• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Politica > Referendum 2012: limiti e potenzialità

Referendum 2012: limiti e potenzialità

L’iniziativa referendaria per l’abrogazione del Porcellum, l’attuale legge elettorale firmata da Roberto Calderoli, è una buona occasione per riflettere sulle potenzialità e sui limiti del ricorso al referendum, un tema sempre di attualità nella storia recente del nostro Paese.

Per lunghi anni, in particolare dopo la sonora sconfitta dell’iniziativa per l’abrogazione della legge sulla fecondazione assistita (l. n. 40/2004), i referendari “storici”, da Marco Pannella a Mario Segni, sostennero che il referendum, in Italia, fosse morto.

Ad averlo ucciso erano stati da un lato la crescita, lenta ma insesorabile, dell’astensionismo e dall’altro le operazioni di sabotaggio di Governi e maggioranze parlamentari: il rifiuto sistematico di accorpare i referendum con le consultazioni elettorali (election day), il silenzio dell’informazione del servizio pubblico televisivo sui quesiti nonché l’approvazione di vere leggi-truffa come quella recentemente impiegata – senza successo – contro il quesito sul nucleare.

L’inaspettato trionfo dei referendum su acqua pubblica, nucleare e “legittimo impedimento” ha apparentemente inaugurato una nuova stagione di fiducia nell’istituto referendario. Fiducia forse eccessiva, se si considera che alla chiamata alle urne per decidere sulla costruzione di centrali nucleari hanno risposto – conteggiando i residenti all’estero e al lordo dei numerosi “fantasmi” che popolano le liste elettorali – poco più del 53% degli aventi diritto. A ben vedere, siamo stati piuttosto vicini ad ascoltare il requiem aeternam dell’istituto referendario e la sua salute resta ancora piuttosto precaria.

Forse per effetto della rinnovata fiducia, il gruppo guidato dal costituzionalista Andrea Morrone ha lanciato, nei mesi scorsi, una ennesima proposta abrogativa dell’attuale legge elettorale.

Quasi immediatamente, pero’, il prof. Morrone si e’ trovato sotto il fuoco di fila dei blogger più scrupolosi, che sono giunti ad accusarlo di “truffa”, costringendolo a lunghe spiegazioni.

Il perché è presto detto. In uno scritto del 2007 (A. Morrone, Sull’ammissibilita dei referendum elettorali (…), Astrid, Firenze, 2007) facilmente reperibile anche in rete, il professore aveva espresso dubbi su di una precedente iniziativa referendaria contro il Porcellum (proposta dall’on. Castagnetti) sostenendo, almeno apparentemente, che fosse impossibile attraverso un referendum abrogativo ottenere l’effetto di ripristinare il sistema elettorale previgente (la legge Mattarella, prevalentemente maggioritaria a collegi uninominali). Cioè aveva sostenuto l’impossibilità di raggiungere lo stesso obiettivo che dichiaratamente si prefiggono i quesiti attuali, redatti dallo stesso Morrone.

Alle critiche, va detto, il professore ha prontamente risposto con argomentazioni plausibili, delle quali daremo conto, che però non troviamo del tutto convincenti.

La nuova iniziativa anti-Porcellum consiste in due quesiti. Entrambi mirano ad abrogare esattamente le stesse disposizioni, sia pure individuate in modo diverso: i redattori dei quesiti, pertanto, si aspettano che almeno uno dei quesiti sia dichiarato inammissibile dalla Corte Costituzionale, alla quale intendono proporre due strade alternative per l’eliminazione della legge-porcata.

Semplificando, i due quesiti referendari prevedono rispettivamente di abrogare la legge n° 270/2005 – cioè il famigerato Porcellum, che a sua volta ha modificato le disposizioni della legge Mattarella – e di eliminare, una per una, tutte le disposizioni che la legge n° 270/2005 ha introdotto.

