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Recovery Found: il fondo sovrano di debito

Nell’Italia impegnata ad immaginare come spendere il denaro “dell’Europa” che ci pioverà addosso tra qualche settimana o mese, oggi sui quotidiani segnaliamo una clamorosa epifania del nulla ed una proposta rivoluzionaria, di quelle che sarebbero piaciute a Orwell, stante la capacità di stravolgere il significato delle parole.

L’epifania è la considerazione del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri; che, in audizione sul nuovo scostamento di bilancio, ha affermato qualcosa di piuttosto ovvio, e cioè che i prestiti del Recovery Fund saranno comunque sovraordinati nel rimborso rispetto al debito nazionale.

Incredibile, vero? Chi l’avrebbe mai immaginato? Se non fosse che questa seniority del debito comune europeo è la stessa che caratterizza il MES pandemico che la maggioranza del parlamento italiano rigetta, considerandolo come il cavallo di Troia (o di Troika) per consentire alla realtà di espugnare il fortino italiano.

E quindi, che si fa? A rigor di logica, la maggioranza del parlamento dovrebbe ora rigettare l’accordo europeo che ha partorito il Recovery Fund, con motivazioni identiche a quelle per cui rifiuta il MES pandemico. O no? E i mercati? Che faranno, i mercati? Voglio dire, se prima avevamo 36 miliardi di debito sovraordinati ai Btp, ora ne abbiamo circa 127, che sono il 5% del nostro stock complessivo di debito. Dovremmo attenderci un allargamento dello spread sui Bund, no? Al momento non si vede ancora ma mai sottovalutare la reattività dei mercati, soprattutto quando cadono dal letto.

A proposito, ma secondo voi perché la maggioranza dei nostri eletti in parlamento rigetta prestiti europei, ritenendoli inzeppati di condizionalità capestro come (orrore!) il loro rimborso? Forse -azzardo- perché la maggioranza dei nostri eletti in parlamento non ha mai realmente abbandonato l’idea di una cancellazione del debito o di ricevere sovvenzioni, cioè soldi a fondo perduto. Diversamente non mi spiego questo atteggiamento.

“Ci vogliono controllare”. Un vero vulnus all’orgoglio nazionale, in effetti: chiediamo soldi e quelli che ce li danno vorrebbero pure verificare se li spendiamo secondo le linee guida accettate da tutti gli altri paesi? Ma chi credete che siamo noi italiani, una colonia?

Un minimo di igiene mentale (o di intelligenza col Nemico Straniero, a seconda dei punti di vista), è stata fornita ieri, durante un’altra audizione, dal capo del Servizio Struttura economica della Banca d’Italia, Fabrizio Balassone. Che accadrebbe se non riuscissimo a restituire i soldi del MES?, gli hanno chiesto con ansiosa retorica i parlamentari. Beh, “a quel punto il MES sarebbe l’ultima preoccupazione, perché vorrebbe dire che saremmo in una situazione notevolmente aggravata”.

Al tempo, al tempo!, avranno pensato molti nostri eletti. Se il debito fosse solo quello composto da Btp e dovessimo incorrere in problemi di rimborso, potremmo comunque contare sulla comprensione dei nostri compatrioti creditori e magari ritardare i pagamenti sino a tempi migliori, o no? Col MES non si potrebbe, e arriverebbero stivali chiodati sulla Penisola.

Ho qualche dubbio su questa speranza, diciamo. Perché le nostre banche, in quella ipotesi, finirebbero a gambe all’aria. Per non parlare della quota di debito italiano posseduta dalla Banca centrale europea per il tramite di Bankitalia. Pensate forse che potremmo ristrutturarla?

Ah, ma anche qui nessun problema, avranno pensato i nostri eletti: intanto, si introduce una moneta parallela per le transazioni, si bloccano i movimenti di capitale ed i conti correnti, si aprono le cassette di sicurezza, si sequestrano gli euro in esse detenuti, a qualsivoglia titolo, e si procede alla conversione nella Nuova Lira. O no? Ah, no?

