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Quota 100: tra scaloni, esodati immaginari e nativi analogici

Su RepubblicaTito Boeri commenta l’ultimo “non si può fare” di una lunga serie italiana: la rimozione di Quota 100. Perché, sapete, mentre per i lavoratori autonomi è lecito stravolgere le norme fiscali da un anno all’altro, ché tanto quelli sono tutti ladri e farabutti, per le pensioni occorre prendere per mano gli esausti pensionandi e non vandalizzare i loro “progetti di vita”, a spese dei sempre meno numerosi idioti che ancora lavorano in questo paese.

L’obiezione alla conclusione anticipata di Quota 100 è soprattutto una: non si possono creare nuovi esodati. Certo che no, se poi finiamo come con quelli, veri e soprattutto immaginari, causati dalla legge Fornero, e che hanno fatto la fortuna politica, tra gli altri, di Cesare Damiano.

Esodati immaginari perché, spesso, si trattava di persone “giovani” in situazioni di crisi aziendale o disoccupati da collocare in quiescenza senza troppi danni. Il vero esodato è invece colui che, a seguito di accordo con la propria azienda basato sulla persistenza del regime pensionistico, approfitta del medesimo e va in pensione trovandosi poi con un regime mutato ed anni davanti prima di aver diritto all’assegno.

Scrive quindi Boeri:

Ci sono diversi accordi in grandi imprese, soprattutto nel settore bancario, che fanno ricorso a queste uscite anticipate per ridurre gli esuberi e i giuristi sono già al lavoro per definire eventuali norme di salvaguardia. Altri accordi sono in dirittura d’arrivo e contribuiscono a spiegare le resistenze del sindacato a chiudere Quota 100.

Quindi, alla fine, Quota 100 diventa un gigantesco ammortizzatore sociale a integrale carico della fiscalità generale, cioè dei sopracitati idioti che insistono ad avere un lavoro e pagarci le tasse. Un pensiero per i truffatori che hanno intortato un elettorato di gonzi sostenendo che Quota 100 avrebbe prodotto un boom di assunzioni da staffetta generazionale. Quando riuscirete a capire che il mercato del lavoro è asimmetrico e che i venditori di fumo finiscono a spingere una stringa?

Se invece attendessimo la naturale scadenza di Quota 100, dice Boeri,

[…] si creerebbe un nuovo scalone nella notte fra il 31 dicembre 2021 e il 1 gennaio 2022, poco prima delle prossime elezioni politiche. Per gli esclusi ci sarà, infatti, un brusco innalzamento fino a 6 anni nei requisiti di pensionamento, come quello intervenuto 10 anni prima all’apice della crisi del debito.

Quindi, vediamo: Quota 100 è costata nel 2019 3 miliardi (a parte il costo dell’aumento dello spread), ne costerà altri 7 nel 2020 ed ancor più nei successivi, perché si accompagna al blocco dell’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita. Il tutto per una platea potenziale che Boeri stima nel 2019 pari a meno di 190 mila persone.

Che fare, quindi? Boeri propone una gigantesca “opzione donna” per tutti gli interessati:

[…] fare una riforma che estenda la libertà di scelta su quando andare in pensione, a partire da 63 anni, a tutte le generazioni che verranno, non solo a quelle oggi coinvolte da quota 100, imponendo le riduzioni attuariali, che oggi si applicano alla sola quota contributiva delle pensioni, sull’intero importo della pensione. Vorrebbe dire oggi una riduzione mediamente di un punto e mezzo per ogni anno di anticipo rispetto alla pensione offerta da Quota 100 e, in prospettiva, ancora meno dato che le generazioni che andranno in pensione nei prossimi anni avranno una quota contributiva più alta su cui la riduzione verrebbe comunque applicata.

Dal 2022 in avanti, i costi delle uscite sarebbero compensati dai minori importi pensionistici erogati. Detto in estrema sintesi, finiremmo ad avere torme di nuovi poveri (poi non dite che non ve l’avevo detto) in grado di perseguire i loro “progetti di vita”. In una società responsabile a livello individuale (che non esiste in natura), varrebbe la regola: “hai voluto uscire prima e ora muori di fame? Problema tuo”. Nella realtà, invece, questo esito produrrebbe la comparsa di nuovi masanielli e demagoghi, che chiederebbero pensioni di cittadinanza da finanziare uscendo dall’euro o invocando addizionali e patrimoniali sui più volte citati idioti che ancora insistono a produrre reddito in questo paese putrefatto.

Del resto, con il paese più vecchio (e probabilmente stupido) del mondo, a cui viene fatto credere di poter reggere la riduzione dell’età pensionabile, e con altrettanti somari disposti a credere che il sistema contributivo sia una forma di capitalizzazione (“i contributi sono i miei!”) e non a ripartizione (pagano i lavoratori per i pensionati), cosa mai sarebbe potuto andar storto?

In caso ci fosse ancora qualcuno che ragiona in termini di riduzione del danno servirà, come argomenta Boeri, che le aziende si facciano carico della differenza tra nuove pensioni modello “opzione donna” e modello Quota 100, oltre ad interventi del legislatore sulle norme degli anticipi pensionistici, i famosi Ape. Dopo di che, ci saranno sempre i casi umani degli uscieri usurati, i neoumanisti che argomenteranno in termini “arriva l’automazione, presto, pensioniamo tutti prima che siano distrutti!” oltre ai tecnologi che sostengono la necessità di liberarsi delle zavorre umane rappresentate dai “nativi analogici”, che sono quelli che per accendere un computer gli versano sopra della benzina.

E ovviamente ci saranno anche quelli che si fingeranno inidonei anche a premere il tasto di avvio della fotocopiatrice, confidando nella quiescenza anticipata per disabilità tecnologica. Nel paese in cui uno dei pilastri di welfare è quello delle finte pensioni di invalidità, ci può stare senza scandalo.

Foto: Pixabay

Questo articolo è stato pubblicato qui

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