Per comprendere la differenza tra i due quesiti, bisogna tenere a mente quanto segue.

Le norme per l’elezione del Parlamento sono ancora oggi contenute, per la Camera, nel testo unico delle leggi elettorali del 1957 (D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361) e, per il Senato, nel più recente d.lgs. n° 533/1993. La legge Calderoli (270/2005) ha modificato questi due testi normativi, creando un nuovo sistema elettorale. Non li ha abrogati e sostituiti, ma modificati, così come le riforme elettorali precedenti hanno modificato il T.U. del 1957, ancora vigente, senza sostituirlo. La modifica è avvenuta mediante l’abrogazione delle disposizioni precedenti e la loro sostituzione con nuove norme.

L’idea di Morrone è in sostanza quella di far “rivivere” la precedente legge elettorale tramite una “abrogazione dell’abrogazione”.

Infatti, come evidenziato dallo stesso Morrone, anche se la maggior parte dei costituzionalisti e la giurisprudenza della Corte Costituzionale negano che l’abrogazione di una legge possa “resuscitare” quella precedente (mancherebbe infatti una espressa volontà del Legislatore di riportarla in vita), molti ammettono che l’abrogazione di una abrogazione – cioè di una norma che si limiti a rimoverne un’altra, senza sostituirla con una nuova – dovrebbe determinare la reviviscenza della precedente. In questo caso la volontà del Legislatore (o del popolo sovrano, nel caso del referenudm) sarebbe infatti univoca. Eliminare la norma che ne ha eliminata un’altra non potrebbe che esprimere l’intenzione di ripristinare la norma previgente: in caso contrario, l’abrogazione dell’abrogazione sarebbe semplicemente inutile.

Ma i nuovi quesiti referendari agiscono davvero in questo modo, limitandosi ad eliminare norme che abrogano precedenti norme? Abbiamo appena detto, infatti, che la legge Calderoli ha modificato le precedenti leggi elettorali, sostituendo le vecchie norme con le nuove.

La “trovata” di Morrone sta proprio qui: il secondo quesito, il quesito “chirurgico”, mira ad abrogare le norme che ordinano la sostituzione delle vecchie norme (della legge Mattarella) con le nuove (della legge Calderoli).

Un esempio (con qualche necessaria semplificazione, di cui ci scusiamo) può aiutare a comprendere meglio.

La legge Calderoli è formulata in questo modo: “L’articolo A della legge B è sostituito con il seguente: C “. Il quesito propone di eliminare le parole “è sostituito con“.

La conseguenza, secondo i promotori, sarebbe quella di impedire la sostituzione, con la conseguenza che le nuove regole elettorali introdotte dalla legge-porcata resterebbero “lettera morta”, non sostituendo più le precedenti, che tornerebbero applicabili.

Il condizionale è d’obbligo. Il prof. Morrone, sembra di capire, ritiene che l’abrogazione delle norme “A” che ordinano la sostituzione di “B” con “C” equivalga, in sostanza, all’abrogazione di una norma meramente abrogativa: la norma che ordina la sostituzione sarebbe, in sé considerata, una norma meramente abrogativa. Un escamotage certo ingegnoso, ma sarà sufficiente a passare il vaglio della Corte costituzionale?

Negli anni, la Consulta ha enunciato alcuni princìpi in materia di leggi elettorali che pongono significative restrizioni alle iniziative referendarie.

La legge elettorale è infatti una legge costituzionalmente necessaria: non può non esserci. Questo e’ ragionevole: la Costituzione impone che, in caso di scioglimento delle Camere, le elezioni si tengano in tempi estremamente brevi (60 giorni dallo scioglimento delle precedenti). L’assenza di una legge elettorale, in caso di crisi parlamentare, porterebbe alla paralisi.

