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Riforma costituzionale: pubblicità e manipolazioni mediatiche del Governo per il "Sì"

E' democratica quella competizione referendaria in cui una parte, il Governo, monopolizza la pubblicità e la comunicazione della sua Riforma costituzionale? E’ libera quella competizione referendaria in cui una parte, il Governo, ricorre a manipolazioni mediatiche per condizionare cervelli e coscienze e vincere così la battaglia referendaria? Non è libera né democratica, questa competizione inquinata da processi manipolativi mediatici che annientano la nostra coscienza critica e ci riducono a contenitori di input e suggerimenti.

Sono i meccanismi della pubblicità, che ti fa comprare un prodotto anche se non ne hai bisogno, che ti fa scegliere un prodotto mentre ne preferisci un altro. Sono meccanismi di cui il governo sta facendo ampio uso, per farci accettare una riforma che non abbiamo voluto, per farci votare "sì" anche se preferiamo il "no". E a questo scopo ha utilizzato tutto e tutti, la finanziaria, la disinformazione il discredito dell’avversario, l’informativa sui sondaggi, le armi di distrazione di massa, le visite di Stato. Tutta l’attività dell’esecutivo è diventata uno spot per il "sì" alla Riforma costituzionale.

E questo succede quando la riforma diventa atto dell’esecutivo, creando un intreccio tra l'attività istituzionale di governo e quella di Riforma costituzionale, tra il premier e la riforma. Se poi questa attività e questo Premier, vengono presentati, con la complicità di stampa e tv controllati dal Governo o dalle banche, in termini allettanti e collegati alla modifica costituzionale, questa attività e questo Premier, diventano pubblicità della Riforma.

Se si inseriscono, in un medesimo contesto narrativo, nella stessa intervista, nella stessa conferenza stampa, l’attività governativa identificata come positiva dall'opinione pubblica, e quella riformatrice, la provvidenza della finanziaria e gli slogan per il Referendum, il racconto di ciò che fa il Governo o il Premier si traduce in pubblicità per la riforma.

Pubblicizzare la riforma con la finanziaria. Arrivano il decreto fiscale, si fanno condoni, si rottama Equitalia, arrivano fondi a pioggia, modulati secondo i sondaggi, al punto di stanziare risorse per trasporti del Molise e della Campania dove il "no" è in vantaggio. E arriva anche il mutamento genetico della finanziaria.

La manovra economica diventa manovra elettorale referendaria. La finanziaria non è più una finanziaria, ma una pubblicità per la riforma. Pubblicizzare la riforma con le visite di Stato. L’endorsement di Obama, sostegno del presidente USA alla riforma costituzionale di Renzi, era inatteso e per questo piu efficace nella conquista voti per il Sì, ha lasciato increduli molti e per questo più affidabile.

In tal senso era stato programmata e gestito dai tecnici della comunicazione di Renzi la sua visita negli USA. E siccome in una campagna referendaria tutto fa brodo, è stato curato anche il look di Agnese Landini, per suscitare reazioni positive e negative sui media tra le donne, sui media per donne. Parlare di Agnese avrebbe significato parlare di Renzi e della Riforma, un’altra occasione per fare pubblicità. E così il tacco la scollatura, lo stilista, il femminismo di coloro che l’avrebbero elogiata e l’antifemminismo di quelli che l’avrebbero criticata, sono diventati strumenti di campagna referendaria.

Pubblicizzare la Riforma con il discredito dell’avversario. Mandare una ragazza vestita da cuoca, col cappello da chef, con un piatto di agnolotti («Gli agnolotti di Obama») ad inseguire Massimo D'Alema per chiedergli se sono salati, non è uno sketch spiritoso.

E’ una scelta mediatica ben precisa, con due obiettivi.
Il primo: screditare D'Alema che è uno dei più combattivi ed autorevoli del fronte del No, per screditare la sua campagna referendaria.
Il secondo: ricordare l'accoglienza di Obama e con essa l'endorsment alla riforma.

Pubblicizzare la riforme con scontri tra slogan e ragionamenti. Lo scontro, è questa l'arma mediatica del “sì” a cui il governo, da padrone della comunicazione, sta uniformando le trasmissioni sui referendum. E quindi tanti confronti e poche interviste, scontri tra slogan per il “sì” e ragionamenti per il “no” tra anziani per il “no” e giovani per il ”sì”. Nel confronto slogan e ragionamenti, in tv vince sempre lo slogan, perché in tv le asserzioni prevalgono sulle argomentazioni, che richiedono tempi e linguaggio, che non sono quelli televisivi.
 
Pubblicizzare con il quesito ingannevole.

Il quesito ingannevole, impugnato da alcune forze politiche, al di là degli aspetti giuridici del problema, è uno slogan pubblicitario, che viene ripetuto ogni volta che i cittadini, con gli spot istituzionali, vengono invitati a votare.

Se si presenta come quesito referendario solo una parte del contenuto della riforma quella più gradita alla gente, mentre non viene presentata quella sgradita, se questo contenuto viene falsificato, allora la pubblicità istituzionale, un invito al voto, diventa uno spot per il ”sì”.

Pubblicizzare la riforma con l’uso mediatico dei sondaggi.

Dare per probabile una vittoria dei Sì significa catturare il voto degli indecisi. Dare per probabile una sconfitta dei No significa togliere voti al fronte del No. L’utilizzo dei sondaggi diventa uno strumento per conquistare voti, specie se si esibiscono quelli positivi per il Sì, nascondendo quelli negativi e pubblicizzando quelli positivi.

Pubblicizzare con le armi di distrazione di massa.
Approfondire chiarire la riforma, significa rivelarne i suoi punti deboli, le sue contraddizioni. Per questo i sostenitori del Sì ,non potevano accettare questo terreno di scontro. E allora hanno fatto uso di polemiche e di provocazioni lanciate dalla Boschi per evitare ogni approfondimento ogni spiegazione sul merito della riforma. Gli insulti contro Berlinguer ed Ingrao arruolati nell'esercito della Riforma, la polemica con i partigiani, sono state armi di distrazione di massa per per evitare che si parlasse di leggi, di commi ed articoli, che questi fossero spiegati e compresi.

Ha fatto di tutto questo Governo contro noi cittadini, ha manipolato nostri cervelli e le nostre coscienze, ci ha sottratto la verità e conoscenza della normativa costituzionale e con essa la libertà del voto.

E cosi indifesi e manipolati, truffati, andiamo a votare.

 
 
 

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