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Quale giustizia merita l’Italia?

Oggi l’Italia è inserita secondo la classifica “Doing Business 2013” della Banca Mondiale, al 160° posto, sui 185 paesi analizzati, per la durata di una normale controversia commerciale. Meglio di noi fanno nazioni come l’Iraq, il Togo e il Gabo, peggio nazioni come l’Afghanistan …"

 
 
Da anni si parla di riforma della Giustizia, in un’ottica di revisione costituzionale. Agli italiani, invece, piacerebbe parlare di un cambiamento della giustizia finalizzato a obiettivi pragmatici, come quelli di ridare efficienza e modernità ad un paese come il nostro, nel quale la durata dei processi civili di primo grado è di 493 giorni, mentre nei paesi aderenti al Consiglio d’Europa è di 287 giorni.

Oggi l’Italia è inserita secondo la classifica “Doing Business 2013” della Banca Mondiale, al 160° posto, sui 185 paesi analizzati, per la durata di una normale controversia commerciale. Meglio di noi fanno nazioni come l’Iraq, il Togo e il Gabo, peggio nazioni come l’Afghanistan …"

Cosa significa per questo paese una giustizia civile inefficiente? In primis sfiducia con una conseguente riduzione degli investimenti, soprattutto di quelli provenienti dall’estero; significa creare asimmetrie nei tassi d’interesse tra diverse regioni del paese; comporta rigidità nel mercato del lavoro; limita la concorrenza nei settori produttivi, nei servizi, e nelle professioni. Per fermarsi solo ai danni più rilevanti!

Secondo uno studio della Banca d’Italia, la lentezza del nostro sistema di giustizia equivale alla perdita di un 1% del Pil, altre stime calcolano che smaltire l’enorme mole di cause pendenti frutterebbe alla nostra economia il 4,9% del Pil.

Per attuare una riforma della giustizia che ridia a questo paese anche la dignità giuridica che merita e che rilanci l’economia e gli investimenti utili per la crescita basterebbero poche cose: disincentivare l’abuso processuale che rallenta le cause reali, adeguando ad esempio il tasso legale a quello di mercato; incentivare la sottoscrizione di polizze di tutela legale a copertura dei costi processuali, sul modello di diversi paesi europei; introdurre i sistemi di Alternative Dispute Resolution, come la negoziazione diretta con valore di titolo esecutivo in presenza degli avvocati, tavoli paritetici, mediazione e arbitrato; incentivare i tribunali che adottino più rapidamente il processo telematico; introdurre la pratica dei giovani nell’Ufficio del Giudice, ossia laureati selezionati secondo criteri qualitativi che affianchino il giudice, configurando la pratica (tra l’altro positivamente sperimentata a Milano) come normale procedura concorsuale per ottenere l’accesso alla magistratura e come tirocinio abilitante per l’avvocatura.

Basterebbe poco, per dare una sterzata al nostro sistema. Il governo sembra già volere candidarsi a voler far sue alcune di queste proposte, noi ci auguriamo che con la stessa forza dimostrata nel portare avanti le altre riforme, si avanzi velocemente sulla strada che porti questo paese ad avere la Giustizia che merita.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.178) 24 febbraio 2015 09:18

    Caro Angelo mi spiace non condividere il cauto ottimismo espresso nell’articolo .Quel "Basterebbe poco " mi conferma che chi non ha mai avuto la sventura di incappare nelle maglie della giustizia (nel mio caso civile) non ha assolutamente idea a quale livello di degenerazione è arrivato il sistema giudiziario italiano .E non è una questione di leggi , ma di uomini . Masse di incompetenti e di incapaci , nella migliore ipotesi infilati per nepotismo ,raccomandazione e via di seguito , che producono danni inenarrabili .Emettono sentenze perfino con errori di applicazione del codice civile oppure senza citare la violazione (come nel mio caso) .Condannato per abuso edilizio senza sapere perché o quale violazione di diritto sia stata commessa .Il giudice non lo dice . E se uno crede di potere denunciare il giudice (legge 117del 1988 et succ.) che sbaglia ,si fa una pia illusione . Per farlo va riconosciuto (da chi ? ) da un altro giudice la sussistenza del "dolo " ovvero la volontarietà .Capirai ! e poi la casta è assolutamente autoreferenziale .Cane non mangia cane .
    Altro luogo comune è quello di pensare che ci siano tre gradi di giudizio . Grossa balla ! .Il grado è uno solo ,quello di 2° grado o appello che dir si voglia . Se il giudice ribalta la sentenza di 1° grado (durata nel mio caso 20 anni !!) ,andare in Cassazione è altra pia illusione ,perché non sono ammesse nuove prove né in appello né in cassazione (anche determinanti o lampanti come aero foto) e perché i rischi di altre ulteriori gravose spese sono altissimi ,mentre le probabilità di ottenere giustizia pochissime .
    Lo scopo della "giustizia " italiana non è accertare la verità e quindi fare giustizia , ma premiare il più furbo o chi ha saputo affidarsi ad avvocati e consulenti "migliori" .Insomma una autentica lotteria.
    Basti solo dire in premessa ,e poi chiudo il mio lungo intervento per il quale mi scuso ,che mentre nei sistemi giudiziari di paesi più civili vige il principio di lealtà delle parti in causa nei confronti del giudicante , il nostro sistema ammette la facoltà di mentire .Insomma le parti o i loro assistenti legali o peritali possono mentire al giudice su fatti e circostanze senza essere perseguibili .Solo i Ctu (anche qui molto teoricamente),in quanto pubblici ufficiali posso esserlo . Ma anche qui bisogna dimostrare il "dolo "( caso limite più di scuola che altro) ,ovvero rivolgersi ad un giudice ecc.... Insomma emerita presa per i fondelli .
    un saluto

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