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Renzo Riva

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  • Di Renzo Riva (---.---.---.223) 18 dicembre 2009 19:46
    Renzo Riva
    Comunicato inviato ieri al Messaggero Veneto

    Fame d’energia
    La vicenda della multinazionale dell’alluminio Alcoa che due mesi fa aveva inviato lettere per la sospensione della produzione negli stabilimenti di Portovesme - Cagliari e di Fusine a Marghera-VE - un totale di 1000 lavoratori addetti - ha riportato al dibattito pubblico la fragilità del sistema elettrico nazionale che ha ingabbiato da più di vent’anni l’edizione di un PEN (Piano Energetico Nazionale) che doveva dare risposte ai bisogni delle imprese e delle famiglie italiane che pagano quasi il doppio le bollette dei consumi elettrici.
    Oggi s’aggiunge a livello locale la voce del capitano d’industria del Gruppo Pittini, il Cav. Andrea, con le sue dichiarazioni rese domenica scorsa in serata durante una trasmissione televisiva locale.
    L’autorità europea ha bollato l’accordo Governo (Scajola)-Alcoa-Enel, che prevedeva forniture d’energia elettrica a 30 Euri al MWh in luogo di 68 Euri al MWh che era l’ultimo prezzo pagato in terra italiana nel mese d’Ottobre 2009, per violazione delle norme per la concorrenza.
    Il Cav. Pittini dal canto suo lamenta, dopo 9 anni di farraginosi piani di carte affastellate, di essere ancora al palo nella sua richiesta di costruzione dell’elettrodotto che gli consentirebbe di acquistare l’energia elettrica da paesi comunitari a prezzi concorrenziali; paventava altresì che l’unica risposta a questo stato di cose è una chiusura dell’attività in tempi ravvicinati.
    Il sottoscritto responsabile Energia e Ambiente del Nuovo PSI del F-VG da troppi anni voce solitaria nel denunciare i danni conseguenti del caro energia: mancata competitività, delocalizzazioni, conseguente disoccupazione dichiara che non si può più continuare nelle forme surretizie di aiuti impropri alle aziende che in luogo di produrre ricchezza invece la depauperano.
    Pertanto auspica decisioni rapide per il ritorno al nucleare civile (la Svezia si è rimangiata l’uscita dal nucleare (11 reattori) entro il 2010 con una decisione del parlamento) anche in Italia e nelle more degli incomprimibili tempi del suo ritorno una politica delle interconnessioni che possano permettere l’importazione a prezzi che il "mercato dirigistico" italiano non riesce a praticare.
    Ultima considerazione sull’auspicabile accettazione da parte delle autorità preposte del progetto "pompaggio" di Edipower per la centrale di Somplago di cui si tratterà a parte in una prossima comunicazione.
    Renzo Riva
    Nuovo PSI F-VG
    Energia e Ambiente
     
     
     
