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Re-setting. Chi più ne sa, più ne dica

Come promesso nella mia risposta ad Alberto Fortuzzi che mi ha “brutalmente” invitato ad "essere più esaustivo”, riporto qui a seguire i tratti essenziali della ‘divina materia’ della quale vado trattando su Agoravox.

Nel ringraziare Alberto e quanti dedicano la loro preziosa attenzione critica alla mia ‘indagine’, li invito ad unire gli sforzi per spingere a fondo l’analisi sulla R&S che domina il ‘sistema’, sul modo di de-tenerla e sui suoi presunti ‘titolari’. 

In ’materia’ il titolo del presente articolo richiama una cartolina che il direttore di una delle più importanti biblioteche italiane mi fece indirettamente avere, quando prese ’visione’ del contenuto del seminario R&S Reseaux et Sens. La cartolina riporta in una lingua antica la seguente scritta: "Chi più ne sa, meno ne parla". Di che dunque, sapendone parecchio, bisognerebbe tacere?

La risposta a tutto ciò, che in una vecchia pubblicità della FIAT ci veniva indicata in una rossa Punto che girava in tondo in senso antiorario, rimane senza ombra di dubbio quella di Cosa sia quel Punto e quale sia il centro attorno al quale si gira ma, sopra-tutto di chi continua ad arrogarsi il diritto di de-tenerne il metafisico Senso.

Sembra che sull’agostiniana distinzione fra città celeste e città terrena vada ormai tracciata la linea di demarcazione fra le visioni del mondo della Polis universale. E sembra altresì che è alla traduzione terrena della ‘città di Dio’ che la Storia si sta rivolgendo. 

Tutto sta a vedere qual è la versione di Dio che s’impone.

 

La psicosinergetica continua la ricerca del ponte che unisce parole e cose, mente e materia, attraverso la navigazione nel burrascoso mare del senso del quale la zattera dell’Io è divenuta il ripiegamento.

Mentre la Sinergetica di Haken è una disciplina già in qualche modo codificata e strutturata 1, la psicosinergetica insiste sul problematico rapporto con l’anima, con l’essenza intangibile delle cose o con la loro ‘noumenicità’, se vogliamo assumere un concetto filosofico ortodosso.

La psicosinergetica risponde in tal guisa anche a quella rispettabilissima forma di religio alla quale Capra rimanda ne La rete della vita 2, col proporne bensì una che conserva una zona di fondamentale inesplicabilità, di sostanziale incalcolabilità, di una certa anarchia.

Cuore del suo metodo è l’idea della con-centr-azione come luogo e lavoro di convergenza della molteplicità delle discipline, laddove la frammentazione, il rumore e la ridondanza comunicativa, la quantità enorme di input, di immagini, di messaggi e di interpretazioni, hanno creato una saturazione, un’implosione concettuale e psicologica che ha bisogno di uno sfogo, di una linea di fuga che attraversi l’immane massa dei dati e la pesante stratificazione delle idee, che sfugga ogni determinazione, continuando a mantenersi in una zona franca di cui il vuoto buddista o quello della micropsicanalisi possono essere una metafora indicativa.

La psicosinergetica sisforza di interpretare la profonda contraddizione fra molteplicità e bisogno di identità, considerato che anche il ‘nonsense’ cui rimanda ad esempio Leonardo Arena3, non si sottrae all’istanza di una qualche comprensione, pena l’impossibilità di ogni dire.

La psicosinergetica riconduce ciascuna parte alla relazione complessa e contraddittoria che la lega al tutto ed al nulla e, in questa tensione estrema, riscopre il mistero che sta dietro le cose. Trovano in tal modo la loro ‘ricollocazione’ gli archetipi junghiani come le cacciariane icone della legge, il freudiano Es come il Sé d’Oriente, ciascuno al contempo testimone della perdita di ogni senso e della fatica di doverlo continuare a cercare.

Fuori da ogni retorica, quanto piuttosto all’interno di una storica necessità, la psicosinergetica attesta, all’inizio del terzo Millennio dell’Era cristiana, il comune ritrovarsi in mezzo al guado fra il cosiddetto razionale e la ‘sua’ irrazionale ombra. Il ‘torrente’ del relativismo e l’infinita moltiplicazione delle interpretazioni, hanno generato una forzosa metastasi del pensiero. Mentre Heidegger poneva la questione di cosa significhi pensare, oggi è sempre più difficile sottrarsi ad un capillare fenomeno di passività mentale, di meccanico automatismo che ci costringe ad obbedire a condizioni strutturali sempre più soffocanti e stringenti, senza alcuna apparente via d’uscita. Chi in merito ha richiamato la metafora del gioco 4, non ha forse valutato a sufficienza se le caratteristiche di questa specie di flipper del quale siamo le palline corrispondano a quelle classiche del gioco: leggerezza, serenità, ingenuità, sono state sostituite da diffusa pesantezza, invadente oppressione e calcolo ‘totale’.

