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Qualità della vita in Italia: come evolve (e come si legge)

Il quotidiano ItaliaOggi ha pubblicato lo studio Qualità della vita 2018, ricerca realizzata dall’Università La Sapienza di Roma che fin dal 2004 stila una classifica di “vivibilità” delle province italiane.

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Anche se la mappa della qualità della vita dipinge un’Italia divisa sostanzialmente in due – con un Centro-Nord dove la valutazione è buona o sufficiente e un Centro-Sud dove prevale invece la valutazione scarsa o insufficiente – non si tratta di una mera trasposizione di dati economici, legati al reddito.

Al contrario, come evidenzia Alessandro Polli, ricercatore dell’Università La Sapienza che ha coordinato l’indagine, in quest’edizione 2018 come negli ultimi anni si nota piuttosto una riduzione di quei “fenomeni di polarizzazione territoriale più direttamente correlati al benessere economico”. Quella che emerge quindi non è una “tradizionale” frattura Nord-Sud guidata dalle differenze di reddito, ma casomai una duplice dinamica: da un lato “province «minori» […] contraddistinte da un notevole dinamismo, non soltanto imprenditoriale, e da condizioni economiche favorevoli”; dall’altro, “contesti metropolitani sempre più statici e non più idonei a garantire condizioni di vita accettabili ai loro residenti”.

La mappa della Qualità della vita 2018

I risultati in dettaglio (da cui emerge, ad esempio, come circa il 48% dei residenti nel nostro Paese vive nelle 59 province su 110 in cui la qualità della vita è considerata buona o accettabile, un dato più positivo rispetto agli anni precedenti) possono essere consultati qui. Concentriamoci piuttosto su alcune tendenze, in particolare per evidenziare di cosa sono fatti e che cosa ci raccontano i dati 2018. Se consideriamo solo i dati dei 21 comuni principali, cioè i capoluoghi di regione e quelli delle due province autonome di Trento e Bolzano, e li mettiamo a confronto con quelli degli anni precedenti (in particolare con quelli dell’anno scorso e con quelli di 5 e 10 anni fa) si possono notare da un lato alcune conferme: ad esempio i casi di Trento e Bolzano, costantemente nelle primissime posizioni della classifica, e quelli di Napoli e Palermo, di contro perennemente agli ultimi posti nel corso degli anni. Dall’altro lato, emergono alcune variazioni molto significative: ad esempio la provincia di Roma registra un calo notevole, scendendo dal 67° all’85° posto in un anno, e fa ancora più impressione rilevare come 10 anni fa la provincia della Capitale fosse addirittura al 24° posto. Quello di Roma è un caso eclatante, ma non è l’unico in cui la “qualità relativa” di una provincia scende (o sale) drasticamente nel giro di pochi anni.

Le dinamiche della Qualità della vita nelle 21 province capoluogo

C’è da scommettere che la tentazione di leggere questi dati in chiave “politica”, strumentalizzando i risultati – positivi o negativi – per elogiare o attaccare le amministrazioni comunali, si diffonderà anche quest’anno. Eppure sarebbe un errore di lettura grave, frutto di una lettura superficiale dei dati.

Vediamo perché. Innanzitutto, i dati fanno riferimento all’intero territorio provinciale. Per quanto alcuni comuni capoluogo possano coprire una parte significativa – e spesso maggioritaria – del territorio e soprattutto della popolazione residente provinciale, le “performance” della provincia non sono attribuibili direttamente all’amministrazione comunale. Posto che, ormai da anni, non è più possibile sottoporre l’amministrazione di province e città metropolitane ad un giudizio politico diretto, essendo questi dei livelli amministrativi a elezione indiretta.

Secondo punto: la classifica definitiva stilata da ItaliaOggi viene stilata sulla base di un indice composto, ottenuto mediante una sintesi di una grande pluralità di voci; la posizione di una provincia può rimanere invariata negli anni mentre alcuni aspetti migliorano sensibilmente ed altri peggiorano altrettanto sensibilmente, senza che ciò emerga dalla classifica finale. Non solo: si tratta di un punteggio indicizzato; il valore di ciascuna provincia viene calcolato sulla base di come si posiziona rispetto alla provincia migliore (il cui punteggio è pari a 1000) e a quella peggiore (con punteggio uguale a 0). Tutto questo vuol dire che una provincia, se pure ottiene lo stesso punteggio e la stessa posizione per anni, può in realtà essere migliorata/peggiorata senza che la cosa emerga, perché ciò che conta è il suo posizionamento in relazione alle altre 109 province. Quindi: la classifica indica un posizionamento relativo, e le tendenze nel corso degli anni vanno lette e interpretate con cura, possibilmente guardando ai dati di dettaglio.

L’elenco delle fonti da cui attinge lo studio della Sapienza è molto vasto ed eterogeneo: tra queste ci sono sono istituzioni pubbliche (Istat – da cui proviene la grande maggioranza dei dati – ma anche Inail, Banca d’Italia, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero della Salute) e ci sono enti/associazioni di natura privata (Legambiente, Seat, Istituto Tagliacarne, Movimprese). L’anno di riferimento dei dati, soprattutto, non è lo stesso per tutti: vengono utilizzati i dati disponibili più recenti, e i punteggi della classifica 2018 sono in gran parte ottenuti con dati relativi al 2017; ma non sono pochi i casi in cui i dati fanno invece riferimento ad anni precedenti (2016, 2015 e persino 2014 e 2013). Le classifiche pubblicate da ItaliaOggi quindi non fotografano la situazione di un determinato momento omogeneo, ma mettono insieme dati molto recenti ed altri decisamente più lontani del tempo.

Inoltre, gli effetti delle politiche locali spesso cominciano ad avere effetti misurabili dopo alcuni anni. Ad esempio: un intervento volto ad aumentare la percentuale di raccolta differenziata intrapreso nel 2017 o al più tardi nel 2018, nella migliore delle ipotesi potrà avere effetti tangibili solo sulla classifica 2020, basata su dati “consuntivi” relativi al 2019. Tutto questo ci aiuta a comprendere perché non è saggio interpretare i dati sulla Qualità della vita 2018 per ricavarne valutazioni politiche, soprattutto se di breve periodo. Come sottolinea lo stesso Polli nell’articolo su ItaliaOggi, la classifica dovrebbe fornire indicazioni e spunti utili per individuare quei fattori su cui è necessario intervenire per migliorare (o per mantenere su alti livelli) la qualità della vita nei diversi territori del nostro Paese. Ai lettori che volessero farsi un’idea più accurata consigliamo quindi di non fermarsi alla posizione della classifica “assoluta”, ma di leggere e confrontare le varie classifiche relative ai 9 settori e di guardare dove possibile ai dati assoluti ricavati dalle fonti originali.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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