     
    Da LIBERO mercoledì 2 dicembre 2009 pagina 31
    Gli operai di Alcoa salvi con le nostre bollette
    di Sandro Iacometti
    Col posto di lavoro non si scherza. Quando poi in ballo ce ne sono 2mila, come nel caso dello stabilimento Alcoa di Portovesme, la faccenda diventa ancora più complicata. Bene dunque ha fatto il governo, di fronte alla decisione del colosso Usa di avviare la procedura per la cassa integrazione, a scendere in campo e a prendere in mano la trattativa.
    Detto questo, qualcuno dovrebbe spiegare con esattezza quale sia la vera posta in gioco. E quali siano i costi sociali di una possibile soluzione della vertenza. Perché se è importante garantire i posti di lavoro, lo è altrettanto sapere chi paga. A maggior ragione in questo caso, dove la crisi non c’entra e il rischio è che a sborsare i quattrini siano direttamente tutti gli italiani, attraverso la bolletta della luce.
    Ma andiamo con ordine. La lavorazione dell’alluminio richiede una grande quantità di energia. Per questo l’Alcoa nel 1995 aveva concluso un contatto con l’Enel che gli permetteva di usufruire di elettricità a tariffe fisse per i successivi dieci anni. Alla scadenza del contratto, però, l’azienda ha continuato lo stesso a beneficiare di tariffe privilegiate. Solo che invece dell’azienda elettrica i costi sono finiti sulle spalle degli utenti. Gli sconti sulle forniture di energia sono infatti finanziati da un meccanismo di incentivi pubblici studiati appositamente per le cosiddette aziende “energivore”.
    Chi paga? Noi. Il peso degli incentivi viene infatti scaricato in bolletta sotto la voce misteriosa che risponde al nome di “oneri di sistema” e che è la principale responsabile dell’aumento continuo del prezzo dell’elettricità, anche quando il petrolio scende.
    Nel dettaglio, quando andate alla Posta a pagare il bollettino, solo il 65,8% è il costo della fornitura in senso stretto. Per il resto, il 13,2% riguarda i costi di trasporto, distribuzione e misure, il 13,7% sono imposte e il 7,3% sono i famigerati oneri generali di sistema. All’interno dell’ultima componente, oltre alle spese per la manutenzione della rete, per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie, per i cosiddetti Cip6 (incentivi a chi utilizza fonti rinnovabili, ma ancora distribuiti a pioggia anche ad imprese che utilizzano solo il greggio), per lo smantellamento delle centrali nucleari (anche ora che stiamo riandando verso l’atomo), ci sono anche i soldi che finiscono alle industrie che consumano molta energia come l’Alcoa. La multinazionale americana non è l’unica, intendiamoci. Nel calderone ci sono circa 140 aziende energivore (con consumi pari al 13% del totale) tra cui grandi nomi come Thyssen, Riva, Lucchini. Ma l’Alcoa fa la parte del leone, con una quota di incentivi del 30% circa sul totale. Per essere più precisi, nel 2007 le agevolazioni concesse a queste società hanno pesato sulle nostre bollette per 570 milioni. Poco più di 200 sono finiti in tasca all’Alcoa. Considerato che lo stesso, euro più euro meno, accade ogni anno, è facile calcolare che dal 2006 al 2009 gli italiani hanno regalato alla multinazionale dell’alluminio qualcosa come 8-900 milioni di euro. E la cifra potrebbe essere ancora più alta, visto che la stessa Alcoa dichiara che senza incentivi pubblici perde circa 8 milioni di euro al mese.
    È su questi soldi e non su altro che si è innescata la vertenza in Sardegna e in Veneto (stabilimento di Fusina). La Commissione europea, oltre a chiedere una restituzione parziale degli incentivi (circa 270 milioni), ha infatti detto basta al sistema delle agevolazioni. Di qui la minaccia dell’Alcoa di chiudere tutto, sostenendo che il prezzo dell’elettricità in Italia è troppo alto. Verissimo. Tutti sanno che a causa della scelta dissennata sul no al nucleare e alla conseguente dipendenza dall’estero per le fonti, l’energia in Italia costa più che in Europa.
    Questo non significa che per adeguare i prezzi alla media Ue si debbano gonfiare le bollette degli utenti. Così come non si spiega perché mai l’Alcoa da noi voglia pagare 28 euro a megawattora mentre in Spagna ne paga 39. Ma la cosa importante da capire è cosa succederà in futuro. Il ministro dello Sviluppo Claudio Scajola avrebbe individuato due strade. Una riguarda la possibilità per l’Alcoa di acquistare energia anche all’estero a prezzi più competitivi (interconnector), l’altra è una rimodulazione degli sconti ai cosiddetti interrompibili (aziende che accettano di essere scollegate dalla rete quando il sistema lo richiede). Difficile dire come si chiuderà la partita, ma la sensazione è che le mani finiranno di nuovo nelle nostre tasche.
  • Di Renzo Riva (---.---.---.223) 18 dicembre 2009 19:21
    Renzo Riva

    Ma gli italiani pur di non avere l’energia nucleare sono pronti a svenarsi per pagare anche le bollette stratosferiche e faranno come come te: pagheranno caro, pagheranno tutto e col sorriso sulle labbra.
    Poi, se vorrai intendere, perderanno anche il lavoro perché le ditte avranno più convenienza a delocalizzare.

