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Referendum | Breve nota esplicativa del futuro articolo 70 della Costituzione

Secondo il futuro articolo 70 della Costituzione, dovranno essere approvate sia dalla Camera che dal Senato solo le seguenti leggi ordinamentali:

1. le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali;

2. le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari e le altre forme di consultazione;

3. le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni;

4. la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea;

5.  la legge che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore;

6. la legge elettorale del Senato;

7.  le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati relativi all’appartenenza all’Unione europea;

8.  la legge sull’ordinamento di Roma capitale;

9. le leggi sulle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia delle Regioni;

10. la legge sulla partecipazione delle Regioni alla formazione e all’ attuazione degli atti dell’Unione europea;

11. le leggi che disciplinano gli accordi tra Regioni e altri Stati;

12. la legge sul patrimonio dei Comuni, delle Città metropolitane e delle Regioni;
13. la legge sui poteri sostitutivi del Governo;
14. la legge sui principi fondamentali delle leggi elettorali regionali;
15. le leggi sui passaggi di Comuni da una Regione ad un’altra.

Il mantenimento della doppia e conforme votazione delle leggi sopra elencate si spiega con la volontà di rendere più ponderata l'approvazione delle norme che sanciscono i diritti dei cittadini (come la Costituzione) e le prerogative degli enti locali, dello Stato e dell'Unione europea.

Tutte le altre leggi saranno definitivamente approvate solo dalla Camera dei deputati, previa espressione di un parere NON vincolante del Senato entro 40 giorni dalla prima deliberazione della Camera. In questa seconda e molto più vasta categoria di leggi rientra tutto ciò che di solito fa parte del programma di un Governo (leggi tributarie, di spesa, di bilancio, sull'organizzazione
amministrativa e giudiziaria, ecc.).

Si stima che più del 95% delle leggi saranno approvate in via definitiva dalla sola Camera dei deputati e che, nel corso di una legislatura, saranno non più di 5 (cinque) le leggi da sottoporre alla duplice e conforme approvazione di entrambe le Camere.
Il bicameralismo delineato dalla Riforma Boschi è il più snello dei sistemi bicamerali europei. Esso non prevede una commissione di conciliazione tra le due Camere, perché riconosce il primato di una di esse. Non richiede nemmeno una maggioranza qualificata alla Camera preminente per approvare in via definitiva una legge emendata dalla Camera accessoria (il Senato). Per questi motivi, il bicameralismo istituito dalla Riforma Boschi può essere definito un
monocameralismo di fatto.

All'attuale Parlamento, pertanto, va riconosciuto il merito di aver realizzato il massimo cambiamento possibile nella direzione del monocameralismo, per la cui instaurazione non si sono certo battute le forze politiche che oggi invitano a votare No.

Commenti all'articolo

  • Di Persio Flacco (---.---.---.195) 1 dicembre 2016 18:04

    La limitazione delle competenze del Senato personalmente non mi appare come una scelta negativa in sé. E’ una scelta con luci ed ombre. Con più luci che ombre se l’altro ramo del Parlamento fosse effettivamente rappresentativo del Paese, dunque non viziata da sbarramenti troppo alti e premi di maggioranza eccessivi; se la formazione delle liste elettorali rispecchiasse effettivamente le tendenze del corpo elettorale e non fosse troppo soggetta al potere dei partiti; se i rappresentanti del Popolo fossero effettivamente liberi da vincoli di mandato, servitori unicamente della propria coscienza e non soggetti alla disciplina di partito; se fosse realmente indipendente dal Governo e non ridotto a mettere un timbro sui provvedimenti governativi; se sfornasse meno leggi ma di qualità migliore. Di tutto questo la riforma non si cura affatto, al contrario: accentua queste ombre.

    Ma c’è un altro aspetto da considerare, un aspetto che è una vera trave nell’occhio di chi sostiene questa riforma.
    Salvo i cinque nominati dal Presidente e gli ex presidenti della Repubblica, il Senato verrebbe composto da AMMINISTRATORI LOCALI, da persone selezionate e votate in base alle loro capacità di amministrare un territorio. Mansione questa assai diversa da quella che dovrebbe esplicare un senatore della Repubblica e che, si presume, richiede qualità differenti.
    Non solo: la permanenza in carica del senatore viene legata alla sua permanenza in carica come amministratore locale, e questo rende la composizione del senato dipendente da manovre e alchimie che si svolgono nei consigli regionali e perfino in quelli comunali. Peggio ancora: i senatori sarebbero come palloncini il cui filo è nelle mani delle forze politiche periferiche, le quali possono tagliarlo a loro piacimento. Assolutamente ricattabili quindi. E sappiamo, in genere dalle cronache giudiziarie, quali e quanti giochi si svolgono a livello locale, no?
    Ma perché poi i senatori dovrebbero essere scelti tramite una elezione indiretta e non, come ora, da una elezione diretta a livello regionale?
    Nella riforma si sarebbe potuta inserire la restrizione dei compiti del senato e però lasciare ai cittadini il compito di eleggerli. Davvero si è fatto questo pastrocchio solo per risparmiare qualche decina di milioni di euro? Non credo proprio.
  • Di pv21 (---.---.---.21) 1 dicembre 2016 18:16

    SALVO CHE > La nuova Legge elettorale che dovrebbe sostituire l’ITALICUM è ancora tutta da scrivere e varare.

    AD OGGI il Premier della forza politica che vincerà il ballottaggio avrà per 5 anni una maggioranza “blindata” con cui potrà imporre ogni sua azione/decisione di governo.


    A fronte di una tale, tuttora vigente, “supremazia” di potere parlare di “massimo cambiamento” nella direzione del monocameralismo è solo un eufemismo.

    Meglio EVITARE “infiorescenze” spuntate dalle radici di un Dossier Arroganza

    • Di Persio Flacco (---.---.---.195) 1 dicembre 2016 19:19

      Che vi sia il preciso intento di rendere il Governo l’organo supremo lo si capisce anche da altri contenuti della riforma. Ad esempio:


      art.72 comma 7
      [...] il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione.[...]

      Chi ha scritto questo articolo non ha ben chiaro, o volutamente ignora, un principio fondamentale della democrazia: Sovrano è il Popolo. E all’organo che rappresenta il Sovrano, cioè al Parlamento, il Governo non può e non deve dettare i tempi per svolgere le sue funzioni.

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