Quindi, per farvela breve, il rifiuto del MES mi pare sottintenda la possibilità di avere mani libere quando avremo una crisi di debito, per passare ad una moneta alternativa. Uhm, ma il debito delle aziende italiane emesso sotto giurisdizione estera, ed irrevocabilmente denominato in euro? Ora basta, però, perché sto diventando ripetitivo: in effetti, ripeto questi scenari da una decina di anni. Ma non è tutta colpa mia, comunque: sono i venditori di olio di serpente che non vogliono capire.

Torniamo al Recovery Fund: ammesso che il parlamento lo accetti, date le premesse di cui sopra, come gestire tutto quel ben di dio? Beh, spendendolo secondo quanto previsto dallo stato di avanzamento lavoro concordato con la Commissione Ue, no? Si, quello mi è chiaro, ma come?

Oggi il suggerimento arriva da Sestino Giacomoni, parlamentare di Forza Italia e soprattutto presidente della commissione di vigilanza su Cassa Depositi e Prestiti. Il quale, in una lettera al quotidiano MF, espone la sua idea: creare un fondo sovrano.

E qui, resto perplesso. A me avevano spiegato che i fondi sovrani sono i collettori di riserve valutarie prodotte da aziende pubbliche impegnate nell’export, soprattutto di materie prime. Invece, secondo Giacomoni, il fondo sovrano sarebbe il contenitore

[…] in cui far confluire le risorse del Recovery Fund e il risparmio privato di tutti coloro che vogliono diventare azionisti del proprio futuro.

Confesso che trovo molto immaginifico quel “diventare azionista del mio futuro”, anche se (non so perché) mi richiama alla mente, per strana associazione, procedure concorsuali e tribunali fallimentari. Come che sia, avremmo un fondo sovrano fatto di debito verso la Ue, e verso i cittadini italiani. Anzi no, questi ultimi diverrebbero azionisti del loro futuro, perché essere creditori del proprio futuro limita il potenziale di guadagno.

Che dire? Se, come si sente in giro, il risparmio è il nostro petrolio, mi pare corretto che tale petrolio contribuisca a creare un fondo sovrano, che si solito si alimenta di quello, come nel caso norvegese. Cito la Norvegia non a caso, perché Giacomoni ha la vista lunga:

L’obiettivo del Fondo sovrano inizialmente dovrebbe essere di investire risorse del Recovery Fund e risparmi privati in progetti concreti per sostenere e far ripartire il sistema produttivo, ma l’auspicio è che -subito dopo, grazie al ritorno degli investimenti effettuati- il fondo possa indirizzare i risparmi privati degli italiani anche verso acquisizioni estere, avendo come modello di riferimento il fondo sovrano norvegese.

Che vi avevo detto? Il fondo sovrano italiano nasce a debito, almeno per metà, poi con uno spettacolare colpo di reni si trasforma in capitale, grazie al ritorno sugli investimenti che manco spaccio di droga e tratta dell’immigrazione, e a quel punto diventa concorrente del fondo sovrano norvegese, che grazie alla sua rendita petrolifera va in giro per il mondo col ditino alzato dichiarando guerra ai combustibili fossili.

Pensate, amici: da 127 miliardi di debito, che in realtà prenderebbe le forme di una sorta di seed capital, andremmo a creare un fondo sovrano. Più che Sestino, tombola. Lo sappiano i nostri parlamentari, che a maggioranza non vogliono prestiti europei e che a questo punto devono decidere se rifiutare la seniority dei prestiti del Recovery Fund: potremo mai rifiutare la nostra fortuna?

Se continuate a non essere convinti dagli euro-prestiti, vi regalo uno spunto sovranista: pensate che, convertendo in capitale i Btp degli italiani, potremmo farci un fondo sovrano in casa nostra. Meditate, patrioti, meditate.

Foto: Pxhere

 

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