    Ieri ho inviato al Messaggero Veneto il seguente comunicato

    Fame d’energia
    La vicenda della multinazionale dell’alluminio Alcoa che due mesi fa aveva inviato lettere per la sospensione della produzione negli stabilimenti di Portovesme - Cagliari e di Fusine a Marghera-VE - un totale di 1000 lavoratori addetti - ha riportato al dibattito pubblico la fragilità del sistema elettrico nazionale che ha ingabbiato da più di vent’anni l’edizione di un PEN (Piano Energetico Nazionale) che doveva dare risposte ai bisogni delle imprese e delle famiglie italiane che pagano quasi il doppio le bollette dei consumi elettrici.
    Oggi s’aggiunge a livello locale la voce del capitano d’industria del Gruppo Pittini, il Cav. Andrea, con le sue dichiarazioni rese domenica scorsa in serata durante una trasmissione televisiva locale.
    L’autorità europea ha bollato l’accordo Governo (Scajola)-Alcoa-Enel, che prevedeva forniture d’energia elettrica a 30 Euri al MWh in luogo di 68 Euri al MWh che era l’ultimo prezzo pagato in terra italiana nel mese d’Ottobre 2009, per violazione delle norme per la concorrenza.
    Il Cav. Pittini dal canto suo lamenta, dopo 9 anni di farraginosi piani di carte affastellate, di essere ancora al palo nella sua richiesta di costruzione dell’elettrodotto che gli consentirebbe di acquistare l’energia elettrica da paesi comunitari a prezzi concorrenziali; paventava altresì che l’unica risposta a questo stato di cose è una chiusura dell’attività in tempi ravvicinati.
    Il sottoscritto responsabile Energia e Ambiente del Nuovo PSI del F-VG da troppi anni voce solitaria nel denunciare i danni conseguenti del caro energia: mancata competitività, delocalizzazioni, conseguente disoccupazione dichiara che non si può più continuare nelle forme surretizie di aiuti impropri alle aziende che in luogo di produrre ricchezza invece la depauperano.
    Pertanto auspica decisioni rapide per il ritorno al nucleare civile (la Svezia si è rimangiata l’uscita dal nucleare (11 reattori) entro il 2010 con una decisione del parlamento) anche in Italia e nelle more degli incomprimibili tempi del suo ritorno una politica delle interconnessioni che possano permettere l’importazione a prezzi che il "mercato dirigistico" italiano non riesce a praticare.
    Ultima considerazione sull’auspicabile accettazione da parte delle autorità preposte del progetto "pompaggio" di Edipower per la centrale di Somplago di cui si tratterà a parte in una prossima comunicazione.
    Renzo Riva
    Nuovo PSI F-VG
    Energia e Ambiente
     
     
     
