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Report, la puntata del 5 giugno: allevamenti intensivi, carne, acque minerali, rischio nucleare

 
 
Indovina chi viene a cena – l'alimentazione sostenibile. Un innalzamento di 4 gradi cancellerebbe la Groenlandia e l'Amazzonia. Anche solo 1,5 grado di aumento, farebbe sparire qualche piccolo paese, per lo scioglimento dei ghiacci. La puntata di Report di lunedì 5 giugno. 
Questo chiedeva l'accordo di Parigi: accordo rivendicato da Obama che però, nella sua amministrazione non ha contenuto le cause del riscaldamento in America. Ovvero gli allevamenti intensivi: il metodo moderno di produrre gli alimenti, la carne e anche i loro alimenti, produce gas serra che finisce nell'atomsfera.
 
Che fare?
Un allevatore in Texas ha messo su 4 ruote le galline che fanno da spazzine per i concimi lasciati dai bovini al pascolo. Per le galline lo sterco è come un muffin: si riducono le emissioni e si risparmia sui mangimi.
 
In Toscana un allevatrice nostrana usa le mucche maremmane come falciatrici dell'erba dei prati. Le emissioni sono minori rispetto a quelle degli allevamenti intensivi, il resto è compensato dai boschi. Peccato che i boschi sul pianeta siano in diminuzione.
 
La vera soluzione è la carne sintetica: carne prodotta in laboratorio, prelevando del tessuto da un animale, le cellule isolate vengono poi riprodotte. In laboratorio si creano le catene di materiale: si creano 80mila hambuger con 1 kg di materia prima.
 
Saranno così sufficienti, per sfamare il pianeta, meno polli, meno suini, meno bovini. E anche meno consumo di acqua.
Potremmo contenere l'innalzamento delle temperatura nel pianeta.
 
In Islanda un ricercatore sta coltivando verdure con acqua salata: usa un filtro prodotto da una società milanese e grazie alla sua ricerca forse un giorno sarà possibile coltivare terreni anche in zone saline. La carenza d'acqua è causa delle migrazioni in Africa, mentre noi stiamo consumando terreno per produrre alimenti per gli allevamenti.
Tutto bello. Peccato che nel mondo ci siano politici come Trump.
 
Chiare fresche dolci acque – di Claudia di Pasquale
Siamo uno dei paesi che consuma più acqua minerale: ce ne sono tante in commercio, sono tutte diverse e alcune non possono essere consumate tutti i giorni.
Le aziende possono evitare di indicare tutti i componenti: Report ha portato 32 campioni di acque minerali in uno studio inglese, per capire cosa c'è dentro.
 
L'inchiesta di Claudia di Pasquale ha cercato di capire come funzionano le norme sulle nostre acque minerali: è non è stato facile.
A Napoli hanno fatto uno studio sulle acque minerali, per capire la composizione dei terreni da cui sgorgano. Altre università italiane hanno studiato, gratis, altre acque del nostro territorio, come quelle che sgorgano da terreni vulcanici.
 
Come a Nepi, dove l'acqua dei ruscelli scorre su rocce vulcaniche: contengono Berillio, un metallo leggero.
Qui vicino si imbottiglia l'acqua di Nepi: non esistono leggi che vietano le acque con Berillio, l'organizzazione mondiale della sanità lo considera un elemento raro, potenzialmente cancerogeno se inalato.
In Italia non abbiamo soglie per questo metallo: il limite c'è solo nelle acque di falda, un paradosso della legge.
 
Anguillara Sabazia si affaccia sul lago di Bracciano: qui c'è lo stabilimento dell'Acqua Claudia, ricca di Manganese.
I rubinetti dell'acqua pubblica sono chiusi, proprio per la presenza di Manganese.
L'acqua minerale è però a norma.
 
Stesso discorso per Alluminio e Fluoruro: per le acque minerali ci sono limiti superiori rispetto a quella del rubinetto.
L'acqua al Fluoro non è consigliata per l'infanzia: ma non è mai indicato, come mai? Perché il legislatore ha fatto leggi diverse, una per il consumo umano e una per l'acqua minerale?
Le acque minerali hanno limiti più elevati o non hanno limiti: questo perché sono acque non trattate, sono acque “minerali naturali”.
 
Va detto che sono differenze che originano dalle leggi europee.
 
L'arsenico ha dei limiti molto bassi, per la legge per gli effetti sul nostro organismo: ad Anguillara sono stati rilevati valori alti di arsenico, così hanno dovuto installare dei filtri.
Che non hanno funzionato bene e necessitano di manutenzioni costose.
In altri comuni del Lazio sono stati alzati, in deroga, i limiti di AS: studi delle ASL laziali hanno riscontrato un'incidenza maggiore di tumori (per la soglia da 10-50 micro grammi).
 
