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RAI: il servizio pubblico è quasi morto

Due anni fa, più o meno in questo stesso periodo, scrissi un articolo a difesa del canone Rai. A parte il fatto che mi sta venendo la voglia di disconoscerlo, benché l’articolo avesse riscosso anche alcune critiche, avevo difeso questa scelta perché fino ad allora avevo fermamente creduto nel ruolo svolto dalla Rai nell’educare e nell’informare intere generazioni di italiani nei decenni della sua storia successivi alla sua nascita, cosa che in parte, a mio parere, continuava a fare – almeno fino ad allora. È inutile dire che io non ho mai condiviso le politiche Rai che prevedono compensi milionari attribuiti a presentatori di qualunque risma per pochissime serate di trasmissioni che io ho sempre reputato delle boiate pazzesche o semplici fiere delle vanità; una tra queste, a mio personal parere, è il festival di Sanremo - senza contare tutte quelle trasmissioni per cerebrolesi del classico pomeriggio italiano.

Comunque, in parte, fino all’anno scorso, abbiamo potuto vedere trasmissioni, seppur in parte faziose, che ci hanno trasmesso notizie che altri hanno sapientemente omesso di diffondere, danneggiando così la coscienza percettiva di chi si informa. Cosa che io reputo quasi un crimine!

In questi ultimi mesi abbiamo assistito a scelte veramente discutibili da parte della dirigenza Rai; sono state eliminate trasmissioni che garantivano alla Rai share di ascolto che nessun’altra trasmissione poteva garantire. Trasmissioni come ‘Annozero’ e ‘Parla con me’, in modo infame, controproducente per l’azienda e semplicemente stupido per la legge del profitto, sono state messe fuori palinsesto. La Rai grazie a queste scelte ha perso milioni di entrate pubblicitarie, e i dirigenti Rai hanno svolto il compito proprio di una quinta colonna della concorrenza. Senza contare che, molti telespettatori avevano a cuore l’informazione fornita da trasmissioni, seppur schierate apertamente contro il governo, e che ora pagheranno il Canone con molta riluttanza rispetto a prima, anche se, precedentemente, c’è da supporre che non lo facessero proprio felicemente. Ultimamente telegiornali come il Tg1 sono divenuti - per me - inguardabili; io personalmente, da un annetto a questa parte, evito di guardarlo proprio come ho sempre fatto con i telegiornali Mediaset. E poi che dire delle sortite di Ferrara e di qualche altro buffone di corte proprio sulle reti della Rai? Se il dominus et deus delle tv private italiane vuole dare un “incarico di partito” ad un suo menestrello è liberissimo di farlo sulle proprie reti, non capisco perché lo debba fare assumere dalla tv pubblica, per non essere del resto guardato da nessuno e pagato soprattutto con i nostri soldi.

Precisando che l’opinione ancora in questo Paese non è un reato, vorrei porre una domanda polemica, ma che per me ha un fondo di grande verità: “Perché la Rai deve continuare a percepire un canone, quando omette in molte sue note trasmissioni di servire con onestà il popolo che foraggia ogni anno le Sue casse proprio per questo compito?” Oltre ad essere stata tolta la visibilità a giornalisti che avevano il pregio di far parlare nelle loro trasmissioni i reietti e i tartassati dal sistema, nonché i deboli, vengono omesse sistematicamente informazioni importanti, come per esempio è avvenuto per la “raccolta firme” per indire il Referendum per l’abolizione del “Porcellum”. A saper mio, sulla Rai, ne hanno parlato solo RaiNews 24 e il Tg3. Per parte mia, a questo punto, se non esistessero RaiNews 24, Rai tre e Rai storia, straccerei il bollettino del canone e mi opporrei in tutti i modi possibili al recupero dell’ “illegittimo credito” da parte di Equitalia.

Poi parlando della raccolta fondi di Michele Santoro per la sua futura libera trasmissione, Comizi d'amore, non si era mai vista una cosa del genere: un giornalista di grande carattere, capacità e professionalità, foss’anche con i suoi difetti, che ha fatto guadagnare milioni all’azienda per la quale ha lavorato, messo alla porta in modo vergognoso su evidenti pressioni dei partiti di governo, deve andare a chiedere una sorta di “elemosina” per portare avanti i suoi progetti di informazione pubblica e libera. Non ho parole! E devo continuare a vedere in Rai ‘pinco pallini’ vari che, dicendo delle esimie corbellerie, facendo soprattutto disinformazione, fanno perdere share, autorità e soldi all’azienda che li impiega, giorno dopo giorno? Spero che passi presto questo momento, ma mai come ora “Mamma” Rai – che soprattutto ormai per molti suoi dipendenti ed ex è una “matrigna cattiva”, specie per i precari - ha dimostrato di essere lo specchio di buona parte del Paese e della sua dirigenza politica: da una parte va avanti per forza di inerzia, dall’altra fa di tutto per non uscire dall’empasse in cui è entrata, andando così incontro al declino inesorabile, remando contro se stessa. La Rai è come la “peggiore Italia”, quella vera non quella di Brunetta: è incapace di auto-riformarsi e auto-regolamentarsi.

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