     
    Da LIBERO mercoledì 2 dicembre 2009 pagina 31
    Gli operai di Alcoa salvi con le nostre bollette
    di Sandro Iacometti
    Col posto di lavoro non si scherza. Quando poi in ballo ce ne sono 2mila, come nel caso dello stabilimento Alcoa di Portovesme, la faccenda diventa ancora più complicata. Bene dunque ha fatto il governo, di fronte alla decisione del colosso Usa di avviare la procedura per la cassa integrazione, a scendere in campo e a prendere in mano la trattativa.
    Detto questo, qualcuno dovrebbe spiegare con esattezza quale sia la vera posta in gioco. E quali siano i costi sociali di una possibile soluzione della vertenza. Perché se è importante garantire i posti di lavoro, lo è altrettanto sapere chi paga. A maggior ragione in questo caso, dove la crisi non c’entra e il rischio è che a sborsare i quattrini siano direttamente tutti gli italiani, attraverso la bolletta della luce.
    Ma andiamo con ordine. La lavorazione dell’alluminio richiede una grande quantità di energia. Per questo l’Alcoa nel 1995 aveva concluso un contatto con l’Enel che gli permetteva di usufruire di elettricità a tariffe fisse per i successivi dieci anni. Alla scadenza del contratto, però, l’azienda ha continuato lo stesso a beneficiare di tariffe privilegiate. Solo che invece dell’azienda elettrica i costi sono finiti sulle spalle degli utenti. Gli sconti sulle forniture di energia sono infatti finanziati da un meccanismo di incentivi pubblici studiati appositamente per le cosiddette aziende “energivore”.
    Chi paga? Noi. Il peso degli incentivi viene infatti scaricato in bolletta sotto la voce misteriosa che risponde al nome di “oneri di sistema” e che è la principale responsabile dell’aumento continuo del prezzo dell’elettricità, anche quando il petrolio scende.
    Nel dettaglio, quando andate alla Posta a pagare il bollettino, solo il 65,8% è il costo della fornitura in senso stretto. Per il resto, il 13,2% riguarda i costi di trasporto, distribuzione e misure, il 13,7% sono imposte e il 7,3% sono i famigerati oneri generali di sistema. All’interno dell’ultima componente, oltre alle spese per la manutenzione della rete, per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie, per i cosiddetti Cip6 (incentivi a chi utilizza fonti rinnovabili, ma ancora distribuiti a pioggia anche ad imprese che utilizzano solo il greggio), per lo smantellamento delle centrali nucleari (anche ora che stiamo riandando verso l’atomo), ci sono anche i soldi che finiscono alle industrie che consumano molta energia come l’Alcoa. La multinazionale americana non è l’unica, intendiamoci. Nel calderone ci sono circa 140 aziende energivore (con consumi pari al 13% del totale) tra cui grandi nomi come Thyssen, Riva, Lucchini. Ma l’Alcoa fa la parte del leone, con una quota di incentivi del 30% circa sul totale. Per essere più precisi, nel 2007 le agevolazioni concesse a queste società hanno pesato sulle nostre bollette per 570 milioni. Poco più di 200 sono finiti in tasca all’Alcoa. Considerato che lo stesso, euro più euro meno, accade ogni anno, è facile calcolare che dal 2006 al 2009 gli italiani hanno regalato alla multinazionale dell’alluminio qualcosa come 8-900 milioni di euro. E la cifra potrebbe essere ancora più alta, visto che la stessa Alcoa dichiara che senza incentivi pubblici perde circa 8 milioni di euro al mese.
    È su questi soldi e non su altro che si è innescata la vertenza in Sardegna e in Veneto (stabilimento di Fusina). La Commissione europea, oltre a chiedere una restituzione parziale degli incentivi (circa 270 milioni), ha infatti detto basta al sistema delle agevolazioni. Di qui la minaccia dell’Alcoa di chiudere tutto, sostenendo che il prezzo dell’elettricità in Italia è troppo alto. Verissimo. Tutti sanno che a causa della scelta dissennata sul no al nucleare e alla conseguente dipendenza dall’estero per le fonti, l’energia in Italia costa più che in Europa.
    Questo non significa che per adeguare i prezzi alla media Ue si debbano gonfiare le bollette degli utenti. Così come non si spiega perché mai l’Alcoa da noi voglia pagare 28 euro a megawattora mentre in Spagna ne paga 39. Ma la cosa importante da capire è cosa succederà in futuro. Il ministro dello Sviluppo Claudio Scajola avrebbe individuato due strade. Una riguarda la possibilità per l’Alcoa di acquistare energia anche all’estero a prezzi più competitivi (interconnector), l’altra è una rimodulazione degli sconti ai cosiddetti interrompibili (aziende che accettano di essere scollegate dalla rete quando il sistema lo richiede). Difficile dire come si chiuderà la partita, ma la sensazione è che le mani finiranno di nuovo nelle nostre tasche.
  • Di Renzo Riva (---.---.---.223) 18 dicembre 2009 19:12
    Renzo Riva

    Così scrisse

    Franco BATTAGLIA   giovedì 01 ottobre 2009
    Gentilissimo Ministro Prestigiacomo, alla Conferenza Internazionale dell’ambiente lei è intervenuta auspicando il successo della imminente conferenza di Copenhagen ove si dovrebbe rilanciare il proposito europeo che al 2020 le emissioni di CO2 siano del 20% in meno di quelle del 1990.

