  • Di Ugo Di Girolamo (---.---.---.225) 11 marzo 2011 15:57

    Guardate che quì il centro del problema non è berlusconi e le leggi ad personam. Né - come dice Bersani - è un problema di priorità. Quì si sta tentando di riportare la magistratura sotto il controllo del ceto politico, come ai tempi di De Gasperi, sotto il fascismo o in epoca liberale. Lo stesso autore si è tradito quando nella conferenza stampa ha dichiarato che con questa legge non ci sarebbe mai stata "Tangentopoli". Vale a dire la magistratura mai avrebbe potuto scoperchiare il pentolone della corruzione di Craxi e sodali. Se l’azione legale passa nelle mani della polizia e dei carabinieri (che sono rispettivamente sotto il controllo del ministero degli interni e della difesa) nel giro di qualche anno passeremo dal paese più corrotto d’Europa a quello più corrotto del mondo! e dai 50/60 miliardi di euro a 500/600.
     Se persino il pacioso Paolo sente il bisogno di agire vuol dire che vanno presi in considerazione i metodi tunisini ed egiziani! Cosa dobbiamo aspettare che ci portino alla fame?!

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