 

Il gioco si è invero fatto assai duro e ne verifichiamo quotidianamente i risvolti più infelici; in molti suoi aspetti essenziali, è divenuto ben poco edificante e di esso crescono quasi esclusivamente le forme più banali, volgari, oppressive, tutte insieme veicolate da una stupida assillante propaganda, dalla continua crescita delle violenza simbolica che inonda i teleschermi, dalla imbecillità e dall’arroganza assunte come modello di comportamento. Tutto ciò, mentre qualche liberal dell’ultima ora si accontenterebbe anche solo che venisse imposta una percentuale minima di comunicazione che non sia spazzatura. Chi si contenta gode, beato lui.

 

Oggi va molto di moda parlare di olismo e di ecologia, ma tali concetti restano morta lettera se non vengono riempiti di serie indagini sulle relazioni fra le cose. Tuttavia un tale approccio non può essere occasionale o improvvisato e dovrebbe divenire la stella polare del nostro navigare; diversamente sarà molto probabile l’andare a fondo, visto che anche chi scriveva dell’alternativa fra apocalittici e integrati, sembra ormai sempre più ‘death-oriented’ 5.

Per il ‘professionismo’ filosofico è la fenomenologia quella che intende descrivere il mondo e le sue ‘ragioni’, ma cos’è il fenomeno che chiamiamo storia se non un unico meccanismo complessivo nel quale siamo gettati e con il quale siamo costretti ad interagire svolgendo il nostro ruolo di attori sociali? E chi ne è il regista e in base a quali criteri vengono attribuite le parti? Chi e perché fa il primo attore e chi e perché la comparsa? 

 

Michel Foucault affermava che di fatto e di diritto sono poche le cose che si possono veramente dire; esse corrispondono agli enunciati che si distribuiscono in termini di rarità, mentre il resto è solo rumore, ridondanza e ripetizione 6. Noi tutti siamo avvolti dal pulviscolo di una miriade di input e da innumerevoli microeventi che ci sollecitano in tutte le direzioni; una simile complessità, più che sfidarla, la si subisce 7: Il lavoro è sempre più la risposta funzionale alla megamacchina della quale siamo chiamati a fare da ingranaggi, da molecole costitutive, quasi che un solo corpo, un unico organismo si debba costituire come un macrooggetto storico totale. In questo contesto il lavoro porta con sé sempre maggiore incremento di tensioni e conflittualità; la competizione si impone ovunque come la categoria che domina le relazioni e gli scambi. L’economista Schumpeter parlava appunto di distruzione creatrice, un processo nel quale continuamente avvengono processi di trasformazione che annientano l’esistente per creare il nuovo, ma in che termini tutto ciò è correlato con il generale mediatore dei processi, il dio denaro? 8 Ed ha ragione Severino ad identificare Dio e Cesare? 9 Il denaro, non a caso, è a sua volta identificato al tempo in una correlazione che vede, al crescere della quantità dell’uno, decrescere proporzionalmente la qualità dell’altro; ma quale medico ha ordinato che la sola terapia storica debba essere questa? Quale forza di attrazione domina questo processo dal sapore sempre più amaro e le sue nuove infernali mappe?

 

Sull’insieme delle questioni qui sommariamente poste si sviluppa il seminario R&S Reseaux & Sens che, in una prospettiva di dibattito aperto e a tutto campo, è alla ricerca di nuove riletture dei problemi e del loro senso complessivo.

 

Le Sens est la recherche du Sens 

 

 

 

1 Cfr. H. Haken, Nel senso della Sinergetica, Napoli, 2005

2 Cfr. F. Capra, La rete della vita, Milano, 1997

3Cfr. L.V. Arena, Del nonsense, Urbino, 2000

4 Cfr. A. Dal Lago P.A. Rovatti, Per gioco, Torino 1993

5 Cfr. ad alcuni passaggi degli ultimi libri di Umberto Eco nei quali l’autore si ‘abbandona’ ad un desiderio di morte


6 Cfr. G. Deleuza, Foucault, Milano, 1987

7 Cfr. G. Bocchi, M. Ceruti, La sfida della complessità, Milano 1985

8 Cfr. M. Fini, Il denaro. Sterco del demonio, Venezia 1988. Si veda anche l’interessante documento a cura della cattedra di teoria generale del diritto dell’Università di Chieti Una legge per la proprietà di popolo, nel quale, poco prima dell’introduzione dell’Euro, sulla base della riflessione critica di Giacinto Auriti, venne fatta una proposta di legge per attribuire la titolarità della moneta ai cittadini, anziché alla Banca Centrale.

9 Cfr. E. Severino, A Cesare e a Dio, Milano 2007

 

 

 

 

 

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