    Purtroppo, impegni di governo l’hanno indotta ad allontanarsi prima che potesse ascoltare il mio intervento, ma colgo l’occasione di questo spazio per riassumerglielo. Non so cosa le dicano i suoi consiglieri scientifici, ma è bene che lei sappia che ogni programma di riduzione di CO2 è dannoso, impossibile e inutile.
    Il danno. Emettiamo CO2 anche quando dormiamo, perché, per esempio, sono in azione i climatizzatori d’estate, le caldaie d’inverno e i frigoriferi sempre. Ci fa emettere CO2 l’86% delle nostre azioni, per cui ridurre le emissioni significa agire di meno, cioè lavorare di meno; cosa quanto mai drammatica per la nostra Repubblica che - priva di petrolio, carbone, gas, oro o diamanti - è, di necessità, fondata sul lavoro. E non si lasci illudere da chi le sventola le bandiere dell’eolico e del fotovoltaico (Fv). Il forte impegno profuso dalla Spagna e dalla Germania sull’eolico ha reso la prima leader della disoccupazione europea; e l’imponente parco eolico tedesco ha fatto un colossale flop e serve ai tedeschi solo come specchio per le allodole che acquisteranno quei loro inutili prodotti. E col Fv le cose sono ancora più disastrose: sono impianti che non conviene avere neanche se i pannelli fossero gratis.
    L’impossibilità. Neanche del 2% in meno si potranno ridurre le emissioni, signor Ministro, altro che 20%! È facile dimostrarlo: poste uguali a 100 le emissioni del 1990, al 2020 dovremmo emettere 80; siccome oggi emettiamo 120, andare a 80 significa ridurre le attuali emissioni di 40 su 120, cioè di 1/3. Siccome, poi, emettiamo per 1/3 coi trasporti e per 1/3 producendo elettricità, dovremmo entro il 2020 o non avere alcuna automobile circolante o sostituire tutti gli impianti di produzione elettrica da gas, carbone o olio combustibile con impianti nucleari.

    L’inutilità. Ammesso - e assolutamente non concesso - che il clima (cioè il bilancio energetico Sole-Terra, fenomeno dipendente da centinaia di parametri) possa essere governato controllando un solo parametro (l’emissione antropica di CO2), appare evidente che la riduzione del 20% (che abbiamo già dimostrato essere impossibile) sposterebbe solo di poco nel tempo il presunto (molto presunto!) problema climatico.
    Caro Ministro, alla conferenza di ieri ho appreso che Francia e Germania vorrebbero una tassa sulle importazioni di carbone. Ma quanto sono bravi, loro che non ne importano (la Francia perché non lo usa, visto che ha il nucleare, e la Germania perché il carbone ce l’ha di suo). Qualcun altro spinge per imporre multe ai Paesi che sforano i limiti d’emissione a favore di Paesi presunti virtuosi; lei stessa ha colto la stravaganza di quella spinta: come se volessimo fare una dieta mangiando budini al cioccolato mentre paghiamo qualcuno che mangi cicoria per noi. I cinesi, invece, hanno dichiarato di impegnarsi a ridurre le emissioni per unità di Pil (la cosa si chiama efficienza energetica): bisognerebbe significar loro che i Paesi occidentali lo fanno da 15 anni, al ritmo dell’1% l’anno, ma le emissioni assolute aumentano al ritmo del 2% l’anno, il che è una banale conseguenza del fatto che l’aumento dell’efficienza energetica implica maggiore consumo d’energia.
    Una cosa mi consola: la ferma fiducia nella forza della ragione e che la conferenza di Copenhagen sarà, a tutti gli effetti, un fallimento.