Sotto i 10 micro grammi c'è una zona grigia, ma l'obiettivo dovrebbe essere arsenico zero.
E nelle etichette delle bottiglie c'è scritto se è presente Arsenico? Non c'è scritto, come non sono scritti altri elementi della tavola periodica.
 
IL presidente di Mineracqua si difende dicendo che non c'è spazio sull'etichetta e che non c'è obbligo per legge.
Sarebbero informazioni non utili per legge: ma noi come consumatori consapevoli vorremmo conoscere tutti gli elementi che beviamo.
 
L'analisi delle 32 acque minerali.
La buona notizia è che sono tutte a norma e sono anche le migliori in Europa.
In alcune è presente un po' di arsenico (Ferrarelle, Santagata, Levissima), il berillio.
Le marche metterebbero sulle etichette questi valori? Nessun marchio (come Ferrarelle) ha scelto di farsi intervistare.
 
Siamo sul Vulture: qui c'è Acqua Toca, gruppo Norda (famiglia Pessina).
Poco lontano c'è lo stabilimento della Gaudianello: questo ha preso dei fondi pubblici dallo Stato, per migliorare gli impianti.
Nessuna intervista nemmeno qui: ci sono 13 concessioni, alcuni di questi hanno preso dei fondi regionali.
Nessuna gara pubblica per le concessioni: la regione Basilicata guadagna 1 euro per ogni 1000 litri.
Ma ora stanno valutando un incremento delle royalties: il prezzo medio è questo in Italia.
Alcune regioni fanno pagare in base alla dimensione della concessione: è un regalo insostenibile, sostiene Legambiente.
Tutto giusto, risponde Mineracque, visto i costi per la creazione degli stabilimenti: se si alzassero le tasse per le aziende, lo Stato incasserebbe di più, con grande dispiacere delle aziende delle acque minerali.
 
A Bolzano c'è uno scenario incredibile: le aziende private pagano un canone da poche migliaia di euro alle provincie.
Una è addirittura esentata: l'acqua Forst di Merano, non paga alcun canone, in base ad una legge regionale del 1954.
Il tutto è nato ad un accordo con la provincia: io porto l'acqua ad alcune case sparpagliate sui monti, ma in cambio non pago niente. Fino al 2038?
Eppure uno dei soci di Acque Forst è proprio la provincia di Bolzano...
 
Lo stato dei reattori nucleari inEuropa – il crack atomico
 
In Europa ci sono 140 reattori attivi: è costoso tenerli attivi ed è anche costoso dismetterli.
In base agli standard di sicurezza le centrali europee sono a posto: il servizio di Luca Chianca è andato a vedere come stanno le cose.
In Slovenia c'è il reattore di Krsko: rispettano anche qui gli standard di sicurezza, peccato che il reattore sia in una zona sismica.
È stata costruita negli anni '70, con conoscenze anti sismiche vecchie: uno stress test del 2011 hanno rivelati che con accelerazioni del suolo superiori dello 0,8 metterebbero a rischio la messa in sicurezza del nucleo. Significa terremoti di magnitudo 6, qualcosa già verificatosi qui.
 
Il direttore della centrale è però sicuro e, anzi, vogliono costruire anche un nuovo reattore: i francesi, chiamati per una consulenza, rispondono in modo negativo e lanciano un allarme anche sul reattore attivo.
Krsko è in direzione della Bora: se capitasse un incidente, l'inquinamento arriverebbe dritto in Italia.
 
Siamo in Belgio, sul porto di Anversa: qui attraccano navi con container.
A fianco della banchina del porto ci sono i reattori della centrale: il villaggio che sorgeva a fianco della centrale è oggi abbandonato, a Dulle.
In Belgio ci sono molti reattori vecchi, dovrebbero durare 30 o al massimo 40 anni: nel 2015 dovevano essere chiusi, almeno i più vecchi.
Ma sono stati lasciati aperti, con una deroga, senza fare controlli: solo dopo Fukushima sono stati fatti dei test, che hanno portato alla scoperta di crepe, fessurazioni nel reattore.
Lo scenario peggiore è la rottura del contenitore del nucleo, che porterebbe alla dispersione nell'atmosfera delle radiazioni.
 
