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Prove tecniche di ingovernabilità

 

Non c'è stato bisogno di attendere troppo per arrivare alla lacerazione della fragile alleanza di centro destra, raggiunta a fatica prima della tornata elettorale, al solo scopo di trarre tutti insieme il massimo dei benefici che il Rosatellum garantiva alle coalizioni. Non che in campagna elettorale si sia andato poi troppo d'amore e d'accordo: non c'era dichiarazione di Berlusconi che non venisse prontamente smentita o corretta da Salvini. il presidente di Forza Italia confidava nel risultato del voto per tenere a bada la coalizione, ma gli elettori hanno premiato Matteo (quello con la felpa) scompaginando, insieme al quadro delle forze politiche a destra, anche i piani del Cavaliere.

La cartina di tornasole, qualora ce ne fosse stato bisogno, è arrivata al primo giorno dei lavori parlamentari, con l'elezione del presidente del Senato. Le schermaglie dei giorni precedenti sono state superate da Salvini con un balzo politico che in pochi si aspettavano: invece di votare Romani, indicato da Forza Italia ma inviso ai 5 Stelle, la Lega ha scritto un nome sempre di Forza Italia, aprendo di fatto la porta o meglio, spalancando un portone, al Movimento. Sono seguite dichiarazioni di fuoco e commenti molto pepati, mentre alcuni "pompieri" delle varie parti tentavano di stemperare e ricomporre la coalizione. Nella notte il rapido susseguirsi di vertici, incontri, telefonate ha portato il centro destra ad un accordo sul nome di Elisabetta Alberti Casellati, ufficializzato da Forza Italia con un tweet questa mattina dal suo account ufficiale.

E' attualmente in corso la terza votazione e qualcosa succederà, anche perché dalla quarta in poi l'elezione si semplifica ed una nomina è garantita, come succederà anche alla Camera.

Restano da incollare i cocci di una coalizione la cui tenuta sembrava complicata già prima del 4 marzo e da ieri diventata ancora più difficile, ed anche le posizioni future dei vari leader non sono semplici. Un accordo in solitaria della Lega con i 5 Stelle porrebbe Salvini in netta minoranza, posizione certamente non gradita come un eventuale rientro nei ranghi, se non da vincitore e non semplice obbediente. Berlusconi attende con ansia l'esito della corte europea per la sua candidabilità, ma sa bene che una nuova elezione in tempi brevi potrebbe non essere vista bene dal proprio elettorato, insieme alla certezza che sarà impossibile una alleanza con i pentastellati sul suo nome. Giorgia Meloni, vaso di coccio fra vasi di ferro, sta ben ferma, attenta a non rompersi.

Nel PD perdura prevalentemente l'autoflagellazione, vestita in questi giorni dalle dichiarazioni più varie, sia interne che esterne al partito.

Insomma, se Atene piange, Sparta non ride.

 

 

 

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