  • Di Renzo Riva (---.---.---.220) 15 dicembre 2009 23:04
    Renzo Riva

    La "grande balla" del CO2
    http://www.archivionucleare.com/ind...

    http://www.agoravox.it/L-Italia-nuc...
    di Renzo Riva , 1 ottobre 09:48 L’Italia nucleare
    Per le "anime belle"

    http://www.archivionucleare.com/ind...

    Renzo Riva scrive: Il tuo commento è in attesa di essere approvato. 
    1 Ottobre 2009 alle 08:46

    danielerovai scrive:
    1 Ottobre 2009 alle 00:09
    Non so cosa useremo al posto delle fonti fossili quando queste finiranno. Qualcosa ci inventeremo.

    Ma hai almeno la misura dell’enormità del tuo assunto?
    Oggi si devono dare risposte puntuali e non risposte evasive.
    Continuare poi con domande capziose e fuovianti quando non fossero pure strumentali è da irresponsabili.

    Ricordo a tutti che le piccole-medie imprese, strozzate da i costi impropri fra i quali quelli dell’energia, stanno delocalizzando all’estero oppure nel meridione d’Italia dove c’è illegalità diffusa: leggi lavoro nero, evasasione fiscale e altro e questo dà la misura di cosa potremo attenderci per il futuro.

    Irresponsabili di tutto il Mondo unitevi!

    Il futuro senza energia economica ed abbondante riproporrà forme di schiavitù nuove.
    Dico alle “anime belle” che l’abolizione della schiavitù fu possibile quando l’energia muscolare fu sostituita e la rivoluzione industriale la permise con l’energia meccanica ottenuta dalle caldaie a vapore alimentate dal carbone.

    Senza energia economica ed abbondante scordatevi la

    DEMOCRAZIA

    come oggi viene intesa.

    COS’È L’ E N E R G I A?
    Energia è la capacità di svolgere lavoro, nello specifico lavoro meccanico. L’energia trasformata in lavoro meccanico si concretizza in beni di consumo e in servizi, in definitiva in benessere. Maggiore è la quantità d’energia fruibile a basso costo, maggiore è la quantità di lavoro meccanico, beni e servizi, grazie ad essa fruibili, in definitiva maggiore è l’opulenza d’una società,
    Come si fa ad avere un’idea a “misura d’uomo” della quantità d’energia che oggi utilizziamo?
    Facciamo riferimento proprio all’uomo, la cui potenza media, sotto sforzo protratto, è di un decimo di cavallo, pari a circa 75 Watt, ovvero la potenza assorbita da una lampadina tradizionale di media potenza.
    Per azionare un moderno ferro da stiro di 1000 Watt (W) si dovrebbe impiegare l’energia di almeno 13 uomini; andare in giro con una vettura di media potenza (70 CV) è come farsi scorazzare da una portantina sorretta da 700 schiavi. Una cosa impensabile persino per il più folle e megalomane degli imperatori romani.

    L’importanza dell’energia in una società moderna
    Fu l’introduzione del cavallo, al traino dei carrelli prima spinti dall’uomo, nelle miniere inglesi di carbone, che, aumentando la produttività per addetto e di conseguenza riducendo i costi del chilogrammo di carbone, rese possibile la prima rivoluzione industriale, consentendo l’impiego e la diffusione delle prime macchine termiche negli opifici.
    Il lavoro meccanico a costi competitivi che si sommava a quello manuale dell’uomo consentiva di accrescere la produzione di beni ed i consumi, di produrre maggiore ricchezza con beneficio di tutti, anche se all’epoca si organizzò un movimento tipo “no global” che si opponeva alla diffusione delle macchine, divenuto famoso con il nome di luddismo.

