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RAI: tra appalti al ribasso e diritti negati

Ancora una vicenda di lavoratori lasciati a casa in un cambio appalto al ribasso160 lavoratori che dal 12 febbraio sono senza posto di lavoro e senza retribuzione o che si sono visti abbassare lo stipendio sotto il livello della povertà. Un storia come ne abbiamo sentite tante, solo che questa volta la committente è nientedimeno che la RAI. 

L'azienda concessionaria del Servizio Pubblico ha infatti effettuato una gara d'appalto per i servizi di manovalanza e trasporto presso i Centri di produzione Tv Rai di Roma senza indicare né la clausola sociale (cioé l'obbligo di mantenere o perlomeno dare preferenza ai lavoratori che sono già all'interno dell'azienda) né il contratto di riferimento da applicare ai lavoratori (in questo caso si tratta del contratto Unicoop/Ugl). Il risultato è presto detto: ad aggiudicarsi l'appalto è il Consorzio Miles che ha vinto con un ribasso del 40% applicando un contratto di lavoro diverso da quello nazionale e che prevede 173 ore mensili ordinarie (ossia, fino al raggiungimento delle 173 ore mensili anche quando si lavora per 12 ore in una giornata ogni ora viene considerata ordinaria, le ore vengono considerate come straordinari soltanto quando si sono già superate le 173 ore) senza tredicesima e quattordicesima.

Così, a partire da martedì 9 febbraio, gli operai del Consorzio Labor che per 40 anni ha operato presso la RAI hanno messo in campo assemblee, scioperi e presidi sotto le sedi RAI di viale Mazzini e di Saxa Rubra per farsi ascoltare in vista del tavolo di trattativa tra Conzorzio Miles e sindacati che si è tenuto il 10 febbraio. Gli scioperi hanno avuto un'adesione totale ed hanno fatto sì che alcune trasmissioni non siano andate in onda in quelle giornate, come prova dell'importanza del lavoro di questi operai che pure la RAI preferisce appaltare piuttosto che gestire in maniera diretta proprio per non doversi preoccupare di diritti e salari.

La trattativa si è conclusa con un nulla di fatto, l’unica risposta dell’azienda è stata “o alle nostre condizioni o niente”. Davanti a questo ricatto la maggior parte dei lavoratori ha ceduto ed è stata assunta con contratti a tempo determinato di 3 mesi perdendo tutti i livelli e le progressioni contrattuali ottenute negli anni. Molti lavoratori, però, continuano a tenere duro confidando sul fatto che sulle gare d'appalto, che risalgono al 2013 ed al 2014 ma la cui assegnazione è stata prorogata fino al 2016, pende un ricorso al TAR del Lazio in quanto una sentenza del Consiglio di Stato (763/2015 ) indica come in presenza di appalti pubblici vada applicato ai lavoratori il contratto di lavoro sottoscritto dai sindacati comparativamente più rappresentativi, motivo per cui il bando risulterebbe illegale.

E' proprio per questo che lunedì prossimo, alle ore 10, i lavoratori saranno in presidio a Montecitorio per denunciare il comportamento della RAI che ha consapevolmente ignorato qualsiasi diritto dei lavoratori, facendo appello alle istituzioni perché il bando venga dichiarato illegale e la gara si rifaccia garantendo delle condizioni dignitose per gli operai.

Riprendendo le parole di un delegato sindacale: “Complimenti alla Rai che nei 5 giorni del Festival di Sanremo spende l’equivalente di 3 anni di stipendio dei 160 lavoratori che andranno, invece, sulla strada, che non riusciranno a pagare il mutuo della casa, non saranno, insomma, più in grado di assicurare il sostentamento della propria famiglia. Complimenti per davvero, da una parte si affama la gente e dall’altra si azzerano i contratti di lavoro, in nome di cosa? Di un finto risparmio – conclude – che non farà altro che produrre ulteriore squilibrio sociale.” Possibile che con tutti questi soldi la RAI non possa internalizzare questi servizi e questi lavoratori?

Diamo solidarietà a questi lavoratori e facciamo girare la notizia, è paradossale che nel centro di produzione culturale della televisione italiana, nemmeno un giornalista si sia affacciato al presidio per capire cosa stesse succedendo e dare un minimo di visibilità alla vicenda!

Questo articolo è stato pubblicato qui

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