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Rapporto europeo sulla ricostruzione: c’è del marcio all’Aquila

È il 23 giugno del 2013, solo pochi mesi fa, quando “nel corso di un’audizione nel merito organizzata dal gruppo PPE nel Parlamento europeo, le Autorità italiane presenti hanno sostenuto che per completare la ricostruzione della città vecchia occorreranno 15-20 anni, il che significa circa 25 anni dopo il terremoto.” Per i più ottimisti un respiro di sollievo: dopotutto L’Aquila è sempre la città dove ci sono voluti 30 anni solo per costruire lo stadio di Acquasanta. E ancora non apre.

La tempistica ufficiale del crono-programma della ricostruzione, sostenuta dalle autorità italiane a Bruxelles, è riportata nella relazione speciale della Commissione europea per il controllo dei Bilanci, firmata dal’eurodeputato danese Søren Bo Søndergaard. Lo stesso eurodeputato che si è preso la briga di venire ieri, a L’Aquila, per spiegare di persona ai cittadini tutte le perplessità sull’uso del governo italiano dei fondi concessi dalla Ue per l’emergenza terremoto.

Oltre a svelare il vero arco temporale della ricostruzione - quel cronoprogramma di cui tanto parla il Sindaco Cialente, senza mai avere il coraggio di tirarlo fuori dai cassetti - il rapporto Søndergaard dipinge una realtà impietosa, rafforzando tutti i peggiori pregiudizi che hanno, nel nord d’Europa, sugli italiani e sul nostro allegro utilizzo del denaro pubblico. Se consideriamo che la Danimarca è, in Europa, uno degli Stati con le economie più solide e il tenore di vita più alto, non c’è da stupirsi delle perplessità avanzate da Søndergaard nel suo rapporto. Infiltrazioni malavitose, costi elevati, prodotti scadenti e fallati, pubblicistica ingannevole sui veri finanziatori delle opere, pannelli fotovoltaici che producono reddito per le ditte appaltanti: sono solo alcuni degli aspetti messi in evidenza nella sua relazione.

L’eurodeputato danese, nel suo dettagliato documento, non dimentica di ritenersi completamente d’accordo con i contenuti dell’articolo di Michael Kimmelmann uscito sul New York Times: “Aquila: esempio da non seguire”. E non nasconde tutta la sua indignazione avendo rivelato che: “Più del 42% di CASE è stata costruita con il denaro dei contribuenti dell’UE e non dal Governo italiano come sostiene l’ex presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi.”

Ma tutte le considerazioni finali di Søndergaard, membro danese della Commissione europea per il controllo dei Bilanci, sono critiche sul modus operandi adottato fino adesso per la ricostruzione dell’Aquila. Søndergaard si dice “totalmente d’accordo con la dichiarazione della Corte dei conti che sostiene che “circa il 30 % (144 milioni di euro) dei contributi FSUE è stato stanziato per le operazioni che erano pienamente ammissibili nell’ambito del regolamento FSUE. “Tuttavia - fa notare l’eurodeputato - il progetto CASE non è conforme alle specifiche disposizioni del regolamento FSUE. Questo perché sono stati costruiti nuovi edifici permanenti, invece di case temporanee. E il progetto CASE ha preso il 70% dei finanziamenti EEUR (350 milioni). La strategia scelta per il progetto CASE è stata quella di affrontare le esigenze abitative di 15.000 abitanti della popolazione colpita dal terremoto, ma non ha risposto in modo tempestivo e con capacità sufficiente per i bisogni reali della popolazione. Le CASE si sono rivelate più costose di quelle standard.”

Sempre Søndergaard, nelle conclusioni della relazione, rileva che "la relazione speciale della Corte dei conti 24/2012 non considera appieno tutta la violazione delle norme comunitarie per quanto riguarda le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici e altri tipi di uso improprio dei fondi UE in seguito al terremoto del 2009”.

Ecco perché, l’europarlamentare danese “raccomanda la richiesta all’Italia di rimborsare i fondi FSUE in caso, nel futuro, derivasse profitto dai progetti finanziati dai contribuenti europei. Invita la Commissione a chiarire perché, anche se avvisata di indagini in corso da parte della Procura dell’Aquila, la stessa Commissione si è sempre rifiutata di indagare se i fondi comunitari fossero stati pagati a operatori economici legati a organizzazioni criminali. Inoltre - sempre secondo Søndergaard - benché la Commissione fosse stata allertata in merito a problemi circa il costo delle CASE, la Commissione ha rifiutato di follow-up su questo punto; la Commissione si è sempre rifiutata di interessarsi a questa materia.

Per chi volesse leggere tutti i rilievi avanzati dal rapporto al’eurodeputato danese Søren Bo Søndergaard, si può scaricare copia del rapporto in italiano cliccando qui.

 

Foto: GUE/NGL - Flickr

 

 

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