    RISORSE NATURALI DI COMBUSTIBILI
    Fonte……………………………anni
    Petrolio……………………………40
    Gas………………………………..50
    Carbone…………………………200
    Uranio…………………………..200
    Lignite………………………….300
    Uranio in surgeneratori……20.000
    Uranio e torio in surgeneratori …infinito

    Per quanto concerne le riserve stimate di combustibili fossili, va fatto presente che lo sfruttamento di riserve non convenzionali di combustibili fossili (giacimenti dei fondi oceanici, scisti bituminosi, idrati di metano) potrebbe elevare di diverse centinaia d’anni l’attuale disponibilità dalle riserve convenzionali, anche se va detto che lo sfruttamento dei giacimenti non convenzionali pone problemi severi sia di carattere ambientale che di costi. Quanto all’uranio, questo elemento può estrarsi, ma ad un costo sino a 10 volte quello attuale d’estrazione, da giacimenti convenzionali, anche dall’acqua marina che ne contiene in concentrazioni di circa 3 ppb (parti per miliardo). C’è però da notare che l’impiego di reattori di nuova generazione porterà la durata delle riserve d’uranio a 20.000 anni.

    Le risorse naturali d’Uranio
    Le riserve accertate d’Uranio sono oggi più ricche in potenzialità energetica di quelle petrolifere, benché siano state finora meno investigate. I Giapponesi studiano l’estrazione dall’acqua del mare… cosa possibile e che darebbe accesso a quantità ancora più significative, ma con un prezzo del kg di Uranio molto più elevato dell’attuale.
    In certe regioni si trova Uranio nel minerale in natura fino al 50% di purezza (per esempio Cigar lake in Canada).

    Si dimostra che al raddoppio dei prezzi dei vari combustibili risulterebbe che l’aumento percentuale del prezzo del kWhe (chilowattora elettrico) prodotto è pari a:

    Nucleare………….. 9%
    Carbone…………. 31%
    Gas…………………66%

  • Di Renzo Riva (---.---.---.223) 15 dicembre 2009 13:33
    Renzo Riva

    Cari Dino e Damiano,
    Ricordate che gli italiani tutti, chi più e chi meno, hanno beneficiato dell’allegra finanza degli ultimi 40 anni con una classe politica tutta priva dei più elementari concetti di ECONOMATO.
    Ricordo categorie di lavoratrici pubbliche con prole (democratiche cristiane, comuniste, socialiste, dentro e fuori dell’arco costituzionale) in pensione con 14 anni 6 mesi e 1 giorno; lavoratori pubblici in pensione con 19 anni sei mesi e 1 giorno.
    Nel privato casse integrazioni a iosa e persino per oltre vent’anni in certe realtà.
    Tutti continuavano a votare i partiti del bengodi senza porsi alcuna domanda: fin che la barca va.
    Ora la barca sta affondando.
    Per penuria energetica e altro assisteremo ad una riduzione dell’aspettativa di vita che oggi è data verso gli 85 anni per le femmine e 78 anni per i maschi nonché ad un pari aumento della mortalità.
    Sia chiaro che i tempi di lacrime e sangue prossimi sono la giusta ricompensa per un popolo d’irresponsabili che pensavano di non doversi assumere il conto a piè di lista .
    Costi energetici, competitività insostenibile, delocalizzazioni hanno portato, e continueranno a portare, una massa di disoccupati.
    Media europea di lavoranti sul totale della popolazione attiva 47%; in Italia il dato è del 38%.


    Così è se vi ’pare

     

    A Febbraio urgono 37 miliardi di Euri per gli inetressi sul debito pubblico

    http://www.agoravox.it/attualita/economia/article/le-novita-della-finanziaria-2010-11501

    Nei primi mesi del prossimo anno Febbraio-Marzo potranno essere presi i seguenti provvedimenti:
    1 Patrimoniale
    2 Prelievo forzoso (tipo 6 per mille di Amato nel settembre 1992)
    3 Aumento tasse su seconde e altre case
    4 Avocazione sovranità monetaria con doppia moneta circolante
    5 Vendita patrimonio artistico per sfruttamento turistico

    Queste sono alcune ipotesi di lavoro che il Vice-presidente dell’Asso-Consulenti finanziari Eugenio Benetazzo ha tratteggiato quale possibile scenario per mantenere l’Italia nel consesso internazionale.

    Mandi,
    Renzo Riva
    [email protected]
    349.3464656


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