Sostituire i reattori costa milioni, costruirne di nuovi costa miliardi: negli anni 70 si diceva, sbagliando che la loro manutenzione sarebbe stata economica.
Tutto falso: il decomissioning non è sostenibile e i governi spesso non hanno una visione energetica e così la vita delle centrali viene prorogata.
Si va in Francia a Fessenheim: è la centrale più vecchia, ha 40 anni di vita, ben il doppio della sua vita stimata. Sorge in un'area abitata, attorno vivono almeno 1 ml di persone.
Le persone che vivono attorno alla centrale ha a disposizione le pastiglie di iodio, per proteggere la tiroide: ma tutti hanno paura.
In caso di evacuazione si dovrebbero spostare 1 ml di persone: cosa impossibile per la mancanza di mezzi necessari.
 
Le autorità si sono accorte ora di problemi al generatore di vapore: il rischio è che l'acqua usata per raffreddare il reattore si disperda.
Il problema dei generatori è nell'acciaio: non sono perfette come dicono i certificati.
Areva aveva falsificato la certificazione: è il secondo produttore al mondo di centrali nucleari, nel 2008 ha ignorato un difetto nei reattori, che non era nemmeno il primo.
Decine di centrali nucleari sul territorio francese non sarebbero a norma: tutti i paesi europei sono messi in pericolo dalla presenza delle centrali francesi.
 
Non ha funzionato il controllo interno e nemmeno il controllo delle autorità del governo francese.
 
Alta Normandia, estremo nord della Francia: qui è in costruzione un nuovo reattore EPR, il fiore all'occhiello di Areva. Ma anche qui sono stati scoperti dei difetti nel carbonio: forse entrerà in funzione nel 2018, un aumento di costi e un aumento di tempi della messa in produzione.
Siamo passati da 3 a 11 miliardi.
 
Due EPR dovevano essere costruiti in Inghilterra, altri in Cina.
Nel 2009 Berlusconi aveva scelto proprio i reattori di Areva per la politica energetica dell'Italia: avremmo speso almeno 40 miliardi (per fortuna c'è stato il referendum).
Ora Areva è stata salvata dal governo francese: il problema è che è proprio il nucleare che è un settore che ha dei problemi.
Anche Westinghouse, società americana, ha rischiato il crollo.
 
Le centrali possono essere costruite solo con finanziamenti pubblici, per chi se li può permettere.
Gli altri devono mettere in conto un alto costo per la dismissione.
 
E in Italia?
Nel 2000 nasce Sogin, sosietà pubblica per la dismissione delle centrali: è finanziata dalle nostre bollette e dovrebbe mettere in sicurezza i vecchi impianti.
2000 tonnellate di sostanze pericolose che dovevano essere trasferite nel deposito nazionale entro il 2023, ma già la data è stata sposta più avanti.
 
In Italia non abbiamo depositi pensati per i lunghi periodi: a Garigliano abbiamo ad esempio in deposito provvisorio, che rimarrà aperto fino al 2025.
A Saruggia, in provincia di Vercelli, c'è il deposito più pericoloso: sorge in mezzo a canali di acqua, la zona peggiore per questi impianti.
In mezzo alla Dora Baltea: nel 2000 gli impianti sono finiti sott'acqua per l'esondazione del fiume.
Abbiamo sfiorato la catastrofe per poco, commentò il nobel Carlo Rubbia.
 
LA falda superficiale è stata contaminata, non quella in profondità da cui pescano i pozzi: sempre a Saruggia Sogin sta costruendo altri depositi “temporanei”.
Altri costi, altre spese, sempre in una zona a rischio. Sempre temporaneamente....
 
Sogin ha speso 3 miliardi: di questi un terzo sono finiti per pagare la sede e gli stipendi.
 
Regione della Champagne: qui la Francia ha costruito il deposito nazionale per le scorie. È stata scelta questa zona per il terreno argilloso, i bidoni che arrivano sono registrati e stoccati in cubi di cemento, con dei tunnel per contenere eventuali perdite.
 
Tutti i paesi europei dovrebbero avere un deposito come quello francese: l'Italia rischia per questo una sanzione dall'Europa. La mappa per la scelta del sito italiano è ferma all'estate 2016, in attesa di un timbro dal ministero.
Hanno paura di dover pubblicare la lista di siti idonei, per la contrarietà delle regioni italiane: qui da noi è sempre tempo di elezioni e un deposito significa proteste, perdita di voti...
 
In Italia abbiamo una scadenza: entro il 2025 dovremmo avere questo deposito, perché in quella data la Francia ci restituirà 225 miliardi di scorie trattate.

 

La nostra credibilità come paese passa anche da queste scelte...
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