Di conseguenza, un referendum che fosse rivolto ad abrogare integralmente la legge elettorale vigente sarebbe senz’altro dichiarato inammissibile. Ma anche le abrogazioni parziali incontrano limiti significativi: la Corte ha statuito, infatti, che la normativa risultante dall’approvazione del quesito deve essere autoapplicativa, cioè deve essere tale da consentire di andare immediatamente al voto senza il minimo ritocco da parte del Parlamento.

Un referendum elettorale, quindi, sia pure formalmente abrogativo, deve necessariamente essere manipolativo: può modificare la legge vigente, anche in modo radicale, ma deve comunque condurre ad una nuova legge elettorale, completa ed applicabile.

A giudizio di molti costituzionalisti, l’attuale iniziativa referendaria è destinata al fallimento: la Corte bloccherà i quesiti dichiarandoli inammissibili.

Va detto che le critiche più forti (si veda, per tutti, questo articolo apparso su Micromega) giungono prevalentemente da coloro che avevano sostenuto una diversa iniziativa referendaria: quella intrapresa dal sen. Passigli, che mirava a correggere le anomalie del Porcellum mantenendo un sistema proporzionale.

Passigli, ex senatore dell’Ulivo (DS), si era dichiarato apertamente contrario al ripristino della legge Mattarella e – secondo i maligni – i quesiti pro-Mattarellum di Morrone (considerato di area prodiana), sarebbero stati presentati solo per far fallire il referendum di Passigli.

Ma le critiche sono venute anche da giuristi che hanno evidenziato, al i là del merito, il rischio dell’inammissibilita dei quesiti.

A giudicare dallo straordinario successo della raccolta firme, molti dei nostri lettori avranno certamente firmato per il referendum elettorale. A tutti loro proponiamo, quindi, qualche considerazione.

Il referendum viene solitamente utilizzato come strumento di pressione dalle minoranze parlamentari e dei loro elettori: questa è, in effetti, la sua funzione naturale. Rimuovere leggi che il corpo elettorale non condivide, contrastare scelte della maggioranza parlamentare avversate dalla maggioranza dei cittadini. Per raggiungere il suo scopo, un’iniziativa referendaria deve però avere tre caratteristiche:

• Deve riguardare argomenti realmente sentiti dall’elettorato (il referendum sulla fecondazione assistita, ad esempio, era ampiamente giustificato – le norme oggetto dei quesiti sono state quasi tutte dichiarate incostituzionali – ma riguardava una minoranza dei cittadini e non è riuscito pertanto a superare lo scoglio del quorum).

• Deve coinvolgere gli elettori fin dalla raccolta delle firme, requisito indispensabile per il successo della successiva campagna referendaria.

• Infine, deve ridurre al minimo il rischio che i quesiti vengano bocciati dalla Corte Costituzionale, vanificando bruscamente la raccolta delle firme con un grave effetto demoralizzante nei confronti dei sostenitori.

I quesiti anti-Porcellum sono carenti proprio sotto quest’ultimo profilo.

Il principale limite del referendum abrogativo è l’estrema incertezza dei criteri elaborati dalla Corte costituzionale per valutarne l’ammissibilità. Questa incertezza consente ed anzi favorisce iniziative “spericolate”, quasi sempre concepite o ispirate (e non può essere un caso) da esponenti della società civile, da politici di secondo piano o ritiratisi a vita privata, cioè da persone che non saranno chiamate a rispondere politicamente delle loro decisioni.

Ma se la Consulta boccerà i quesiti, quasi certamente il grande pubblico trascurerà le responsabilità dei loro redattori. Verranno proposte, invece, teorie cospirazioniste e intonato il ritornello della “democrazia sospesa”.

Come conseguenza, un’iniziativa i cui obiettivi sono facilmente condivisibili avrà reso un cattivo servizio all’istituto referendario, alla democrazia e al diritto.

Ci permettiamo di proporre una diversa chiave di lettura: il coraggio è una virtù, la spregiudicatezza no. Soprattuto di questi tempi.

di Andrea Carapellucci

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares