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Quanti rifiuti nei canali di Venezia? Li studia la campagna Don’t Waste Venice

Mozziconi di sigarette, bottigliette di plastica e imballaggi alimentari: nei bei canali veneziani i rifiuti marini che mettono a rischio l'ecosistema della laguna. Il progetto Don't Waste Venice ha raccolto e analizzato i rifiuti, e ha bisogno di un sostegno per continuare l'attività.

di Valentina Daelli

AMBIENTE – Non solo chiese, ponti e campielli: il paesaggio urbano di Venezia nasconde anche quintali di rifiuti a mollo nelle sue acque. Immutata e splendida nell’immaginario dei milioni di visitatori che si riversano ogni anno tra i suoi canali, Venezia si trova costretta a conciliare la vivibilità e funzionalità della città con l’impatto non indifferente di tale mole di turisti. Una carica di quasi 10 milioni di visitatori nel 2014, a fronte di una popolazione che raggiunge nel centro storico poco più di 56 000 abitanti. E le conseguenze, sull’ambiente urbano, di certo non mancano.

Lo sanno i ricercatori che hanno promosso l’iniziativa Don’t Waste Venice, che sta concludendo in questi giorni la seconda fase di attività: a bordo di una piccola barca, percorrono i 53 chilometri di canali della città raccogliendo i rifiuti che galleggiano sulla superficie dell’acqua. Per monitorare la quantità e la provenienza dei rifiuti e per ricordare a tutti – turisti, abitanti e studenti fuori sede – che i canali della città non devono trasformarsi in una discarica. I risultati? Nel corso della prima fase di raccolta, tra giugno e luglio scorsi, i ricercatori hanno raccolto dall’acqua più di un quintale di spazzatura, e calcolato che un giro in barca sui canali può portare all’incontro di un rifiuto ogni 10 metri.

La campagna nasce dalla collaborazione tra ISPRA – STS Chioggia, Legambiente Veneto e il circolo di Legambiente Venezia, e si sviluppa nell’ambito del progetto europeo DeFishGear.
“Si tratta di un progetto internazionale che coinvolge diversi Paesi nella regione Adriatico-Ionica”, spiega Tomaso Fortibuoni, responsabile di DeFishGear per ISPRA, “con l’obiettivo di studiare il fenomeno del marine litter, cioè i rifiuti solidi prodotti da attività umane e riversati in mare”. Un problema che ha conseguenze sull’economia, l’ambiente e la salute delle persone: pensiamo alle plastiche ingerite dagli animali marini e ai danni che ne possono risultare sugli ecosistemi e sulla sicurezza alimentare del pescato. Ma anche alle spiagge coperte di rifiuti, con i costi in termini di pulizia e di svalutazione dell’attrazione turistica.

Da questo punto di vista Venezia offre un esempio unico: monitorare i rifiuti riversati nei suoi canali significa studiare la minaccia che rappresentano per il delicato ecosistema della laguna e per la vivibilità della città, considerata un’icona di bellezza e un’attrazione turistica mondiale.

La campagna Don’t waste Venice si pone un duplice obiettivo, racconta Fortibuoni. Da un punto di vista più scientifico, i ricercatori vogliono monitorare la quantità di rifiuti galleggianti nelle acque della città, e cercare di capirne la provenienza. “E al tempo stesso è un’iniziativa di sensibilizzazione: siamo riconoscibili nelle nostre escursioni di raccolta, interagiamo con gli abitanti e i visitatori, informiamo sull’importanza di questa azione e su quello che possiamo fare tutti per ridurre i rifiuti”.

L’iniziativa, patrocinata dal Comune di Venezia, non vuole fermarsi alla semplice raccolta dei dati. L’idea è che le informazioni messe insieme sulla quantità di marine litter presente nei canali possa convincere le istituzioni a pensare soluzioni per affrontare il problema. Per esempio? Aumentare il numero di cestini, molto scarsi in una città così turistica, e ripensare il sistema di raccolta dei rifiuti domestici. “A Venezia c’è un sistema di smaltimento dei rifiuti porta a porta”, spiega Fortibuoni. “I cittadini lasciano i sacchetti fuori dalla porta la mattina presto, ma spesso passano ore prima che siano raccolti: e in quel tempo arrivano gabbiani, e anche topi, a rovistare tra la spazzatura, lasciando rifiuti sparsi per le calli. Rifuti che vanno a finire nei canali”.

Tra le cause della sporcizia che si accumula in acqua ci sono sicuramente anche le cattive abitudini delle persone: non è un caso che gli oggetti più frequenti tra i rifiuti trovati dai ricercatori siano i mozziconi di sigarette. E i canali fiancheggiati da fondamenta (cioè i marciapiedi veneziani) sono più sporchi di quelli su cui si affacciano solo case, segno che i passanti non di rado gettano in acqua qualche rifiuto, senza aspettare di incontrare un cestino.

La seconda fase del progetto termina a novembre, ma la speranza è quella di continuare l’iniziativa nel 2016, e anzi estenderla alle altre isole della laguna. “Abbiamo lanciato una campagna di crowdfunding, per sostenere il finanziamento dell’attività anche quando il progetto DeFishGear sarà finito”. Sulla piattaforma Eppela è possibile contribuire al progetto, che vuole mantenere in vita il monitoraggio e la raccolta almeno per il prossimo anno (trovate le informazioni a questo link).

Questo articolo è stato pubblicato qui

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